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E’ già in movimento, Giacomo Agostini: è rimasto due mesi chiuso in casa nella sua Bergamo, in una delle zone più colpite dal Covid-19, e al primo giorno di apertura dei cantieri è già in sella alla moto per controllare lo stato dei lavori. Chi lo ferma più?
“Sono ancora preoccupato, molto, ma è il momento di ripartire. Anche se adesso dobbiamo tutti stare molto attenti – avverte il quindici volte iridato - altrimenti si torna indietro a tre mesi fa e si blocca tutto”.
Con Ago partiamo dalla strategia Yamaha sui piloti, che lui condivide. Con Vinales e Quartararò sotto contratto per il prossimo biennio e Valentino nei fatti accantonato. Nulla di irragionevole, per Mino.
“Chi decide queste cose sta in Giappone, magari non viene nemmeno alle corse, non decide col cuore. Le corse sono business, prima che divertimento. Rossi ha una certa età, si sono detti, e noi dobbiamo guardare al futuro. Trovo anche che si siano comportati bene: una moto ufficiale garantita per Valentino anche nel 2021 è il minimo, con la storia comune alle spalle!”.
Tra Viñales e Quartararò quale il suo preferito?
“Come testa, Quartararò forse è meglio: pur avendo poca esperienza il francese è stato capace di duellare alla pari con Márquez. Certo non l’ha battuto, ma stiamo parlando di Márquez e della Honda! Ha una gran classe, Quartararò, e non credo nemmeno che la Yamaha sia così facile per un debuttante. Lui mi pare un grande pilota, e i grandi sono capaci di vincere con tutto. Guarda Hailwood, che vinceva anche con la MZ: quando si arrivava al Sachsenring lui aveva il permesso di correre anche con la 250 tedesca dell’est, perché era una piccola Casa, era lì, e Honda accettava. Mike prendeva la MZ e vinceva”.
Per Valentino non sarà facile: deve decidere se continuare o meno. E il tempo passa senza salire in sella e verificare il suo stato di competitività…
“Non lo invidio - dice Ago - soprattutto se non si riusciranno a fare nemmeno quelle otto o nove gare in autunno. Forse deciderà più avanti, non escludo che Petronas attenderà, ma certo è tutto molto difficile, anche per Yamaha, che deve pianificare la moto ufficiale per lui e rifornirla con gli aggiornamenti. Sono piani che richiedono mesi. Spero comunque che Morbidelli resti dov’è, ha dimostrato di andar forte e la Yamaha non deve lasciarselo scappare. Potrebbe far gola a Ducati, o KTM, o anche Aprilia…”.
Agostini dice che ogni volta che parla di mercato e di piloti che potrebbero cambiare moto oppure no, gli torna in mente il suo passato, quando si trovò a decidere se restare in MV o passare alla Gilera che gli offriva il doppio. Il padre gli diceva "resta dove vinci", ma alla fine fu un'immagine a deciderlo: “Monza retrobox, la 500 Gilera quattro che arriva sopra un motocarro, le MV tutte in fila trasportate da un camion lungo nove metri…”. Immagine decisiva.
E Ducati? Su che piloti punterebbe Ago per il 2021 sulle rosse?
“Dovi è l’unico che sia stato capace di fare grandi risultati, dunque il più forte in quel ruolo. Poi c’è Miller, ma anche Petrucci, che potrebbe ritrovare la sua forma. Dopo il Mugello si è un po’ perso”.
Ezpeleta: si parla anche di Dorna e delle sue difficoltà.
“Lui segue la situazione e adatta la sua visione al cambiare delle cose. Come il governo italiano: oggi apre alle attività produttive, sorveglia la situazione e se necessario richiude. Soltanto così si può ragionevolmente fare: la salute viene prima di tutto, e quando ti chiudono in una cassa di legno – conclude lapidario - la storia è finita”.
Per chiudere, ho una domanda su Santiago Herrero, un pilota che mi ha affascinato e che sto studiando per un ricordo speciale sul sito: cinquant’anni fa moriva con lui al TT, una grande promessa spagnola. Come lo ricorda, Giacomo?
“Una persona squisita, umile, un amico e una gande manetta. Con quella Ossa monocilindrica faceva cose incredibili e naturalmente parteggiavo per lui, perché all’inizio della carriera avevo fatto lo stesso: con la Morini 250 contro le Honda "quattro" di Bryans ed Hailwood. Mi ricordo una gara alla Solitude, loro che mi passavano sul dritto e io che li ripassavo in staccata con una moto che andava piano ma era leggera, una bicicletta. Herrero aveva un gran sorriso, pareva felice, purtroppo il TT non perdona. Ma anche lui era affascinato dall’isola di Man, guidare lì era una emozione grandissima, era fantastico. Certo, quando ti fermavi e ti dicevano questo è caduto, quello è ferito, quell’altro purtroppo è morto, ti sentivi male. Ma quando guidavi non pensavi più a niente: il bosco, la città, la salita, il tratto di montagna, i curvoni veloci tra le piante… Ma lo sai che in fondo a una discesa, arrivavi sui 180 all’ora e c’era una curva da prima con un hotel piazzato proprio davanti? Lì se sbagliavi la frenata eri morto. Ma è il fascino delle corse su strada: quando lo provi è difficile farne a meno, e una vittoria al TT è qualcosa di unico nella carriera”.