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Alberto Vergani ha 61 anni, manda avanti con successo la sua agenzia Opinion Leader di Milano ed è nel board della holding che controlla Shark, Nolan e altre attività del fondo internazionale EuroZero dopo essere stato presidente di Nolan per venticinque anni. Ma Vergani è anche e soprattutto l’agente, il manager di Danilo Petrucci.
Cominciamo da Petrux, a che punto è il suo programma per il futuro?
“Danilo ha fatto più fatica di quanto pensava: la moto è piccola per lui e non tutto è girato per il verso giusto. Ora siamo fermi con le quattro frecce: l’opzione che lo legava a KTM è stata lasciata cadere a fine giugno e in Austria probabilmente KTM parlerà dei programmi 2022. Ma, a meno di miracoli, io vedo Fernandez in MotoGP, altrimenti se lo prende Yamaha che ha due moto libere in Petronas. Aprilia non è interessata a Danilo: sta lavorando sull’intesa con Vinales. Anche se penso che Ducati, che pochi anni fa era a un passo da firmare con Vinales… Vuoi che Gigi non ci abbia pensato? Faranno come stanno facendo con Zarco: prima in un team satellite e poi ufficiale. Maverick è uno forte, anche se mi sorprende che abbia rinunciato a un ingaggio così rotondo. Insomma, l’ipotesi più probabile per me è Maverick Vinales nel team di Valentino”.
Tornando a Petrux, potrebbe fare magari il collaudatore in KTM con la voglia di Dakar?
“La voglia della Dakar l’ha buttata lì Danilo per passione personale, forse un po’ presto perché non è ancora a fine carriera. Collaudatore? L’ho appreso dai giornali. In ogni modo per rispetto e per dovere aspettiamo la loro decisione. Lo scacchiere è fermo, sto parlando in SBK con due factory, ma non c’è niente di concreto: loro sono solo a metà stagione ed è presto per giubilare qualcuno dei piloti attuali”.
Danilo ha pur vinto due Gran Premi in MotoGP…
“Davvero. Se ci pensi, Pol Espargaro ha vinto un solo GP in carriera, Aleix non ha nemmeno una vittoria. E in MotoGP Zarco non ha ancora vinto, come del resto Bagnaia. Intendiamoci, sono tutti fenomeni, ma la vittoria evidentemente è difficile da costruire, non è cosa da tutti”.
Passiamo all’altro fenomeno, Pedro Acosta: c’è qualcosa di vero? Si vocifera di Vergani manager di Acosta…
“Manager di Acosta, chi ha detto sta minchiata...? Pedro è con Vanera, io ho proposto il casco, che è una cosa ben diversa – ride Alberto Vergani - e nemmeno andrà in porto perché Pedro ha un accordo di due anni con un marchio spagnolo e non sarà libero neanche per il 2022. Ma sono certo che in KTM, con Acosta e Fernandez, sono ben messi: entrambi hanno la faccia del campione, cattivi al punto giusto. E Acosta è bestiale”.
Vergani non è a caccia di piloti, per lui gestirli è un divertimento più che un lavoro.
“E’ stato Danilo a venirmi a cercare: l’ho visto e mi sono sentito in dovere di aiutarlo, gli ho trovato tuta e casco e poi a in certo punto mi ha chiesto di diventare il suo manager. Mi sono divertito. Anche se devo dire che tra Checa, Melandri e Petrucci non ho trovato strade facili; ma tutti mi hanno dato soddisfazioni e la vittoria del Mugello di Danilo è nella storia. Mi piace il fatto che Danilo arrivava dal nulla, aveva bisogno, e mi ha dato gusto aiutarlo per arrivare a un certo livello. Abbiamo avuto anche fortuna, ho trovato gli spazi per infilarmi al momento giusto. Come con Ducati… se pensi all’affare Lorenzo… Noi lì ci siamo infilati perché Domenicali ha litigato con Jorge… anzi Lorenzo ha litigato con Domenicali, per le famose dichiarazioni, e dal venerdì al sabato è cambiato tutto. Lì devi essere pronto”.
Il primo pilota è stato Ivan Capelli…
“Capelli: prima gli diedi il casco e poi lo portai in Ferrari, interlocutore era Arrivabene. Poi nel ‘98 Carlos, nel 2005 Marco, nel 2015 Petrucci. Mi basta così, questa non è l’attività che mi dà da vivere: sono un uomo da circuito e il coinvolgimento con un pilota ti offre la migliore ragione per andare alle gare. Anche se i problemi non sono mai mancati. Su Melandri ti basti questa battuta del commercialista che lo seguiva: 'Con Marco è una rottura di coglioni anche quando vince!' Perché qualcosa andava sempre storto… Però ho trattato con tutte le case, ho buoni rapporti con tutti anche per carattere, è una soddisfazione. Se ci sarà qualche nuovo talentino da seguire, bene, ma non vado a cercarli nel CEV…”.
Il mercato piloti. Dovi combinerà con Aprilia?
“Farà forse il collaudatore, un modo per stare in moto. Lui voleva tornare, ma il mercato piloti è cambiato rapidamente, ci sono tanti giovani fortissimi, magari non tutti fenomeni. Forse Andrea è stato spiazzato da questa nuova realtà: nel 2022 per lui sarà difficile trovare una moto e un ingaggio adeguato. Poi c’è l’età e stare fermo un anno non aiuta…”.
E Valentino?
“Lui è un monumento, per me, ha fatto cose straordinarie, ma in questa fase forse è giusto che dica: cambio mestiere. Così indietro per uno come lui… capisco la passione, ma per me sarebbe una penitenza, una star deve chiudere da star. Ago si fermò quando le cose non gli venivano facili come prima? Ecco, fossi stato Vale, dopo l’incidente in Austria con quel rischio pazzesco avrei detto basta: nella testa di un campione come Agostini quello sarebbe stato il segnale da cogliere, una specie di segno divino. E poi Valentino ha da pensare ad altro, avrà una squadra in MotoGP, è un cambio di mestiere che ci sta, non è una cosa brutta. In più farà le gare con le macchine, e fa bene a farle; però nelle moto deve lasciare il ricordo del supercampione”.
Che pensi di Marc Marquez?
“Ne parlavo con Emilio Alzamora, eravamo a Barcellona. Emilio ha detto: lui ha il corpo che ancora non segue la mente. E’ stato fermo un anno, in più con un braccio quasi inattivo, ha perso fisicità; adesso sta recuperando e la testa è sempre quella, si è già visto. Appena rimette a posto il fisico torna a macinare vittorie. Del resto Doohan è diventato imbattibile dopo l’incidente, e questo incidente potrebbe ancora migliorare Marc, che potrebbe perdere quella follia, quella ricerca del rischio eccessivo”.
E Ducati? Ora è forte su tutte le piste e il titolo manca dal 2007 di Stoner, sono quattordici anni…
“E dieci anni da Checa e dall’ultimo successo in SBK… Stoner e Checa: due miei piloti, anche se Stoner era solo adottivo, per via del casco. Gigi Dall’Igna è l’Adrian Newey della moto, quello che si inventa di tutto e di più. Quest’anno poteva essere un po’ interlocutorio con i due nuovi piloti, ma in realtà sta andando molto bene e c’è una bella fila di giovani per il campione del futuro… L’errore è stato quello di aver scelto Lorenzo al posto di Marquez quando lo si poteva prendere nel 2016: me lo diceva Suppo, Marc non era contento, con la Honda non aveva ancora firmato e il pericolo che andasse via c’era… Marquez è come Stoner, se la moto non è al 100 per 100 lui la fa andare al 100. Lorenzo è diverso. Poi in Ducati hanno avuto anche un po’ di sfiga, Marquez è stato superiore e anche fortunato, Dovi meno. Ma Ducati sta lavorando molto bene”.
Stoner lo senti?
“Lui un personaggio speciale. Una volta volevamo farlo girare con il marchio X-Lite anziché Nolan. Per lui non cambiava niente, ma non ne volle sapere. Non se ne parla, disse. Per i contratti Stoner era particolare, i rinnovi erano fatti così: scrivi sul foglio quello che vuoi e a me va bene, diceva. E con uno così non puoi barare. Lui non ha mai fatto una cifra: forse anche perché, lo ha scritto nel suo libro, quando passò dalla 250 alla MotoGP con Cecchinello, io presi il biennale e lo stracciai, ripartendo da zero e raddoppiando la somma. Da lì, qualsiasi cosa venisse da me, per lui era perfetto”.
Stoner è nel cuore di Alberto Vergani e si sente.
“Il padre di Casey mi pregò di tentare di convincere il figlio: da campione del mondo 2011 aveva deciso di chiudere lì la sua carriera e lasciava sul tavolo 30 milioni di euro per due anni con la Honda. Anche Suppo mi chiedeva di convincerlo, lui era il campione, ne avevano bisogno... Ci provai e Casey mi rispose semplicemente: frega un cazzo dei soldi, io ho deciso. Se pensi quanto è attaccato ai soldi Lorenzo… Stoner è unico, bello, fuori dagli schemi. E come andava forte…Eravamo ad Assen nel 2008 e Marco Melandri guardava la telemetria, la sua e quella di Casey. Mi disse: non capisco, non ha una logica in quello che fa, fa una curva in prima e poi il giro dopo la fa in seconda… e Marco era stato tre anni prima vicecampione del mondo. Eppure semplicemente non capiva proprio!”.