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La nuova livrea è bella e, come sempre, molto curata: il team LCR di Lucio Cecchinello non trascura nessun dettaglio. Anche per questo, Alex Marquez sa di poter fare bene: non è più nella squadra HRC ufficiale, ma è comunque in un ottimo team, che da 25 anni è protagonista nel motomondiale e dal 2006 in MotoGP. “Abbiamo tutti gli ingredienti per vincere: pilota, moto, tecnici” dice con orgoglio Cecchinello. E ha ragione. Lo sa anche Alex.
“Mi sento pronto per la stagione: ero più nervoso l’anno scorso, quando non ero sicuro su cosa avrei potuto fare. Adesso sono più convinto, so dove dover migliorare e ho lavorato per questo: sicuramente devo essere più efficace in qualifica, non si può partire così indietro in MotoGP. Durante il 2020, c’è stata una normale evoluzione di crescita di un debuttante in MotoGP e della moto, che però non è stata rivoluzionata. L’obiettivo è ripetere i risultati della seconda parte dell’anno scorso, trovando più costanza. Marc? Sta decisamente meglio, è più tranquillo”.
Finita la presentazione ufficiale, Alex Marquez ha concesso un’intervista esclusiva a moto.it: viene fuori un ragazzo molto sereno, ma anche determinato, conscio delle difficoltà di chiamarsi Marquez, ma anche senza paura di un confronto quasi improponibile.
Alex, ci racconti come è nata la passione per la moto nella famiglia Marquez?
“Mio papà e mia mamma andavano qui vicino a casa con il Moto Club Segre (se non ho capito male, NDA), collaboravano con loro nei circuiti di PuigCereda e Lleida: mio papà controllava i biglietti all’entrata principale, mia mamma faceva gli scontrini al bar. Io e Marc eravamo piccoli, siamo cresciuti in quell’ambiente, frequentavamo il circuito. Così è nata questa passione. Prima di sposarsi, mio papà aveva una 1000 stradale, la passione c’era in famiglia. Ma se sono diventato pilota, il merito è di Marc, lui è stato il primo a chiedere una moto a mamma e papà: se lui non l’avesse chiesta, forse io non l’avrei mai avuta. Non lo so…”
Ma tu e Marc siete sempre andati d’accordo?
“Quando sei bambino non vai d’accordo con nessuno! Ne ho fatte di “battaglie” con mio fratello… Adesso siamo più grandi, adesso la relazione è più da adulti. Ma quando sei piccolo è normale che litighi”.
Tra voi c’è sempre stata grande competizione e rivalità?
“Sì, certo: con tuo fratello non vuoi mai perdere nessuna sfida, che sia in bicicletta o anche solo arrivare primo a mangiare. Ma non è qualcosa di speciale, semplicemente lo fanno i fratelli di tutto il mondo”.
L’immagine di tuo papà dentro al box di Le Mans, quando fa segno di andare piano, di accontentarsi del secondo posto, per me è meravigliosa; come vive le gare?
“Lui è uno molto intenso in tutto quello che fa: lo è per noi (lui e Marc, NDA), come nella vita di tutti giorni. Ha sangue 'caliente', sangue caldo, latino al 100%. E’ sempre molto nervoso (ai GP, NDA), vive con grande passione; perfino esagerato, tanto che io e Marc gli abbiamo detto di controllarsi un po’, di stare fermo. Ma lui ci dice che è peggio stare fermi… A fine gara è distrutto”.
Che rapporto hai con lui?
“Molto buono. Quando ci andiamo ad allenare in moto lui viene sempre con noi, gli piace tenere tutto sotto controllo sulla moto, non vuole nessuno che lo aiuti”.
E tua mamma, come le vive le corse?
“Sicuramente è più tranquilla, anche se pure lui è molto nervosa. Ragiona di più. Non le piacciono le telecamere e preferisce stare a casa, con una bottiglia d’acqua e vedere il GP sul divano”.
Cosa hai fatto bene nel 2020?
“La mia crescita è stata positiva. Sarebbe facile dire i due podi, ma io credo sia stata più importante la mia evoluzione, senza mollare mai, imparando sempre qualcosa, al di là dei risultati. Sono sempre stato molto realista su cosa stava o no funzionando”.
E cosa hai fatto male?
“Non essere riuscito a vincere il campionato del “Rookie”, del miglior debuttante, a causa delle cadute di Aragon e di Valencia: questo mi è rimasto un po’ qui”.
Nella tua carriera sei sempre cresciuto un anno con l’altro; ti aspetti un bel salto in avanti per il 2021?
“Sinceramente, non mi aspettavo la crescita nella seconda parte del campionato, non mi aspettavo di conquistare il podio. Magari quello di Le Mans sì, per la pioggia, ma ad Aragon sull’asciutto no. Per il 2021 mi aspetto un’evoluzione costante, di imparare sempre qualcosa gara dopo gara, migliorare continuamente. Bisogna provare a stare sempre nei primi sette: quando riesci a stare insieme con i migliori piloti, puoi imparare tanto, come mi è successo ad Aragon. Spero di iniziare bene l’anno in Qatar e poi crescere costantemente”.
Quando sei arrivato in MotoGP, molti dicevano che non te lo meritavi, che eri lì solo per il cognome; credi di aver convinto tutti sulle tue capacità?
“Speriamo. Tanti mi dicono: 'hai zittito tante bocche', ma non è questo il mio obiettivo. Chi pensa male di me continuerà a farlo sia con un buon risultato sia con uno negativo. Io corro per me, per la mia squadra, per chi mi sta vicino, con l’obiettivo di crescere. Alla fine è normale, quando sei fratello di Marc tutti parlano di più di te, qualcuno bene altri male. E’ la vita”.
Nel 2014 hai battuto Miller in Moto3; adesso Jack viene indicato come uno dei protagonisti del 2021. Ti fa un po’ invida o è uno stimolo?
“E’ una grande carica, così come lo è il successo di Mir del 2020: niente è impossibile, con il lavoro si può vincere. E’ normale che Miller, dopo sei anni in MotoGP, sia uno dei favoriti: è pronto per lottare per il titolo. E a me dà una motivazione vedere dov’è lui e dove posso arrivare io”.
Tutti i piloti dicono che la MotoGP sia una moto che non c’entra nulla con tutte le altre; riesci a spiegare perché?
“E’ tutto diverso: come lavori dentro al box, come la guidi la prima volta. Le sensazioni sono incredibili, non si possono spiegare con le parole: è un altro mondo, un altro livello. E’ un prototipo di una moto, questo spiega tutto”.
Cosa ti aspetti da Lucio Cecchinello e dal team LCR?
“Mi aspettavo grande professionalità e ne ho avuto la conferma in questi due, tre mesi di contatti continui con la squadra. Lucio mi chiama, mi manda i messaggi: è una persona “diretta” ed è molto importante che sia così. Il pilota è sempre al centro dell’attenzione”.