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14 vittorie, di cui due in MotoGP, 17 pole position (nessuna in MotoGP), 48 podi di cui otto in classe regina: un palmarès che farebbe gola a diversi piloti sul viale del tramonto. E invece stiamo parlando di Alex Rins Navarro: 24 anni ancora da compiere, da tre anni in classe regina, arrivato al Mondiale già dopo l'ultimo iride di Valentino Rossi e appena prima che iniziasse l'era di Marc Marquez in MotoGP. L'uomo del momento, il pilota che ha riportato ai vertici la Suzuki, quest'anno li ha battuti entrambi. Inevitabile che non bastino pochi numeri a raccontarlo.
Catalano, nato a Barcellona l'8 dicembre 1995, Alex inizia come tutti i piloti della sua generazione a correre giovanissimo. A 8 anni è in sella a una minicross nel regionale catalano (come un certo Marc Marquez), a 10 scopre l'asfalto e passa al motard. Nel 2008 arriva alla velocità, con la 125, sempre nei campionati regionali e due anni dopo debutta nel CEV. Vince la prima gara e finisce terzo, l'anno dopo vince il titolo e passa al Mondiale sulla Suter Moto3 del team Estrella Galicia a fianco di Miguel Oliveira.
Un podio, una pole e il terzo posto finale sono il bilancio del primo anno. Nel 2012 il team passa alla KTM, vince sei gare e sale sul podio altre otto volte. Non gli bastano per vincere il titolo: a Motegi Alex, leader del Mondiale, cade e regala il titolo a Vinales. Il 2014, con la Honda, va un po' peggio e Alex chiude al terzo posto finale.
La Moto2 lo vede subito competitivo: sale sulla Kalex del team Pons, vince due gare (Indianapolis e Phillip Island), fa otto podi e tre pole chiudendo il campionato nella piazza d'onore. L'anno successivo replica le due vittorie ma è un po' meno costante, e il piazzamento finale è terzo. Ma già dai primi di giugno (quando era in testa al Mondiale) Alex ha firmato per salire in MotoGP sulla Suzuki GSX-RR al posto di Aleix Espargaro, e la testa è già rivolta alla classe regina...
A Valencia, quell'anno, Rins prova per la prima volta la Suzuki GSX-RR, cade e rimedia lo schiacciamento di due vertebre. La stagione inizia malissimo, perché deve fermarsi e a Sepang ricomincia tutto da capo. Però non se la cava male, e in Qatar fa una bella gara arrivando nono. In Argentina però fa un gran volo nelle FP3, salta cinque gare e rientra in Germania. Però stringe i denti - si porta dietro i postumi dell'incidente fino a fine anno - a Brno torna in zona punti e fa sempre meglio - innervosendo spesso il compagno di squadra Andrea Iannone - e chiudendo la stagione con un bel quarto posto a Valencia.
Nel 2018 arriva la consacrazione: fa secondo ad Assen, Sepang e Valencia, sale sul podio a Termas de Rio Hondo e a Motegi, e a fine anno finisce quinto, asfaltando letteralmente il compagno di squadra. E il resto è storia recente: sempre fra i primi, vince in Texas approfittando della caduta di Marquez e battendo Valentino Rossi, è di nuovo sul podio a Jerez, lo sfiora altre tre volte e a Silverstone batte all'ultimo giro Marc Marquez - non fosse per i GP di Olanda e Germania, Alex sarebbe secondo nel Mondiale.
Riservato ma sempre educatissimo, è difficile vedere Rins senza il sorriso stampato sulle labbra. Certo, deve ancora passare l'esame della pressione, ma Alex, fino ad oggi, sembra l'antidivo per eccellenza. Anticonformista nelle sue scelte (preferisce la supermoto al flat track e al fuoristrada per l'allenamento, cura la preparazione ma ama le patatine fritte) è... normale anche nello stile di guida, con una posizione del corpo inconfondibile che ricorda, paradossalmente, certi campioni del passato.
In un periodo storico in cui tutti i piloti sono schiacciatissimi sul serbatoio, tutti sull'anteriore, con la testa che spunta dall'altezza cupolino si e no in staccata, lui è lì, con la schiena dritta e il corpo un po' avvitato. Non certo bello da vedere secondo i canoni attuali e con uno stile a metà fra Kevin Schwantz e Mick Doohan, che anche ai loro tempi erano sicuramente efficaci ma facevano rabbrividire gli esteti che ammiravano Cadalora, Lawson, Rainey e poi Biaggi.
Termini di paragone sicuramente ingombranti per Rins, che si trova alla ribalta dopo solo due vittorie. Ma due vittorie che hanno convinto tanto per il risultato quanto per il modo in cui sono state ottenute: con velocità, determinazione ma anche freddezza e lucidità.
Se tanto ci dà tanto, Suzuki potrebbe aver trovato una nuova bandiera...