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Da tre anni è il principale rivale di Marc Marquez, eppure Andrea Dovizioso continua a essere poco considerato. E sul pilota della Ducati si sprecano i luoghi comuni: vince solo perché la sua moto è superiore; vince solo le gare di “strategia”; senza Lorenzo la Ducati non avrebbe fatto nulla. E così via. Abbiamo chiesto a Dovizioso di sfatare (o confermare…) 10 luoghi uomini che riguardano lui e, più in generale, il motomondiale. Come sempre, Andrea non ha paura a mettersi in discussione e affronta anche i temi più delicati.
Un pilota che non ha vinto per tanto tempo, non può iniziare a vincere.
“Posso essere d’accordo che se uno non è abituato a vincere, fa fatica a diventare un vincente. Ma fatica non vuol dire impossibile. Io credo che per giudicare un pilota sia corretto giudicare tutta la sua storia: con me si fa l’errore di guardare solo la MotoGP. Per me la MotoGP, dal 2008, è stata buona, sono sempre stato nei primi 5-6, ma non vincente e puoi essere visto come uno che non può vincere. Ma prima della MotoGP io o ho vinto o me la sono giocata: questo fa la mentalità vincente. Ci può essere una verità in questa frase, ma non è totalmente giusta ed è inappropriata per me”.
La conseguenza di questo luogo comune, è, inevitabilmente, in altro luogo comune: se ha cominciato a vincere di colpo nel 2017 significa che quella Ducati era una moto pazzesca.
“Si fa spesso l’errore, lo facevo anch’io da giovane, di giudicare una moto in base ai risultati di quel pilota nel passato. E’ un’abitudine che ha un fondo di verità: le statistiche dicono certe cose. E’ un errore che posso giustificare: se non vivi internamente i piloti, se non conosci gli atleti nella loro carriera, non puoi sapere cosa uno fa, se è veramente migliorato lui o se c’è un altro aspetto che l’ha fatto vincere. L’errore che alcuni fanno è: se lui non ha vinto fino a oggi e adesso vince, significa che la moto è superiore. Sicuramente la Ducati è migliorata: abbiamo lavorato duro per anni e l’abbiamo portata a un certo livello, non è certo un demerito. Ma in Ducati sono passati piloti forti e campioni mentre io ero in Ducati: se fosse stata così superiore come alcuni pensano, o consideri tutti gli altri piloti scarsi. Perché quando tu parli male di me per i risultati fatti, stai parlando ancora peggio di tutti gli altri piloti Ducati. Bisogna stare attenti a giudicare me: di conseguenza giudichi tutti gli altri molto peggio”.
Se non fosse arrivato Lorenzo, non avresti fatto quel passo in avanti.
“Credo che tutto fa: siamo umani. Tutto è importante, i risultati non arrivano a comando. E’ l’aspetto bello dell’essere umano. Tutto fa. E’ normalissimo che possa essere stato spronato a lavorare ancora più duramente per dimostrare ancora di più il mio valore. Ma è quello che fanno tutti. A volte succedono delle cose che ti spronavano di più o di meno, ma collegare i miei risultati all’arrivo di Lorenzo mi sembra una stupidata, perché Jorge non è mai stato competitivo nel 2017, non lo è stato proprio. In quell’anno sono stato da solo in lotta con la Ducati. Quindi tutto fa, serve, ma è sbagliato collegare la mia crescita a questo”.
Lorenzo ha fatto molto bene al mondo Ducati.
“D’accordo in parte. Quando arriva un campione come Lorenzo, che ha vinto tanto con altre moto, le sue valutazioni sono molto importanti: confermando certe caratteristiche della moto, è servito a dare più credibilità a noi piloti che eravamo già in Ducati. Logicamente, se arriva un altro pilota e tira fuori gli stessi limiti questo è sicuramente positivo. Ha fatto bene avere anche un pilota così forte in squadra, perché quando è riuscito ad adattarsi meglio con la Ducati, hai dei dati da studiare, spunti importanti”.
Se la Ducati è diventata competitiva, è merito di Lorenzo.
“In molti hanno dato un contributo allo sviluppo della Ducati: io ci sono dentro dal 2013 e mi permetto di dire che ho contribuito abbastanza, ma avere ric0ntri dia altri piloti, magari piloti che sono stati presi con un investimento importante e quindi vengono ascoltati con maggiore attenzione, è servito per quello. Che pioi Jorge abbia dato feedback nuovi per migliorare certi aspetti, mi sembra sinceramente un po’ esagerato”.
Dovi vince solo quando si fa strategia.
“Diciamo che nella strategia sono particolarmente forte, in certe situazioni mi posso esprimere alla grande. Ma se sono solo uno stratega e così lento, allora gli altri piloti sono veramente scarsi se prendono paga da me…”.
Dovi in qualifica non rende come dovrebbe e potrebbe.
“Probabile. E’ un aspetto che devo migliorare. Ognuno fa i tempi a proprio modo, proprie caratteristiche: puoi fare lo stesso crono, in modo differente. Per me è un po’ più difficile: è facile puntare il dito su una cosa che uno non fa bene come gli altri. Ma è meglio un pilota che fa bene in qualifica e male in gara, o viceversa? Comunque sicuramente si può migliorare”.
La Ducati non sa gestire i piloti.
“Veramente si dice così? Mmmm…”
Marquez vincerebbe con qualsiasi moto.
“Marc ha alzato l’asticella in MotoGP, è forte in tantissimi aspetti: è palese, è la realtà. Che si possa adattare a tutte le moto, sì, che possa vincere con tutte le moto non lo puoi sapere, nonostante tutto quello che ha vinto, perché l’adattamento a una moto molto diversa richiede tempo e in quel tempo possono succedere tante cose. Mi piacerebbe molto vederlo con un’altra moto, perché con la Honda ha vinto tutto. Ma se ha firmato per quattro anni con la HRC, significa che la RC213V non è poi così male…”.
Non si può vincere con un team satellite.
“Sbagliatissimo. Che il team satellite venga gestito in modo differente da quello ufficiale, è vero. Ma dipende dalla squadra: come viene gestito il team satellite, lo decide la Casa. Se vuoi essere supportato e avere tutto, si può avere. Non c’è nessun motivo particolare perché uno non possa vincere con un team satellite. Se la gestione, come fa Ducati e si sono adeguati anche gli altri, come hanno fatto in passato altre case: se hai la moto ufficiale, i pezzi giusti, gli aggiornamenti e se sei un pilota ufficiale che ha importanza nello sviluppo, puoi vincere. L’effetto ottico di vedere un pilota con i colori non ufficiali, distorce la realtà. E’ vero che i numeri dicono che i team satellite non vincono, ma solo perché i piloti più forti sono nei team ufficiali. E’ chiaro che in un team ufficiale ci sono tante persone e tecnici alle spalle, ma per come sono strutturati i team oggi, anche i satelliti hanno i tecnici interni, fanno insieme le riunioni. Si può vincere: dipende da come è impostato”.