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A Motegi, Carmelo Ezpeleta era sembrato sicuro si sé.
«Il mio obiettivo per il 2014 è imporre la centralina unica e la limitazione del numero di giri (15.500, NDA): abbiamo ottime possibilità di riuscirci. Entro Valencia i regolamenti saranno definiti».
Non si fa in tempo a gioire di questa importante novità, che la dichiarazione del responsabile della Dorna viene subito smentita da Shuhei Nakamoto, numero due esecutivo della HRC.
«La Dorna sa benissimo che prima deve discutere il regolamento tecnico con la MSMA (l’Associazione delle Case Costruttrici che partecipa alla MotoGP, NDA): c’è un contratto che dice che fino al 2016 la Dorna non può fare niente senza il nostro consenso. Nel 2014 non ci sarà nessuna centralina unica».
Siamo alle solite: Ezpeleta fa la voce grossa, sembra avere in mano le Case, poi, come Fantozzi quando va a parlare con il direttore, chiede scusa e torna mesto sui suoi passi. Una situazione insostenibile, che sta portando la MotoGP nel baratro: se non si fa qualcosa alla svelta, la classe più importante del motociclismo potrebbe affondare definitivamente.
Da un paio di anni, Ezpeleta, dopo aver colpevolmente dato troppo peso alle Case, sta cercando in tutti i modi di svincolarsi dai costruttori: la CRT è nata proprio per questo, per avere in mano un’alternativa da usare come “ricatto” nei confronti di Honda, Yamaha e Ducati. Adesso che sotto la Dorna c’è anche la SBK, è chiaro che il potere di Ezpeleta è aumentato considerevolmente, ma la strada per trovare una soluzione è ancora tutta in salita.
Quello che è evidente – dovrebbe esserlo anche per le Case – è che le MotoGP attuali sono tecnicamente troppo sofisticate, difficilissime e costosissime da progettare. Filippo Preziosi, direttore tecnico di Ducati, ha ragione quando sottolinea come Honda e Yamaha siano a un livello così alto che hanno fatto
Far andare forte una MotoGP con soli 21 litri di benzina, sei motori all’anno (cinque dall’anno prossimo), con i test ridotti al minimo e con tutte le altre limitazioni regolamentari è qualcosa di difficilissimo e diventa quasi impossibile per chiunque battere Honda e Yamaha
scappare a gambe levate Suzuki e Kawasaki, con la sola Ducati che prova, con scarsissimi risultati, a tenere testa ai due colossi giapponesi. Far andare forte una MotoGP con soli 21 litri di benzina, sei motori all’anno (cinque dall’anno prossimo), con i test ridotti al minimo e con tutte le altre limitazioni regolamentari è qualcosa di difficilissimo e diventa quasi impossibile per chiunque battere Honda e Yamaha. Ecco perché l’Aprilia, che domina in SBK, non ha nessun interesse per la MotoGP, così come la BMW, che pure avrebbe risorse economiche sufficienti per affrontare il massimo campionato del motociclismo: in Germania sanno benissimo che i soldi non sono garanzia di successo. Bisogna attirare le Case, non farle scappare, ma qui, invece, si continua a litigare da anni senza arrivare a una soluzione convincente. Per dare retta ai costruttori si è passati in pochi anni dalle 1000 alle 800 (formula sbagliata ed estremamente costosa) quindi di nuovo alle 1000, con l’unico risultato di perdere partecipanti invece di aumentarli.