MotoGP. Cinque vincitori in sei gare. Dopo 20 anni

MotoGP. Cinque vincitori in sei gare. Dopo 20 anni
Era accaduto soltanto nella stagione 2000, e questa volta, nelle prime sei gare, troviamo sul primo gradino del podio anche quattro piloti che mai avevano vinto prima in MotoGP. Un avvio clamoroso, il leader con un punteggio basso, la corsa al titolo più aperta che mai
15 settembre 2020

Se n’è parlato tanto, dopo Misano-1: i cinque vincitori diversi nelle prime sei gare in calendario - Quartararò, Binder, Dovizioso, Oliveira e Morbidelli - rappresentano un fenomeno inusuale nella top class. E dei cinque, quattro sono addirittura alla loro prima vittoria in MotoGP.

Soltanto nella prima edizione del campionato mondiale del ’49, quando tutti i piloti in pista non potevano avere già vinto una gara iridata, vinsero tanti debuttanti del primo gradino sul podio. E sull’altro dato - cinque vincitori in sei GP - c’è un solo precedente: la stagione 2000.

Quello era il penultimo anno della 500 a due tempi, dal 2002 sarebbe arrivata la MotoGP, e i cinque vincitori nei primi sei GP furono Garry McCoy (Yamaha) a Welkom, Kenny Roberts jr (Suzuki) a Sepang, Abe (Yamaha) nella sua Suzuka, ancora Roberts a Jerez, quindi Crivillé (Honda) a Le Mans e infine Capirossi (con la Honda) al Mugello. Fu una stagione molto combattuta, in seguito trionfarono anche Barros ad Assen e al Sachsenring, Rossi a Donington (la sua prima vittoria in 500) e poi ancora a Rio, Biaggi a Brno e nell’ultima di Phillip Island.

Quasi tutti i GP videro gli arrivi in volata. Basta ricordare il GP d’Australia con il terzetto italiano, Max, Capirex e Valentino, racchiusi in 288 millesimi; e il quarto, Barros, a 426. Il maggior distacco fu quello inflitto da Max Biaggi al secondo classificato sulla “sua” pista di Brno, Repubblica Ceca: 6 secondi e 641 pagati da Valentino Rossi.

Nel 1949, tornando all’apertura, erano tutti debuttanti nel mondiale, ma in gran parte piloti esperti e già vincenti nelle gare europee. Vi diranno poco i nomi di Daniell (Norton) che vinse la prima prova del TT, sette giri del Mountain all’isola di Man per 435 km e rotti, o dell’altro britannico Doran, che si aggiudicò la quarta gara a Spa.
Ma Nello Pagani lo avrete sentito nominare: quell’anno Pagani vinse due gare della 500, Assen e Monza, ma perse il titolo a favore di Leslie Graham sulla bicilindrica AJS. Due furono i successi anche per l’inglese, che conquistò il campionato per un discusso cavillo regolamentare.

Il milanese Pagani (padre di Alberto, che avrebbe corso e vinto su MV e Linto) si consolò quell’anno con l’iride, si diceva così, della 125: allora si correva abitualmente in due classi, Nello era un pilota versatile (io lo ricordo addirittura, molto più avanti, su Laverda SF 750 nella 500 km di Monza del 1970!) e in sella alla Mondial 125 vinse due GP sui tre nel calendario di quel primo anno mondiale.

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Avvii clamorosi con Márquez, Biaggi, Saarinen

Venendo a tempi più recenti, se soltanto nel 2000 è accaduto di registrare cinque vincitori diversi nelle prime sei gare, quattro piloti differenti sullo stesso numero di GP ne abbiamo visti parecchi. E’ accaduto nel 2006 (Capirossi, Rossi, Melandri e Pedrosa), nel 2008 (Stoner, Pedrosa, Lorenzo e Rossi), nel 2018 (Dovizioso, Crutchlow, Márquez e Lorenzo) e infine l’anno scorso, 2019 con Dovi, Márquez, Rins e infine Petrucci con la sua unica vittoria nel GP d’Italia al Mugello.

Per ragioni diverse ci sono stati avvii di stagione altrettanto clamorosi, nella nostra storia, e qui va ricordato il 1998 con la vittoria del debuttante Max Biaggi (Honda Kanemoto) nella prima gara di Suzuka. Il romano, quattro titoli mondiali conquistati dal ’94 al ’97 con l’Aprilia e (l’ultimo) con la Honda, esordiva in 500 nel GP del Giappone del 5 aprile e realizzò una grande impresa scattando dalla pole position, staccando nettamente Okada e Haga, stabilendo anche il giro più veloce sui 5.864 metri della difficile pista nipponica. Mick Doohan, che quel giorno partì male e si ritirò, avrebbe poi vinto il titolo grazie anche al discusso episodio di Barcellona: il romano fu penalizzato per non aver visto una bandiera gialla che quasi certamente per lui, in scia a Barros, era impossibile da vedere.

Prima di Max, soltanto il grandissimo Jarno Saarinen aveva vinto al debutto nella massima cilindrata. Nella sciagurata stagione 1973, che gli sarebbe costata la vita, il finlandese della Yamaha trionfò subito al Castellet e poi dominò nella seconda gara in calendario al Salzburgring. Con la pole e il giro veloce in entrambi i casi. Nella terza, ad Hockenheim, fu la rottura della catena a privarlo della vittoria, e poi a Monza, il 20 maggio, purtroppo cadde al curvone con Renzo Pasolini ed entrambi non si rialzarono.

E come non ricordare, a proposito di fenomeni, l’avvio della stagione 2014? Al secondo anno in MotoGP il fortissimo Marc Márquez mise in fila ben dieci successi nelle prime dieci corse. Una serie impressionante: Qatar, Americhe, Argentina, Spagna, Francia, Italia al Mugello; poi ancora Catalogna, Olanda, Germania e Indianapolis. Finalmente all’undicesimo appuntamento, a Brno, fu il suo compagno in HRC Pedrosa a spezzare l’incantesimo.

Tornando all’oggi, l’alternanza di tanti vincitori, e l’altalena dei piazzamenti, hanno determinato una classifica provvisoria del campionato eccezionalmente corta.
Dovizioso è leader, con sei punti di margine su Quartararò, e ha totalizzato soltanto 74 punti. Un record: negli ultimi dieci anni il bottino minimo era stato quello di Márquez nel 2018 con 95 punti nelle prime sei gare, poi in questa classifica c’è il 2017 con Viñales e 105 punti.

La media sui dieci anni, dal 2010 ad oggi, è stata di 117,6 punti, e ovviamente il record positivo assoluto è quello di Marc Márquez nella cavalcata del 2014: prime sei gare e sei vittorie, 6x25 fa 150 punti. Ed è imbattibile, con il massimo teorico.

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