MotoGP. Danilo Petrucci. Il Calimero che vince al Mugello

MotoGP. Danilo Petrucci. Il Calimero che vince al Mugello
Il classico bravo ragazzo. E’ la frase più gettonata e più corretta per definire Danilo Petrucci, 28nne di Terni, splendido vincitore domenica al Mugello del GP d’Italia.
4 giugno 2019

“Dedico questa vittoria ad Andrea Dovizioso. Mi spiace per quel sorpasso: l’ultimo al quale vorrei dare fastidio è Andrea, ma ci dovevo provare” ha detto Petrucci subito dopo il trionfo nel GP d'Italia 2019. Per chi non conosce Danilo, potrebbe sembrare una forzatura: ma come, vinci il tuo primo GP e ti preoccupi di chiedere scusa al tuo compagno di squadra, che è prima di tutto il tuo primo rivale? Ma Danilo è veramente diverso da tutti gli altri piloti. Forse perché è arrivato al mondiale in modo del tutto anomalo, come conferma una statistica: è il primo pilota ad aver vinto in MotoGP senza aver mai disputato una gara in 125/Moto3, o in 250/Moto2 o in SBK. Più probabilmente, però, Petrucci è così per carattere, per cultura, per educazione, per la possibilità di vivere il suo sogno di diventare pilota, senza grandi mezzi, ma neppure con troppi problemi economici. Fin da piccolo, Danilo ha in qualche modo frequentato il paddock del motomondiale: papà Danilo (“In famiglia ci chiamiamo tutti così, da generazioni: per distinguerci, abbiamo un secondo nome” scherza il vincitore del Mugello) era il camionista del Team Pileri negli anni Novanta, pilota Loris Capirossi. Ma, soprattutto, fin da piccolo ha sempre giocato con le moto, prima da trial, poi da pista, fino ad arrivare al motomondiale.

 

UNO DI NOI

Parlare con Danilo è piacevole, perché lui è proprio uno di noi, un appassionato di moto, uno molto semplice e alla mano: non se la tira, è ironico, ha la parlantina facile, è sempre disponibile. Ed è molto rispettoso dei ruoli: non fa mai niente senza prima avere la certezza che lo possa fare, che sia un’intervista, ma anche qualcosa fuori dalla pista che, in qualche modo possa avere conseguenze sul lavoro di pilota. E’ molto umile, a volte fin troppo “Calimero”: spesso si sente inadeguato per quello che sta facendo. “Andrea (Dovizioso, NDA) mi sta dando una grande mano sotto questo aspetto” ripete dall’inizio dell’anno, da quando si è trasferito a Forlì per allenarsi con Dovizioso e condividere con lui il suo metodo di lavoro. Sotto certi aspetti, i due sono simili e Danilo si stupisce che Andrea si prodighi così tanto per lui e quando sottolinea: “Mi carica la moto da cross sul furgone, come farebbe un amico, non uno che si sta giocando il titolo mondiale” rivela tutta la sua semplicità, nel senso buono del termine. Perché è quello che farebbe lui: con gli altri ci si confronto da uomo a uomo, senza far pesare di essere pilota della MotoGP.

 

FAMIGLIA UNITA

Papà Danilo c’è spesso nel paddock, ma si vede poco (“sto in tribuna, i genitori devono stare fuori dal box”), mamma Neviana quasi mai, il fratello Francesco poco, perché corre nel mondiale di donwnhill in MTB. Ma i quattro sono legatissimi, anche se la famiglia sta ancora a Terni, dove Danilo (il pilota) sogna di comprare un terreno per permettere ai ragazzini di allenarsi con la moto da cross. Poi c’è la fidanzata Giulia, inseparabile da un paio di anni (forse di più), altrettanto discreta come il fidanzato e come tutta la famiglia. Perché per Danilo è normale la “normalità”, il suo carattere non prevede la superbia e tanto meno l’arroganza. Ma questo non significa che sia un debole, tutt’altro: Petrucci è stato in grado di superare difficoltà (sportive) pazzesche. Scelto dalla Ducati per sviluppare la Panigale, si pagava la benzina per andare ai test (“Era il 2012 e allora in Ducati c’era Valentino Rossi: a volte giravamo insieme e a me sembrava un sogno”), al mondiale è arrivato con una CRT e una squadra che non pagava i meccanici, figurarsi il pilota. “Nel 2014 avevo deciso di smettere: a Jerez, il venerdì, dissi ai miei meccanici che sarebbe stata l’ultima gara. Il giorno dopo mi ruppi il polso per un problema tecnico all’acceleratore. Dopo 10 giorni, però, le moto mi mancavano già un sacco” racconta oggi. Poi il passaggio alla Pramac, quindi al team ufficiale, sempre però da “calimero”. “Se fallirò con la Ducati, farò altro: l’importante è averci provato”. Sempre detto con grande modestia. Niente da dire: un gran bravo ragazzo.

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