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SPIELBERG – Veloce, intelligente, aggressivo, spietato, calcolatore, calmo, tranquillo. In un aggettivo: perfetto. Andrea Dovizioso è stato semplicemente perfetto e nessuno può dire che ha vinto per merito della moto. Ha trionfato perché è stato il più bravo in tutto. Punto. Senza possibilità di replica. E quell’ultimo giro, quella capacità di resistere a Marc Marquez è stato davvero straordinario. Il racconto del terzo successo stagionale, il quarto nelle ultime 13 gare, non può che iniziare da quegli incredibili, ultimi 4318 metri.
«Deve essere stato più emozionante da fuori che da dentro: l’ultimo giro per me è stato più stressante che bello. Avevo un piccolo vantaggio da gestire, ma non mi ero accorto che nelle due curve a sinistra, dove Marquez mi poteva passare facilmente, non era così vicino: per questo ho chiuso molto la traiettoria e lui si è potuto avvicinare. Alla penultima curva ho staccato fortissimo, pensando che se avesse tentato di passarmi saremmo finiti fuori entrambi. Staccando così forte, non sono uscito con la migliore velocità, ma ho sentito il suo motore, ho capito che ci avrebbe provato: la mia lucidità ha fatto la differenza. Ho frenato forte, ma ho lasciato aperta la porta, perché se l’avessi chiusa mi avrebbe portato fuori e lui, essendo all’interno, avrebbe vinto. Mi ha sorpreso come è riuscito a ridurre la velocità in così poco spazio, uscendo comunque forte. Io, però, a quel punto ero sulla linea migliore, ho accelerato forte e ho tagliato per primo il traguardo».
Mentre lo tagliavi hai avuto il tempo per fargli un gesto; cosa significava?
«E’ stato istintivo, perché credevo che non ci avrebbe mai provato in quel punto, perché non c’è lo spazio e quella non è una vera staccata. Quando tenti un sorpasso, il pilota deve vedere la possibilità, ma in quel punto secondo me non c’è. Non ci volevo credere e mi sembrava che mi stesse rovinando tutto il buono che avevo fatto fino a lì. Istintivamente lo mandato a quel paese e gli ho detto: “Ti ho fregato”. Ma, sia ben chiaro: non è stato scorretto».
E’ la vittoria più bella della tua carriera?
«Sicuramente è una delle mie gare più bella, ma quella del Mugello, totalmente inaspettata, rimane qualcosa di speciale. Qui tutti mi pronosticavano favorito, anche se la situazione era molto differente rispetto al 2016 e in questo GP ho fatto tante strategie diverse a seconda del momento della gara. Quando lui ha fatto un piccolo lungo, mi sono detto: vediamo quanto ne ha. Purtroppo ne aveva per giocarsela fino alla fine. Certo, vincere in volata da una grandissima adrenalina. E’ stata una grande prova di forza e ho saputo gestire al meglio i momenti importanti. Ce la possiamo giocare fino alla fine».
In questo periodo, ha mai pensato a tutto quello che è accaduto nel 2016, all’incidente con Iannone all’ultimo giro in Argentina, alla sua vittoria qui in Austria, a come la tua carriera avrebbe potuto prendere una piega differente?
«Sì. Sono convinto che se uno fa le cose giuste, se sei vero e sincero nei rapporti, prima o poi ottieni quello che è giusto ottenere».
Cosa ha fatto la differenza oggi?
«Tutto conta. Oggi ho vinto per un niente, so non ci credi, se non lavori sui dettagli non vinci una gara così. Mentalmente, con la lucidità, porti a casa tantissimo. Sto capendo che posso vincere in MotoGP, sono più consapevole del mio potenziale. Chi ti sta vicino te lo dice spesso, ma se non arrivano i risultati lo mandi a quel paese. Invece lavorare su certi aspetti ti aiuta a capire che ci sono i modi per migliorare».
Lorenzo è uno stimolo per te?
«Tutto fa, anche l’arrivo di Lorenzo».
Oggi hai vinto di forza: ma non eri un bravo ragazzo?
«Io sono un bravo ragazzo. Ma con le palle. Le avevo anche prima, ma le usavo in maniera differente».
Sei il re della Ducati?
«Non lo so, queste cose ditele voi».
Si può vincere il titolo?
«Sì, ma per riuscirci bisogna migliorare in alcuni aspetti. Ci manca percorrenza di curva, non tutte le piste sono come questa».