MotoGP. Ecco cosa Dovizioso porterebbe alla Yamaha

MotoGP. Ecco cosa Dovizioso porterebbe alla Yamaha
Il nostro ingegnere Giulio Bernardelle, non ha dubbi: “Uno come Andrea sarebbe molto utile, sia per la velocità sia per il metodo di lavoro: normale che una Casa lo voglia come collaudatore”. Il manager non conferma e non smentisce questa possibilità
29 ottobre 2020

Quindi: dopo Suzuki, Aprilia, Honda e KTM, Andrea Dovizioso adesso “sale” su una Yamaha.

Dopo tante illazioni, stavolta, però, forse ci siamo per davvero: l’ipotesi è concreta. Nelle ultime settimane, Simone Battistella, manager di Dovizioso, ha avuto contatti con tre Case: KTM, Honda e Yamaha.

Solo pochi giorni fa, sembrava fatta con la KTM, con un accordo già definito in molti dettagli, ma poi l’operazione non si è conclusa. Adesso sembra fatta con Yamaha: Battistella non smentisce e non conferma, ma assicura che il futuro di Dovizioso sarà presto definito. Se effettivamente andrà in Yamaha, cosa potrà portare il pilota che negli ultimi otto anni ha guidato una Ducati, moto agli antipodi rispetto a una M1?

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“Porterebbe in dote un sacco di dati e informazioni – risponde il "nostro" ingegnere Giulio Bernardelle -. Andrea sarebbe uno dei pochissimi collaudatori, insieme a Pedrosa, in grado di girare sugli stessi tempi dei piloti che vincono: già questo è un qualcosa di molto significativo, normale che una Casa sia disposta a investire soldi su una figura così. Inoltre, il Dovi porterebbe alla Yamaha un metodo di lavoro, sarebbe in grado di spiegare in maniera precisa il problema agli ingegneri e ai tecnici. Non solo, uno come lui credo possa addirittura arrivare a dire come intervenire per risolvere un determinato problema”.

Secondo Bernardelle, aver guidato sempre la stessa moto negli ultimi otto anni, non rappresenterebbe un limite.

“Per un collaudatore, le caratteristiche intrinseche di una moto sono secondarie: avendo guidato il motore migliore della categoria, potrebbe portare tanti spunti interessanti, anche sulla messa a punto dell’elettronica”.

Cambio di mentalità

Per fare il collaudatore, bisogna cambiare mentalità. Una volta Michele Pirro, in una diretta di moto.it, ha spiegato come fare il tester non significa fare pochissimi giri, spesso con le gomme nuove per fare il tempone, come hanno fatto in passato Casey Stoner o come aveva fatto a febbraio in Malesia Jorge Lorenzo, ma vuol dire fare decine e decine di passaggi, cercando di capire cosa può far progredire la moto.

Un lavoro che fa benissimo Dani Pedrosa, che pure è rimasto velocissimo, come confermano i tempi da lui realizzati in tutte le piste dove è andato a girare.

Ecco, per essere un bravo collaudatore, Dovizioso dovrà cambiare mentalità, ma questo sarebbe l’ultimo dei problemi per lui, visto quanto è meticoloso nel lavoro di messa a punto della moto per la gara e conoscendo il suo metodo di lavoro.

Fine da pilota

Decidere di fare il collaudatore, significa anche mettere la parola fine alla carriera da pilota. È vero che nello sport, “mai dire mai”, ma una volta intrapresa quella strada è difficile tornare indietro.
Senza dimenticare che i tre piloti Yamaha su quattro hanno un contratto anche per il 2022: solo Valentino Rossi ha firmato per un solo anno (con la possibilità di continuare, eventualmente, anche nel 2022).
Ammettendo che Rossi smetta alla fine dell’anno prossimo, il Dovi potrebbe sostituirlo?  Molto difficile, anche perché Andrea nel 2022 avrà 36 anni: quanto meno complicato tornare a fare il pilota a quell’età.

Ma questo è un altro discorso.

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