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Carmelo Ezpeleta è un manager che trasmette positività. Probabilmente, nella sua posizione, è obbligato a farlo, ma la piacevole sensazione è che Carmelo ci creda veramente: se ci sarà anche una sola possibilità per poter disputare il campionato 2020, Dorna ed Ezpeleta saranno pronti a sfruttarla. Per poter tornare in pista, Ezpeleta sta mettendo a punto un “protocollo” sanitario da far sottoscrivere a tutti i Paesi nei quali si andrà a correre, in stretta connessione con le autorità locali. L’intenzione di Ezpeleta è correre un minimo di 10-11 GP in Europa, in cinque Paesi, fino a un massimo di 14 gare, comprese le trasferte extraeuropee. Ce la farà? In questo momento non ci sono certezze, ma è evidente che il numero uno della Dorna, a differenza di quanto avviene in altri sport, ha il controllo totale di ciò che può controllare, quindi costruttori, piloti e circuiti: non è poco. Ieri, Ezpeleta ha partecipato a “MotoGP Round Table”, appuntamento settimanale ideato da Manuel Pecino (PecinoGP) con Michel Turco (Francia), Mat Oxley (Gran Bretagna) e Giovanni Zamagni (Moto.it), condotto da Franco Bobbiese. Ecco la trascrizione integrale della puntata.,,Ezpeleta, sei a capo della Dorna da molto tempo, dal 1992: avresti mai pensato che qualcosa di esterno alle questioni sportive e alla MotoGP, avrebbe potuto influenzare così tanto il campionato?
“Assolutamente no. Quando tutto è iniziato, in Qatar, pensavamo che avremmo potuto risolvere la questione in poche settimane. Così abbiamo deciso di posticipare le gare extraeuropee, pensando di iniziare il campionato domenica scorsa a Jerez. Poi abbiamo capito che si trattava di un problema enorme, e non solo per la MotoGP. Adesso è come una nuova sfida: stiamo lavorando a stretto contatto con la FIM (Federazione Internazionale Motociclistica), la MSMA (l’Associazione dei costruttori), con l’IRTA (Associazione dei team) con i quali abbiamo subito trovato un accordo, non solo per quest’anno, ma anche per il futuro, per le questioni regolamentari. Però è sicuramente così: è il momento più difficile dal 1992, ma lavorando insieme ne usciremo rinforzati”.
E’ chiaro che adesso l’attenzione è sul 2020, ma immagino che bisognerà iniziare a pensare a lungo termine, a quello che accadrà dopo; come ti immagini il campionato nei prossimi anni dopo questa crisi pazzesca? Ci sarà un ridimensionamento?
“E’ chiaro che siamo concentrati sul 2020, ma stiamo già parlando del futuro: assieme a tutte le parti coinvolte siamo arrivati al congelamento dei motori e dell’aerodinamica. Quello che noi vogliamo fare è investire sulla parte sportiva per mantenere il nostro livello di competitività. MotoGP, Moto2 e Moto3 sono molto spettacolari, e vogliamo che rimangano così. Anche per il 2021 abbiamo un contratto di 20 GP, e lo manterremo, anche perché tutti gli organizzatori ci hanno assicurato di voler continuare, non c’è meno interesse per avere la MotoGP: anzi, in questo periodo abbiamo ricevuto due nuove richieste per avere un GP nei prossimi anni. E’ chiaro che bisognerà cercare di ridurre le spese superflue, o meno necessarie, per consentire ai costruttori e ai team satellite di mantenere alto il livello agonistico. Credo che in futuro avremo un campionato diverso da come è adesso, ma non sotto il profilo sportivo. Nell’incontro con i costruttori sono state fatte alcune proposte: alcune accettate immediatamente all’unanimità (con una estensione) come quello del congelamento tecnico fino al 2021, altre rifiutate, come quella di avere una sola moto nel box, perché sarebbe stato qualcosa di peggiorativo per la spettacolarità del campionato. Rimane il fatto che ogni decisione viene presa in accordo con tutte le parti coinvolte”.
Come è possibile pensare a un calendario quando non ci sono certezze dai vari governi?
“Abbiamo ipotizzato diverse possibilità: una è provare a partire a fine di luglio, programmando un po’ di gare in Europa, in cinque Paesi. Siamo in stretto contatto con i singoli governi e organizzatori per capire quale sia la situazione, prima di proporre un GP. Abbiamo messo a punto un protocollo, da presentare a ciascuna nazione, per garantire che possiamo correre in sicurezza. Per questo, abbiamo concordato con tutti i team un numero massimo di persone (circa 1.500, invece di 2.500, n.d.r.). Il nostro piano è avere tutto pronto per la fine di luglio: rimane da stabilire la possibilità di muoversi da una nazione all’altra. Nel motomondiale ci sono tante persone che vengono da fuori Europa, bisogna capire come possano arrivare qui: l’idea è farli arrivare 14 giorni prima dell’inizio del campionato. Ci stiamo organizzando per fare un test a tutte le persone che saranno nel paddock da fare quattro giorni prima della loro partenza; poi, quando entrano in circuito, verranno sottoposti a un altro test. Tutti i marshall e le altre persone nel paddock non entreranno in contatto con gli addetti ai lavori, se non in caso di incidente. Ci sarà una struttura medica in grado di controllare costantemente la situazione nel paddock, misurando quotidianamente la temperatura corporea a tutti i presenti. Questo è il protocollo che presenteremo a tutti i Paesi. Al momento, il nostro obiettivo è correre 10-11 gare in Europa da fine luglio all’inizio di novembre, con la possibilità di doppie gare nello stesso circuito, ma non nello stesso fine settimana. Per quanto riguarda Thailandia, Argentina, Australia, Usa e Giappone, tutte gare al momento ancora in calendario, a settembre decideremo assieme agli organizzatori se sarà possibile correre lì, ma solo con il pubblico, per rientrare nei costi”.
Puoi specificare meglio come sarà il calendario?
“Al momento, i GP di Repubblica Ceca ed Austria mantengono la data originale (9 e 16 agosto, n.d.r.): stiamo valutando di partire prima, in Spagna (l’idea è iniziare da Jerez, quindi andare a Barcellona e poi ad , Aragón, nda). Questa è l’idea, ma abbiamo bisogno di ancora 2-3 settimane per mettere a punto il tutto: a fine maggio daremo il calendario definitivo”.
Michelin ha chiuso la fabbrica per molti giorni: è pronta a fornire le gomme?
“Assolutamente sì”.
Hai detto che state parlando con le singole nazioni per avere un protocollo medico: ci puoi spiegare come questo avviene?
“Stiamo parlando con Spagna, Italia, Austria, Repubblica Ceca e con Gran Bretagna per Silverstone, con il ministro dello sport, il ministro dei trasporti, il ministro della salute. Assieme stiamo mettendo a punto un protocollo per ottenere, per chi sarà in circuito, una sorta di passaporto per entrare in ogni Paese”.
La MotoGP è la priorità, e poi, se sarà possibile, la SBK, o i due campionati sono indipendenti?
“E’ la stessa situazione, stiamo considerando di correre la SBK in quei circuiti dove si correrà la Motogp, magari la settimana successiva. La SBK ha già fatto una gara, l’obiettivo è avere almeno cinque-sei appuntamenti oltre a quello già disputato. Il protocollo sarà simile a quello della MotoGP”.
Sembri ottimista per il futuro, ma la crisi del 2008 ebbe un impatto importante sul motomondiale, con la cancellazione, per esempio, delle prove cronometrate del venerdì, e il ritiro della Kawasaki: temi che possa ripetersi qualcosa del genere?
“Sono spaventato da qualsiasi cosa, ma quello che stiamo facendo è cercare di mantenere in vita tutte le squadre e i costruttori per il futuro: ma è qualcosa che non si può prevedere con certezza. Come ho detto, noi vogliamo mantenere lo sport ad alto livello: possiamo ridurre i costi mantenendo alto lo spettacolo. E’ la cosa più importante: mantenere la qualità dello sport. Questa è una crisi incredibile, ma tutti devono tornare a una vita normale, non solo la MotoGP. Abbiamo gli strumenti per capire quali nazioni vogliano continuare. Per il futuro, sono ottimista per i circuiti e per le TV, mentre, come tutti, potremmo avere più problemi con gli sponsor”.
Sembra che i giornalisti non potranno andare ai GP, ma la comunicazione potrebbe essere importante in un campionato così anomalo: non credi che questa scelta sia negativa?
“Per fare il protocollo dobbiamo accettare delle richieste dei singoli Paesi: per questo non è possibile portare la stampa, perché dovrebbe entrare troppa gente in ogni Paese, e non ce lo permetterebbero. Non è una nostra richiesta, ma dei Paesi stessi: non siamo contenti, ma è qualcosa che dobbiamo accettare. Non ci saranno hospitality, i problemi saranno tanti, ma bisognerà adattarsi. Questo è lo scenario al momento, ma se la situazione migliora è chiaro che cambieremo appena sarà possibile: per esempio, io non salto un GP dal 1992, ma avendo più di 70 anni non so se rientrerò nel protocollo di ciascun Paese, potrebbero impedire anche a me di andare in circuito: la situazione è molto strana, ma bisogna adattarsi”.
Hai parlato con i piloti?
“Costantemente. La loro unica richiesta è di fare un test prima del primo evento: sicuramente lo faremo. Sono tutti ansiosi di correre. Gli abbiamo prospettato come potrebbe essere il calendario, con due GP consecutivi, magari nello stesso circuito; poi una settimana di stop, quindi altre due gare: sarà dura, ma tutti lo vogliono fare”.
Quante ore dormi a notte?
“La verità è che mi alzo più tardi del solito, alle 8, poi lavoro fino alle 19 come in ufficio: ho scoperto il lavoro telematico e funziona a meraviglia. Dormo molto bene, meglio di prima”.