MotoGP, Honda. Puig e la sindrome del Titanic

MotoGP, Honda. Puig e la sindrome del Titanic
Manuel Pecino fa da contraltare al nostro Zam nell'analisi della situazione del team Repsol-HRC Scelte strategiche sbagliate e atteggiamenti da pilota, non da manager, alla base degli errori di Puig
24 settembre 2020

Cosa ha sbagliato Alberto Puig da quando HRC lo ha messo al comando del suo team MotoGP? Credo che sprecheremmo meno tempo se provassimo a elencare cosa ha fatto di giusto. Provo a elencare perché è difficile trovare qualcosa, a parte il rinnovo di Marquez, che rientri nella seconda categoria: rinnovo che, secondo il mio punto di vista, è stata una decisione di Marc, non una vittoria di Puig. Un merito di Alberto potrebbe anche essere quello di aver tolto Jorge Lorenzo alla concorrenza, facendolo correre con una Honda. Come sempre, ogni situazione la puoi giudicare in maniera differente.
Ma l’elenco dei fallimenti del team manager HRC è inconfutabile, non è discutibile.

La gestione di Pedrosa

Il primo è la gestione di Dani Pedrosa: sono convinto che Puig abbia gestito Dani in base a sentimenti personali, più che professionali.

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“KTM mi ha dimostrato tutta la sua fiducia, mentre il presidente dell’HRC, Yoshihige Nomura, mi ha detto che non credeva che con il mio fisico avrei potuto indicare la direzione della quale avrebbero avuto bisogno i piloti del team, Márquez e Lorenzo, che sono fisicamente più grandi di me. Hanno ritenuto che Stefan Bradl avrebbe ricoperto meglio questo ruolo” ha dichiarato Pedrosa dopo essere stato cacciato dalla HRC: questa è stata la terza decisione dell’era Puig…

La trattativa con Zarco

La prima è stata la trattativa nel 2018 con Johann Zarco, che già da mesi aveva firmato un contratto con KTM. E’ vero, il manager del pilota francese lo tenne nascosto al pilota, ma provare a portarlo in HRC fu il primo errore della gestione Puig.

Fallita la trattativa con Zarco, ecco la grande mossa di Puig: ingaggiare Jorge Lorenzo. Sulla carta, come quella di Zarco, una bella mossa, ma finita in un fallimento. Anzi, un fallimento monumentale, sportivo e, soprattutto, manageriale: dopo aver rotto il contratto con la Honda e annunciato il suo ritiro, poche settimane dopo Lorenzo ha firmato con Yamaha come collaudatore. Puig, nella “liquidazione” di Lorenzo, non si è preoccupato di inserire una clausola, come si fa sempre in questi casi, per impedire a Jorge di firmare prima di un determinato tempo con un’altra Casa.

Il dopo-Lorenzo

Puig aveva pensato nuovamente a Zarco per sostituire Lorenzo, ma alla fine ha dovuto cedere alla pressione di mettere Alex Marquez nel team HRC e così Zarco è andato in Ducati. Non so se l’uscita dal team ufficiale di Alex alla fine del 2020, ancora prima che iniziasse la stagione, possa essere considerato come un altro fallimento della gestione Puig: suona un po’ strano, ma sembra così..

Un hooligan al muretto

E veniamo a questa stagione. Non entro nel merito della caduta di Marc Márquez, ma nell’immagine di Puig al muretto di Jerez mentre incoraggia la rimonta del suo pilota come se fosse un hooligan, senza capire che il ruolo di un manager è quello di gestire la squadra nel suo insieme, non di fare il tifoso.

A mio modo di vedere, il problema è che Puig si sente ancora pilota, non si è ancora tolto il casco dalla testa: nel bene e nel male, si comporta ancora come se fosse in pista. Ma non è più un pilota, è il manager della squadra più potente del paddock. E durante la stagione ha fatto dichiarazioni che entrano di diritto nell’antologia delle sciocchezze.

Di fronte alla mancanza di risultati della Honda ha dichiarato: “Problemi in Honda? L’unico problema è che non c’è Marc”, senza rendersi conto che, oltre a negare l’evidenza, stava così sminuendo tutti gli altri piloti Honda, incapaci, secondo lui, di guidare la moto. Perché il problema non è la RC213V, no, ovviamente no. Immagino che molti abbiano visto il film “Titanic” e ricordino la scena dell’orchestra che continua a suonare, come se niente fosse, mentre la nave sta affondando: ecco, questa è l’immagine che Puig trasmette negando l’evidenza, la realtà che tutti conoscono, tranne lui.

Il primo passo per risolvere un problema implica, inevitabilmente, riconoscere che c’è un problema. E questo è quello che Alberto Puig si rifiuta di ammettere. E credo che sia lo stesso problema del team HRC con il loro manager. In Spagna si dice: non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.

Manuel Pecino