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Brembo collabora strettamente con il cento per cento dei piloti della MotoGP e comunica come sempre i dati e le curiosità legate al tema della frenata nel GP successivo. La pista di Le Mans offre spunti molto interessanti: il tracciato rientra nella categoria dei circuiti mediamente impegnativi per i freni, insieme ad altre otto piste.
Pur avendo un rettilineo d’arrivo lungo solo 674 metri, Le Mans ne presenta altri che assicurano il raffreddamento dei dischi in carbonio. Anzi, per scongiurare il rischio che i dischi freno non raggiungano la temperatura ideale, molti piloti potrebbero adottare quelli con la fascia frenante bassa; sempre in carbonio, naturalmente, il materiale preferito anche in caso di pioggia.
In ogni giro del circuito di Le Mans i piloti usano i freni nove volte per un tempo totale di 31 secondi: è un valore non da poco, considerando che si tratta della terza pista più corta del Mondiale 2021. L’impianto frenante è in funzione per il 34% della gara, la stessa percentuale raggiunta anche da Jerez, Valencia e infine da Misano Adriatico.
Ancora, in otto delle nove frenate i piloti sono soggetti ad una decelerazione di almeno 1 g, e tre sono le curve in cui la pressione dell’impianto frenante supera i 10 bar. Altissimo è infine il carico complessivo sulla leva del freno esercitato da ciascun pilota dalla partenza all’arrivo: fatte le somme, sono 975 chilogrammi.
Delle nove frenate del circuito di Le Mans, due sono classificate come impegnative per i freni, cinque sono di media difficoltà e le due restanti poco scarsamente impegnative.
La staccata più dura per la MotoGP è quella che precede la nona curva, detta Chemin aux Boeufs, cammino dei buoi: le moto passano da 295 km/h a 108 km/h, con un’azione sui freni di 4,5 secondi mentre la pressione del liquido freni arriva a 13,6 bar. I piloti esercitano un carico di 6,4 kg sulla leva del freno, subiscono una decelerazione di 1,5 g e nel frattempo percorrono 239 metri.
È la staccata, e la curva, che fu teatro del famoso incidente del 15 maggio 2011 tra l’indimenticabile Marco Simoncelli e Dani Pedrosa: quell’evento che poi costrinse il pilota romagnolo del team Gresini a girare sotto scorta armata nel paddock del GP successivo a Barcellona.
Ricorderete quante polemiche aveva suscitato quella gara a Le Mans: al giro di gara numero diciassette e con Stoner (Honda) in fuga, Marco stava duellando per il secondo posto con lo spagnolo della HRC, pareva averne di più, erano perfettamente affiancati sul rettilineo in accelerazione che porta dalla curva 8 del Garage Vert alla 9. Quando il Sic, fatta la staccata, buttò a sinistra la sua Honda per impostare quella esse, Dani era interno, probabilmente lo spazio non c’era oppure si spaventò: di fatto lo spagnolo si sentì chiuso, raddrizzò la moto, urtò con la ruota anteriore la posteriore di Marco e cadde rovinosamente. Riportando la frattura della clavicola destra.
Marco, penalizzato con il ride-through, chiuse quinto dietro al vincitore Stoner, poi Dovi, Rossi e Lorenzo. Le polemiche con i piloti spagnoli montarono, già Lorenzo lo aveva precedentemente accusato di eccessiva aggressività in una famosa conferenza stampa e il Sic aveva risposto ironico “allora arrestami”. In realtà l’italiano dopo Le Mans aveva provato anche a scusarsi, “se ho sbagliato chiedo perdono a Dani”, ma i media accesero gli animi dei tifosi. Al punto che arrivarono le minacce di morte.
Poi non accadde nulla, per fortuna, anche se Paolo Simoncelli e Fausto Gresini erano davvero preoccupati. E oggi, a distanza di tanti anni, possiamo dire che il grandissimo Marco Simoncelli aveva un modo di muoversi, anche a piedi intendo, molto “fisico”. Qualche volta mi ricordava Pippo, l’amico un po’ goffo di Topolino. Lo dico con affetto: la sua simpatia e la sua vitalità ci mancano tantissimo. A quasi dieci anni dalla sua scomparsa.