MotoGP: i piloti in pista con le moto di serie

MotoGP: i piloti in pista con le moto di serie
I piloti stanno gradualmente riprendendo confidenza con circuiti e velocità, tutti in sella alle supersportive della Casa per cui corrono. Il controsenso di uno sport dove non è possibile allenarsi con la moto con cui si corre
3 giugno 2020

La fase 2 sembra volgere al termine, e anche se il calendario della MotoGP continua a perdere pezzi l'ipotesi di un Mondiale davvero in partenza per luglio inizia a prendere corpo. I piloti non stanno nella pelle, e non appena si è aperto un mezzo spiraglio si sono catapultati nelle strutture disponibili per allenarsi. I primi sono stati forse "gli andorrani", sul circuitino di Pas de la Casa, ma tutti gli altri non si sono fatti attendere.

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Andando a memoria, ha aperto le danze Valentino Rossi, che con la sua Yamaha YZF-R1 ha passato la giornata del 24 maggio a Misano, seguito rapidamente da Aleix Espargaro sull'Aprilia RSV4 1100 al Montmelo. E non hanno atteso molto nemmeno Rins, sceso in pista sempre a Barcellona con una Suzuki GSX-R 1000R, né Johann Zarco, che si è accontentato del meno blasonato tracciato di Alès per girare con la Ducati Panigale V4S; la pista non è sicuramente di livello mondiale, le pieghe invece sì, a giudicare dalle foto pubblicate sulla sua pagina Facebook.

Una situazione che rende bene l'idea della smania dei piloti di tornare a girare in pista, ma anche il controsenso - per non dire la follia - di uno sport in cui i suoi migliori atleti non possono allenarsi con lo stesso strumento che usano nelle competizioni. Perché per quanto le moderne maxi supersportive siano dei veri e propri aerei, con prestazioni mai così vicine alle moto da Gran Premio nella storia delle due ruote, è altrettanto vero che il comportamento di una MotoGP, parola dei piloti che le guidano, ha davvero poco a che vedere con quello di una moto stradale.

Dal punto di vista della preparazione puramente fisica - diciamo atletica - è sicuramente vero che una giornata in sella a una maxi in pista è comunque un gran bell'allenarsi, perché nella guida della moto in pista si fanno movimenti estremamente specifici, difficilmente replicabili con altre attività. D'altra parte, non è solo il fisico ma anche e soprattutto il cervello - riflessi, vista, percezione in generale - a necessitare di allenamento nello sport motociclistico. E questi, senza la moto, i freni e le gomme che si usano in gara, non si allenano più di tanto.

Si arriva al paradosso di piloti come Cal Crutchlow, che non usa alcuna moto al di fuori di test e gare, concentrandosi solo sulla preparazione atletica, perché a detta sua sarebbe del tutto inutile e rischioso girare con una moto che non sia una MotoGP. Al contrario, i piloti delle Superbike - ma anche quelli delle classi minori, come Moto2 o Moto3 - possono allenarsi serenamente (a parte le restrizioni in vigore in questa situazione particolarissima) sui mezzi che usano abitualmente.

Certo, il fattore contenimento dei costi (e per ricaduta del freno allo sviluppo) rende molto spinosa la questione, dal momento che il costo chilometrico di una MotoGP è semplicemente spaventoso - metteteci anche solo la necessità di avere una squadra di meccanici semplicemente per avviarla - e rispetto alla F1 bisogna arrendersi al fatto che non è possibile costruire un simulatore di MotoGP della stessa efficacia, data la complessità della fisica nello sport a due ruote, ma fa comunque molto specie che la massima serie motociclistica al mondo di fatto impedisca ai suoi migliori atleti di allenarsi come dovrebbero poter fare in un mondo perfetto. Con la notevole eccezione delle squadre con concessioni, vero, ma se ci pensate la cosa non fa altro che aumentare l'ingiustizia, se pensiamo agli atleti.

Accontentiamoci di vederli girare con le moto di serie. Così, tra l'altro, ne ricaviamo anche la misura di quanto sia... piccolo e insignificante il nostro talento rispetto al loro, quando i tempi sul giro che staccano vengono resi di pubblico dominio.

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