MotoGP. I segreti della guida di Joan Mir

Joan ha cambiato modo di guidare la sua Suzuki, limitando l’aggressività e diventando più gentile con le gomme. Lo dicono i suoi tecnici. Lui dice che i sorpassi sono un’arte e occorre essere decisi
23 settembre 2020

Se il titolo 2020 della MotoGP si vince con la regolarità, Joan Mir sembra avere tutte le carte in regola: nelle ultime quattro gare ha totalizzato ben 69 punti (contro i 53 del Dovi) salendo tre volte sul podio. Ai due secondi posti nel GP d’Austria e nell’ultima prova dell’Emilia Romagna a Misano, il pilota Suzuki aggiunge il terzo posto in Misano 1 ed il quarto in Austria 2. Nessuno ha fatto meglio di lui: le gare ravvicinate gli si addicono e, soprattutto, è maturata la sua confidenza con moto e pneumatici. E adesso è a quattro punti dalla vetta.

La Suzuki è a digiuno di titoli mondiali da vent’anni esatti, da quando Kenny Roberts junior mise in fila in 500 l’esordiente Valentino con la Honda e Max Biaggi sulla Yamaha. Sarà il ventitreene maiorchino a ripetere quell’impresa? Sul sito Motosport.com parlano i tecnici che lavorano con lui ed emergono dettagli interessanti.

Nel team dicono che si aspettavano che Joan sbocciasse, perché lo dicevamo i dati. L’anno scorso, al suo debutto in MotoGP, i tecnici avevano rilevato qualcosa di insolito, una sorta di paradosso: più Mir lavorava sodo e metteva energia nella guida e più diventava lento. Ora è meno aggressivo, spinge meno ed è più veloce.

Claudio Rainato, ingegnere elettronico di Mir sottolinea la rapidità della crescita del loro pilota.

“Abbiamo lavorato tutto l’anno - racconta l’italiano -sul controllo dell’acceleratore, sull’essere più gentile per stressare meno la gomma. Ed è questo che lo sta aiutando nel 2020: è evidente il fatto che lui arriva negli ultimi giri con le gomme più fresche rispetto a tanti avversari. Fino all’anno scorso lui agiva sul gas a modo suo, o tutto o niente. Ora è molto più preciso”.

“Nel 2019 abbiamo dovuto accelerare il suo processo di apprendimento - aggiunge il suo capotecnico Frankie Carchedi - e abbiamo quasi condensato due anni in uno. Lui ha imparato in fretta: Joan sa essere gentile con le gomme ma all’occorrenza, come abbiamo visto nelle ultime due gare, sa esprimere l’aggressività che ha sempre avuto”.

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La Suzuki e Mir hanno margine di crescita

Anche il nostro Bernardelle definisce la Suzuki GSX-RR come la migliore MotoGP di oggi e i risultati di Mir in gara sembrano confermarlo. Maneggevolezza simile a quella di Yamaha, un po’ di potenza in più e maggiore adattabilità alle gomme Michelin 2020. Il problema restano le qualifiche, colpisce che Mir debba sempre rincorrere in gara, quindi c’è ancora del lavoro da fare. Sembra che quando il grip è alto, come a Misano, il posteriore spinga forte sull’anteriore rendendo più problematico l’inserimento in curva. Ma con un pilota abile e carico come attualmente è Mir, c’è da aspettarsi che anche questo limite verrà risolto.

Il talento di Joan Mir era cosa nota, nell’ambiente, fin dal titolo del 2017 in Moto3, con dieci vittorie, ma certamente Davide Brivio ha visto lungo. Ora Joan sembra bravissimo nel portare a case il miglior piazzamento possibile, e avrebbe anche già vinto, in Austria, se non fosse stata interrotta la gara per l’incidente di Maverick. Il ragazzo ha imparato a guidare più fluido e a controllare la sua aggressività. E nella determinazione di certi sorpassi, suggerisce Oriol Puigdemont nel suo pezzo, ricorda addirittura Marc Marquez.

Per noi il sorpasso di Valentino nella prima gara di Misano è stato perfetto e chirurgico nella sua precisione, un capolavoro; mentre il suo ingresso sulla coppia Quartararo-Espargaro nella veloce variante dopo il traguardo, domenica scorsa, per un momento è sembrato temerario e si è sfiorato il contatto. Ma il suo controllo della moto, anche in una fase così critica, è sembrato eccezionale.

Il sorpasso - ha detto lo stesso Joan a Motosport.com - è una dote che bisogna coltivare, altrimenti la si può perdere. E’ molto meglio che un pilota sia aggressivo e impari a frenarsi e a limitare un po’ l’istinto, mentre è molto più difficile cercare di instillare l’aggressività in un pilota che non ce l’ha”.

A scanso di equivoci Mir, che non ha ancora vinto in MotoGP sottolinea di non essere ossessionato dalla vittoria. E dispensa pazienza.

“Voglio vincere, naturalmente, ma è il podio che resta per me l’obiettivo di ogni gara. La vittoria un giorno arriverà senza cercarla. Il titolo mondiale? Non mi sono ancora guadagnato il diritto di essere campione. Per quello devo ancora vincere delle gare”.