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Gli obiettivi sono i medesimi della passata stagione: giocarsi il titolo. Era già stato dichiarato nel 2017, ed è normale che oggi, dopo quanto fatto l’anno scorso, si punti al massimo risultato con una moto per il momento molto diversa nella grafica – rosso fluo e grigio - e che nei primi test a Sepang vedremo evoluta nella ciclistica «con un telaio identico per Lorenzo e Dovizioso» e nel motore «avrà un paio di cavalli in più», ha spiegato l’ingegnere Gigi Dall’Igna, direttore generale di Ducati Corse. I test in Malesia e in Thailandia serviranno per capire se la strada intrapresa («con un paio di idee nuove») porterà i benefici sperati, poi, in Qatar, negli ultimi test prima dell’inizio del mondiale, si vedrà la Desmosedici GP 2018 in versione definitiva.
Insomma, tutto come ogni anno. Anzi no. La grande differenza è la nuova posizione di Andrea Dovizioso, guadagnata sul campo: Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati, ha usato parole mai sentite prima da lui per un suo pilota, nemmeno per Casey Stoner.
«Credo che abbiamo tutti i mezzi per giocarcela, come li avevamo nel 2017. Quanto accaduto al Mugello l’anno scorso è stato qualcosa di incredibile, mai successa prima per un’azienda italiana su quella pista, con un pilota italiano al quale bisogna stringere la mano due volte, una volta per l’impresa sportiva e una perché lui è un vero cittadino italiano, paga le tasse in Italia. E’ stato un fatto storico, che viene scritto negli annali della Marca: al Mugello nessuna moto italiana aveva vinto in MotoGP con un pilota italiano, e in Italia, più in generale, non accadeva dagli anni Settanta. Ducati e Dovizioso sono innamorati reciprocamente: Andrea è DesmoDovi e conferma quanto ha sposato il credo “ducatista”, noi lo supportiamo con una storia iniziata nel 2013, dopo che si era distrutto un patrimonio di competenze. Allora la moto era un ibrido, un disastro che non andava bene né in curva né in rettilineo: lui ha creduto nel nostro progetto».
Chiaro. Ma ancora più chiaro quando si chiede a Domenicali se per tenere Dovizioso la Ducati è disposta a un sacrificio, come è stato fatto nel 2017 per prendere Lorenzo.
«Faremo tutto il possibile per tenere Andrea con noi, perché crediamo che il suo potenziale con la nostra moto sia molto alto. Non è un’ipotesi, è un fatto certo: l’ha dimostrato lui. Il Dovi che abbiamo di fronte oggi non è lo stesso che avevamo davanti due anni fa: ogni volta che si rinegozia un contratto, i valori che si discutono si ridiscutono in funzione della storia, delle prestazioni. Chiaramente, quando noi abbiamo firmato con Lorenzo, lo abbiamo fatto sulla base di cinque titoli mondiali. Il Dovi, oggettivamente, ha vinto sei gare in MotoGP nel 2017, ma non ha conquistato il campionato…Dall’altra parte, quando abbiamo negoziato con entrambi nel 2016, avevamo una moto che non aveva ottenuto nemmeno un successo negli ultimi cinque anni, e convincere Jorge a venire è stato particolarmente complicato. Adesso la competitività della nostra moto è diversa: quando inizieremo a discutere i contratti con entrambi – perché il nostro obiettivo è riconfermarli entrambi – i valori in campo saranno estremamente diversi per loro due: bisogna riuscire a trovare un punto di equilibrio».
Secondo me è chiarissimo: da una parte verrà aumentato l’ingaggio di Dovizioso, dall’altra verrà diminuito quello di Lorenzo. Andrea sembra essere in una posizione di forza: contare sull’appoggio dell’amministratore delegato è tanta roba.