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Poche persone, anche nel paddock della MotoGP, conoscono sia Marc Márquez che Casey Stoner come Livio Suppo: il manager torinese, infatti, ha avuto in squadra quelli che probabilmente sono i due più grandi talenti della storia recente: li ha sempre avvicinati sotto il piano della guida, ma non ha mai fatto mistero della loro estrema diversità per quanto riguarda carattere e personalità.
Qui, in un'intervista alla Gazzetta dello Sport, Suppo torna sul passaggio dell'australiano - da lui ovviamente orchestrato - da Ducati a Honda, ma anche sulla sua estrema spigolosità di carattere, e sul perché la convivenza (che nel 2015 è stata a un passo dal realizzarsi) fra i due avrebbe probabilmente visto Casey soccombere alla forza mentale di Márquez.
Una volta che Stoner prendeva una decisione era praticamente impossibile fargli cambiare idea. Come appunto nel caso del suo ritiro, annunciato con largo anticipo nel 2012.
"Io e Nakamoto abbiamo tentato di trattare, di convincerlo, ma ci ha risposto che voleva ritirarsi: 'Non è più lo sport di cui mi sono innamorato'. Per allora avevamo già ingaggiato Marquez, che però avrebbe dovuto, nei nostri piani, sostituire Pedrosa. Non potevamo sperare che le cose sarebbero andate come poi è stato: avevamo paura (perdendo Stoner, NdR) di indebolire troppo la squadra. Credo che però abbia annunciato il ritiro troppo presto, e che da lì in avanti abbia preso troppo alla leggera il resto della stagione, ha perso concentrazione e non era più la solita macchina da guerra."
Ma, appunto, non ha mai fatto marcia indietro, rinunciando anche a un'offerta incredibile.
"Ha rifiutato a un rinnovo per più di dieci milioni di euro l'anno, un'offerta mostruosa per i tempi. Per fare una cosa del genere devi essere matto da legare o veramente convinto. Per dire, quando abbiamo deciso di portarlo in Honda, gli avevamo mandato un quad come regalo di Natale, e a gennaio ero andato a trovarlo. Era già dell'idea di lasciare Ducati, e voleva solo che gli si permettesse di portarsi dietro la squadra, con cui andava d'accordissimo. Nel 2009 aveva saltato tre gare per i noti problemi di salute, e Ducati iniziò a trattare con Lorenzo mentre Casey era malato. La cosa lo fece infuriare, lo prese come un vero affronto. Non ci volle molto a convincerlo a venire in Honda."
Ma cosa sarebbe successo se Márquez e Stoner si fossero trovati nello stesso box?
"È un vero peccato che non sia successo, perché sarei stato curioso di vederli uno contro l'altro. Ma credo che Casey avrebbe sofferto la personalità di Márquez: la vera forza di Marc è la capacità di mantenere la calma anche nei momenti più difficili, come quando si beccò la bandiera nera in Australia. Un altro si sarebbe infuriato con il team, mnetre lui quella sera andò a cena con loro. Arrivò a Valencia e vinse il Mondiale. Stoner si infuriava, esagerava le situazioni. Se fosse stato più lucido avrebbe vinto almeno due titoli in più".
La lotta fra i due avrebbe potuto concretizzarsi nel 2015, quando avrebbe potuto correre al posto di Pedrosa infortunato. Un episodio che, tra l'altro, ha messo la parola fine al rapporto fra Suppo e Stoner.
"Ci ha chiamato la domenica sera, già dopo la gara del Qatar, cogliendoci di sorpresa. Nakamoto ha sempre avuto un affetto speciale per Casey, ma non voleva assolutamente che tornasse rischiando di fare una brutta figura. E rispose di no. Stoner non la prese bene, si arrabbiò molto con me, convinto che fossi stato io a prendere la decisione. Il nostro rapporto si è interrotto, e da allora non mi ha mai più parlato. Con Casey cambia tutto radicalmente, a volte anche senza capire perché. Sarebbe stato bello vederlo tornare, ma se non fosse andata bene, critiche e tensione sarebero scoppiati, distraendo Márquez che stava lottando per vincere il suo terzo Mondiale consecutivo. Continuo a pensare che la nostra sia stata la decisione giusta..."