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VALENCIA – Ha regalato a tutti i suoi meccanici – ma anche ai tecnici e agli ingegneri della Ducati – un casco e un orologio. Poi, giovedì sera, nell’intimità di una cena in hospitality ha voluto salutare tutti con un discorso. Bello e sincero. Eccone alcuni tratti.
«Ci sono storie che sono felici, altre che sono tristi, altre che sono inclassificabili, come la mia storia con la Ducati. La sfida era tanto difficile quanto affascinante: provare a diventare campione del mondo con la Ducati. Ero cosciente delle difficoltà, ma lo shock quando ho provato la moto la prima volta è stato molto più grande di quello che potevo immaginare. Poco a poco mi stavo convincendo che tutte le qualità che mi avevano permesso di diventare campione del mondo, questa volta non mi sarebbero servite (…)
(…) Dopo le prime gare, sono arrivate le prime critiche, dicevano che non mi sarei mai adattato a questa moto. Il podio a Jerez (nel 2017, NDA) è servito come rivincita, ma le gare successive hanno dimostrato che il processo di adattamento era ancora lungo. A Silverstone è cambiata la dinamica, quinto a soli tre secondi dal vincitore (…)
(…) La prima vittoria non era lontana: la prima opportunità l’ho avuta a Misano, ma un errore di concentrazione mi ha fatto cadere mentre ero primo (…)
(…) Abbiamo finito in progressione e i test di Sepang di quest’inverno sembravano prospettare il meglio. Ma nei test di Buriram è cambiato tutto: non ero veloce, non avevo ritmo e, peggio di tutto, mi stancavo moltissimo a guidare. Nelle prime quattro gare ho ottenuto solo sei punti: il mio peggior inizio della mia carriera in MotoGP.
A Le Mans il momento peggiore: dopo essere stato in testa, ho perso posizioni e ho finito sesto. La situazione era critica e la mia carriera era a rischio. Avrei potuto essere fuori dal mondiale a 31 anni e con tutto quello che avevo vinto? La risposta era sì. L’idea del ritiro girava nella mia testa e questa possibilità mi rendeva molto triste. Ma non era il momento, dovevo dimostrare che potevo tornare a vincere. Poi ecco il Mugello, il mio circuito porta fortuna. Al di là dei risultati, mi sentivo meglio con la moto: una novità di motore, una nuova carenatura, un serbatoio con poteri “magici”…
Domenica è arrivata la mia opportunità e non me la sono fatta scappare.Partenza a razzo, modalità “martello”: ciao belli, ciao. Ce l’avevo fatta! Non c’è vittoria più bella di vincere con la Ducati in Italia. Poi le vittorie a Barcellona e in Austria, contro il miglior Marquez. Nelle corse, come nella vita, le decisioni sono tutto. Una decisione giusta, una sbagliata e tutto cambia (…)
(…) Purtroppo mi sono fatto male, ma sarebbe ingiusto che il finale di stagione offuscasse un anno magico, che porterò sempre nel mio cuore. Grazie alle capacità e al durissimo lavoro di tutti gli ingegneri e gli uomini della fabbrica, abbiamo ottenuto che la GP18 diventasse la migliore moto sullo schieramento di partenza. Questo mi rende orgoglioso. Per l’ultima volta: Forza Ducati!. Ciao belli, ciao».