VALENCIA – La faccia, prima di tutto: è sempre la stessa, per entrambi. Sorridente quella di Marc Marquez, concentrata quella di Jorge Lorenzo. Sotto questo aspetto, quindi, non è cambiato nulla, perlomeno alla vigilia di quello che Marquez definisce, giustamente, “il week end più importante dell’anno, forse della mia carriera”. Anche nel 2010, Marquez si era giocato il titolo a Valencia, arrivando quarto al traguardo (proprio il risultato minimo per conquistare il titolo domenica in caso di vittoria di Lorenzo), “ma allora ero in 125, in MotoGP è tutto diverso”.
TATTICA
Marquez, allora, si era accontentato di un piazzamento (“dopo pochi giri il gruppo si era sgranato ed era inutile rischiare per andare a prendere quelli davanti”), cosa che potrebbe fare anche domenica. Ma, come sempre,
Marc non vuole sentire parlare di calcoli. “Non cambio il mio atteggiamento, l’obiettivo è sempre lo stesso: provare a fare il massimo venerdì e sabato e poi vedere cosa succede in gara” ripete all’infinito, ribadendo un concetto assolutamente condivisibile: “Non mi devo preoccupare degli altri, ma concentrarmi sul mio lavoro”. Anche
per Lorenzo la tattica è chiara: “Provare a vincere, non posso fare altro”.
Per la verità, l
a strategia migliore sembrerebbe quella di tenere compatto il gruppo, provare a mettere più piloti tra sé e il rivale. Ma Jorge non è troppo convinto.
“Penso che sia molto difficile fare qualcosa di simile, difficile credere che Marquez possa finire quinto, quasi impossibile pensare che un pilota Honda possa arrivargli davanti”.
In questi casi, è normale ricordare quanto è successo in passato. Per esempio
nel 2006, quando Rossi aveva otto punti di vantaggio, ma il titolo andò ad Hayden.
“Ho rivisto quel GP: allora avevo 15 anni, ero a casa mia e non mi ricordo bene cosa sia successo” ride Marquez.
“Non ho avuto bisogno di rivederlo, perché ho ben impresso quella giornata, per me felice, perché avevo conquistato il mio primo titolo iridato, in 250”, ribatte Lorenzo.
Torna alla mente anche il 1999, quando Emilio Alzamora, oggi manager di Marquez, conquistò il titolo in Argentina, con Melandri che fece di tutto per infastidirlo e indurlo all’errore.
“Non credo che si possa ripetere qualcosa di simile, anche perché Emilio allora era in una situazione più critica della mia di oggi” commenta Marc, consapevole anche che
Lorenzo non è certo tipo da scorrettezze.
PRESSIONE
Jorge, però, ha ragione quando dice che: “Io non ho nulla da perdere, sono molto tranquillo: l’errore di Marquez in Australia mi ha dato questa possibilità e provo a giocarmela”.
Sotto questo aspetto,
Marc è più sotto pressione, ma il bambino prodigio allontana la tensione con il solito sorriso.
“Non perdo il sonno, generalmente gestisco bene queste situazioni, anche se in MotoGP c’è molto più interesse e non puoi mai sapere come reagiscono il tuo corpo e la tua testa. Ma sono tranquillo” dice sereno. Non è preoccupato Marquez e neppure gli attacchi più o meno velati di Lorenzo dei precedenti GP per mettergli un po’ di pressione, sembrano infastidirlo più di tanto.
“Per me sono solo una motivazione in più, a me piace giocare più dentro la pista che fuori. Oltre a Pedrosa, Lorenzo e Rossi, chi temo? Credo che Crutchlow sia il più accreditato per fare una buona gara”
COMPAGNI DI SQUADRA
In una situazione simile, i compagni di squadra potrebbero giocare un ruolo importante, in particolare Dani Pedrosa, l’unico pilota che qui è stato capace di trionfare con qualsiasi cilindrata.
“Alla HRC non hanno mai fatto giochi di squadra e non credo che mi chiederanno di farlo qui. Il modo migliore per fare gioco di squadra è che io vinca il GP” sorride Dani, determinato a chiudere al meglio la stagione.
Differente la situazione in Casa Yamaha, dove Valentino Rossi non pensa minimamente a stare davanti al compagno di squadra.
“Mi piacerebbe molto aiutare Jorge: il modo migliore per farlo è arrivare davanti a Marquez”.
Comunque andrà a finire, è chiaro che stiamo parlando di due grandissimi campioni.