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Ecco Marc Marquez, per la prima volta dopo l’incidente del 19 luglio, l’operazione del 21 luglio, il ritorno in sella del 26 luglio, la seconda operazione, la terza, le tante speculazioni. Marc sembra relativamente tranquillo, cerca di mantenere il tradizionale ottimismo, ma non nasconde la sofferenza e gli errori commessi. Non è ancora il solito Marc: sicuramente adesso è un uomo e uno sportivo più consapevole delle difficoltà.
“Ho imparato che ci sono tanti GP, ma il corpo è uno solo: prima non avevo bene in mente questa cosa, adesso mi è più chiaro”.
Marquez risponde a tutte le domande, con grande calma e chiarezza: bello rivederlo, finalmente. Ma per rivederlo in pista, bisognerà aspettare un po’: non ci sono certezze, Marc conferma di non avere fretta.
“Non so quando tornerò – dice subito - Io sono sempre ottimista: il mio primo obiettivo era quello di tornare per i test in Qatar. Ma i medici mi hanno detto di no. Quindi il prossimo obiettivo sarà la prima gara in Qatar; se non sarà possibile, penserò alla seconda e se non sarà possibile a Portimao. E così via. Bisogna rispettare quello che dicono i medici, in base al consolidamento dell’osso: quando questo avverrà, si penserà al recupero”.
Giusto, ma tu ce l’hai un’idea di quando tornerai a correre?
“A metà marzo faremo un altro controllo: se il consolidamento dell’osso va avanti nel modo giusto, allora prenderemo la decisione. Il procedimento è questo: i dottori decidono, poi io tornerò in sella quando avrò una condizione accettabile; faccio un esempio: se i medici mi dicono che domani posso correre, io in questo momento non sarei in grado di guidare”
Cosa ti ha insegnato il 2020?
“Noi prendiamo sempre tanti rischi e a volte cerchi di tornare in pista il prima possibile: quello che ho imparato è che, a volte, non è la cosa migliore anticipare i tempi di rientro. A Jerez ho fatto un errore, conseguenza di tante cose, ma l’ultima decisione è stata mia. Ho anche imparato che di gare ce ne sono tante, ma il corpo è uno solo”.
Ma chi ha sbagliato?
“Quando conquisti un titolo, si parla di vittoria di squadra; allo stesso modo, quando sbagli, sbagli tutti insieme. Come ho detto, l’ultima decisione è stata mia, ma quando ricevi risposte positive dai dottori ci vuoi provare. Io mi sentivo di poterci provare, ma evidentemente non era quello di cui il mio corpo aveva bisogno. Sicuramente è stato un errore correre a Jerez, ma lo sarebbe stato anche farlo a Brno due settimane dopo, sarebbe stato troppo presto… Tutti hanno sbagliato, è stata una decisione presa insieme: inutile indicare un colpevole. Se dovesse accadere nuovamente in futuro, speriamo di no, bisognerà forse sentire due o tre opinioni differenti e poi decidere con calma”.
Sei già salito su una moto?
“No, non ancora. Ieri, per la prima volta, ho fatto mezz’ora con la bici da corsa: sto seguendo quello che i medici mi dicono di fare. La visita di inizio febbraio è stata positiva, abbiamo iniziato ad intensificare il recupero, cominciando a muovere muscoli che non uso da tanto tempo. Come ho detto, a metà marzo farò un’altra visita e poi vedremo: quando avrò il via libera dai medici, avrò bisogno di un po’ di tempo per recuperare una condizione accettabile per guidare una MotoGP”.
Qual è la mobilità del braccio?
“Buona, ma ho pochissima forza. Sto facendo un po’ di pesi, ma non sollevo più di 1 o 2 kg: i medici hanno pianificato così”.
Percentualmente a che livello sei?
“Non lo so: diciamo al 20%”
Qual è la situazione del nervo radiale?
“E’ sempre stata buona, non ho mai avuto problemi al nervo”.
Perché hai aspettato fino a dicembre per fare la terza operazione?
“Perché i medici hanno detto di fare così”.
Mentalmente, quanto è stato difficile e complicato questo recupero?
“Fisicamente è stata dura, ma anche mentalmente, specie tra settembre e ottobre, quando non c’erano miglioramenti a causa dell’infezione. Noi facevamo tutti gli esami, i controlli, ma tutti gli esiti erano negativi, perché l’infezione era molto debole. Ma allo stesso tempo, però, l’osso non poteva saldarsi bene. I dottori mi dicevano di aspettare, ma passavano i giorni, le settimane e non c’era miglioramento. Anche in ospedale, dopo la terza operazione, è stata dura, ma adesso va meglio”.
Hai mai pensato di smettere?
“No”.
Quando tornerai in pista vedremo il solito Marquez?
“Intanto, tornerò in pista solo quando i medici mi diranno che un’eventuale caduta non sarà un problema per il braccio: non puoi pilotare pensando di farti male per una scivolata… poi sarà un processo graduale: il primo obiettivo è tornare a divertirsi, poi ritrovare la velocità e tornare il Marquez di prima. Non so quanto ci metterò: la Honda nel 2020 mi ha rispettato molto, mi ha dato una grande tranquillità. Quando abbiamo firmato il contratto di quattro anni, l’obiettivo era provare a vincere quattro titoli; se non sarà possibile proveremo a conquistarne tre”.
Mir, però, ha detto che sei tu il favorito per il titolo…
“Fa piacere che gli avversari pensino così, ma visto quello che è successo nel 2020 sono tanti i candidati. Mir è il campione del mondo, è lui che deve difendere il titolo: oggi non è il mio problema essere il favorito.
Il Dottor Costa ha detto di essere stato un po’ deluso per non essere stato contattato?
“Ho un’ottima relazione con il Dottor Costa e grande considerazione per quello che ha fatto per il motociclismo, ma durante questi mesi in tanti hanno fatto delle speculazioni senza sapere la reale situazione. Costa, per esempio, diceva che bisognava mettere un chiodo invece della placca, ma non era possibile per interventi precedenti fatti alla spalla. Il dottor Mir e la sua squadra hanno fatto bene l’operazione, lo sbaglio è stato forzare. Poi c’è stata l’infezione e dopo di lì abbiamo deciso che per la mia testa e per il mio braccio sarebbe stato meglio operarsi a Madrid. Ma Mir rimane il mio dottore di fiducia, uno che ha fatto grandi cose per me."