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Può sembrare assurdo dover parlare di qualcosa che non va ancora perfettamente bene in MotoGP quando stiamo vivendo uno dei campionati più spettacolari e combattuti degli ultimi anni, con tre Case Costruttrici importanti in lotta per il mondale, una classifica cortissima a sei GP dalla fine che vede cinque piloti – Dovizioso, Marquez, Vinalez, Rossi e Pedrosa – racchiusi in 35 punti e delle gare combattutissime nelle quali il vincitore rimane incerto fino all’ultimo metro prima della bandiera a scacchi.
Eppure qualcosa non va ancora perfettamente bene e rischia di togliere un po’ di spessore all’aspetto tecnico ed agonistico che, invece, dovrebbe avere un ruolo assolutamente predominante in questo sport dove conta l’abbinamento e l’affiatamento dell’uomo con il suo mezzo meccanico.
Mi riferisco alle gomme. Da molti anni in MotoGP è stata adottata la formula della fornitura unica di pneumatici; nel 2016 la giapponese Bridgestone che era stata dalla stagione 2009 il primo fornitore unico, ha lasciato il posto alla francese Michelin dopo che questi due colossi erano stati protagonisti-antagonisti con i loro pneumatici nei primi anni dell’era MotoGP dei motori a 4 tempi.
La Bridgestone aveva raggiunto un livello tecnologico con i suoi pneumatici da Gran Premio talmente elevato e l’apprezzamento era così generalizzato che nei 6 anni della sua mono-fornitura di gomme si era parlato davvero poco. Bridgestone è risultata superlativa in due aspetti fondamentali: era riuscita a seguire lo sviluppo tecnologico di tutte le Case Costruttrici portando ad un costante abbassamento dei tempi sul giro, ed aveva soddisfatto gli stili di guida diversi dei vari campioni impegnati in MotoGP. Basti questo esempio a spiegare quanto erano progredite le prestazioni, esempio che prende in considerazione il circuito del Mugello, una della piste che è cambiata meno in tutti questi anni. Il GP d’Italia del 2008 lo ha vinto Rossi su Yamaha completando i 23 giri di gara in 42’31,153”; Il giro veloce lo ha ottenuto Stoner con la Ducati in 1’50,003”, mentre è stato Rossi a stabilire con la sua pole il record della pista in 1’48,130”. Il GP d’Italia del 2015, invece, lo ha vinto Lorenzo ancora su Yamaha compiendo i 23 giri di gara in 41’39,173”. Il giro veloce in gara è stato fatto da Marquez con la Honda in 1’47,654” e la pole è stata ottenuta da Iannone con la Ducati in 1’46,489”. Poco meno di un minuto di guadagno nel tempo di gara in sette stagioni, quindi, e due secondi circa di abbassamento dei tempi sul giro: un’enormità.
Il ritorno della Michelin, quindi, è avvenuto in un momento in cui la tecnologia di queste moto era progredita davvero un bel po’. Il costruttore di pneumatici francese si è trovato a dover soddisfare richieste molto più puntuali di un tempo da parte dei piloti, soprattutto per quanto riguarda la fase di ingresso e la prima parte della percorrenza di curva. Nonostante i test condotti per tutto il 2015, un anno prima del ritorno, quindi, all’avvio del Campionato 2016 le Michelin non erano a posto e tutta la passata stagione è stata caratterizzata da molte cadute e lamentele. Il problema principale era rappresentato dalla gomma anteriore che è parsa in difficoltà a sostenere i poderosi ingressi di curva che potevano permettersi queste moto e questi piloti. La Michelin non si è persa d’animo, ha lavorato sodo ed ha risolto la maggior parte dei problemi di prestazione. Da qualche gara, quest’anno anche i tempi sul giro sono tornati a calare, almeno in qualche pista, o comunque risultano vicini a quelli della stagione 2015. Dalla gara del Mugello dello scorso 3 giugno Michelin è riuscita a trovare una carcassa per la gomma anteriore che lavora bene per la maggior parte dei piloti ed ha potuto concentrarsi nella messa a punto delle mescole più adatte per i vari circuiti. La situazione è molto migliorata, quindi, ma restano ancora alcuni problemi da risolvere ed è doveroso che il lavoro continui perché altrimenti si rischia che le gomme risultino determinanti nello stabilire la classifica delle gare e del Campionato.
Si rischia che le gomme risultino determinanti nello stabilire la classifica delle gare e del Campionato.
Innanzitutto il “range” di temperatura ambientale che permette alla gomma di dare il meglio per le Michelin attuali è estremamente ridotto; questo rende spesso vano a piloti e team provare ad evolvere la messa punto il venerdì ed il sabato. Ci si trova la domenica pomeriggio con ancora troppi dubbi riguardo al grado di conoscenza degli pneumatici a disposizione.
Il pneumatico posteriore, inoltre, ha mostrato spesso durante i GP di questa stagione di essere al limite nella sua capacità di sostenere le prestazioni di queste moto per l’intero arco di gara. Michelin non è ancora riuscita a trovare un compromesso costruttivo che consenta ottime prestazioni e durata sufficiente a queste MotoGP, così alcune gare si sono trasformate in una sorta di lotta tra chi sapeva essere più dolce nel gestire l’usura degli pneumatici più che l’espressione di chi sapeva andare più forte.
Si è troppe volte avuta l’impressione, poi, che siano le gomme l’elemento che limita le prestazioni di moto e pilota, così si continua a vedere Marquez a terra una o due volte durante i turni di prove mentre cerca di capire se può entrare in curva forte come sa fare e qualche volta la classifica di gara ha visto piloti di secondo piano avvicinare le posizioni dei top rider.
In molti week-end di gara le differenti opzioni a disposizione dei piloti – soffice, media, dura – hanno dimostrato di avere prestazioni molto simili sia in termini di tempo sul giro, sia in termini di durata in gara. Anche nell’ultimo GP di Gran Bretagna, ad esempio, Vinales e Rossi hanno chiuso la gara al secondo e terzo posto girando sempre molto vicini pur con una scelta di gomma posteriore opposta: soffice per lo spagnolo, dura per il campione italiano. Anche questo aspetto limita l’efficacia del lavoro al box, se non altro perché il rischio è di dedicarlo, inutilmente, alla scelta della gomma più che allo sviluppo della messa a punto per la gara.
Alcune volte, infine, due pneumatici dello stesso tipo hanno fornito prestazioni diverse, segno che la qualità costruttiva per i volumi di produzione che richiede la mono-fornitura del Campionato MotoGP non è ancora stata ottimizzata completamente.
Lavoro non facile quello del gommista in MotoGP, insomma…
A questo punto, però, avendo stabilizzato lo sviluppo delle carcasse anteriori e posteriori almeno per questa stagione, la situazione potrebbe decisamente migliorare se le mescole venissero scelte seguendo tre obiettivi precisi. La gomma soffice dovrebbe essere dedicata alla prestazione sul giro: non una vera gomma da tempo, ma una gomma pensata per poter dare prestazioni di grip eccellenti per pochi giri. Una mescola importante da avere per le prestazioni in qualifica, ma anche per sostenere le prestazioni dei piloti e delle moto meno competitivi. La mescola media dovrebbe essere pensata per risultare il compromesso migliore in termini di prestazione e durata in gara: la scelta da consigliare per la gara ai piloti e ai tecnici dei team. La mescola dura dovrebbe essere sviluppata focalizzandosi sulla sua capacità di durare per l’intero arco di gara, anche in condizioni climatiche che si dovessero rivelare più critiche in termini di temperatura rispetto alle previsioni. La tecnologia multi-mescola, infine, non dovrebbe essere utilizzata per fornire una gomma dura con un compound all’estremità del battistrada più soffice di quello della gomma media, come successo, alla ricerca del compromesso migliore in termini di prestazione, ma si dovrebbe combinare i compound utilizzati per le varie zone del battistrada seguendo sempre la scala del soffice, medio e duro così da semplificare il lavoro a team e piloti al box.
Questa situazione, però, un risultato positivo per noi italiani l’ha prodotto: Andrea Dovizioso e la Ducati con la quarta vittoria stagionale ottenuta a Silverstone, hanno dimostrato di essere il team che ha saputo meglio interpretare e sfruttare, almeno fino a questo momento, le complesse gomme Michelin di questa stagione tanto da essere in testa al mondiale e da candidarsi autorevolmente al titolo di Campione 2017.
Giulio Bernardelle