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Piste affascianti, piste storiche, piste appena costruite, piste poco significative: negli ultimi 25 anni sono tanti i tracciati sui quali si è corso e che poi, per diversi motivi, sono stati tolti dal calendario.
Da quando io seguo il motomondiale a tempo pieno - dal 1995, ma ho iniziato nel 1992 - sono 19 i circuiti dove non si corre più, sostituiti con altri autodromi. Più belli, più brutti, più funzionali, più moderni, o semplicemente più ricchi e più interessanti economicamente.
Proviamo a costruire un calendario alternativo a quello ufficiale: solo un gioco, un pretesto per raccontare circuiti dove da tempo non si vede più il motomondiale. Con una premessa: questo non è un pezzo storico, ma basato sui ricordi: ci potrebbero essere degli errori di memoria (anzi, ci saranno sicuramente.)… E l’ordine segue quello cronologico dei diversi anni, non è una classifica del più bello, o difficile, o chissà cos’altro.
Un tracciato bello, sinistroso, di circa 4 chilometri, situato alla periferia di Sidney. Una pista meno affasciante di Phillip Island, ma comunque tecnica, impegnativa, selettiva, con un curvone (il primo), veloce. Non si corre più lì perché l’organizzatore australiano ha preferito Phillip Island, sicuramente più adatto alle moto, dove si corre continuativamente dal 1997 (prima le due piste si alternavano).
Il ricordo. Due, entrambi del 1996: in 250, Max Biaggi e Ralf Waldmann si giocano il titolo mondiale: Max con l’Aprilia, Ralf con la Honda. Il campione italiano è reduce da una brutta gara in Brasile, dove il tedesco è secondo, battuto da Jacque. Ma Max è nettamente più forte, domina il GP d’Australia e conquista il terzo titolo consecutivo con la Casa di Noale.
Poi scende in pista la 500: Mick Doohan e Alex Criville, compagni di squadra alla HRC, monopolizzano il GP, come peraltro era successo spesso durante la stagione; all’ultimo giro, Criville tenta un attacco impossibile, sbaglia la frenata e centra Doohan. Così vince Loris Capirossi, al suo primo successo in 500 con la Yamaha del team Rainey.
Prima di Sepang, il motomondiale corre a Shah Alam, pista decisamente tortuosa e più piccola e corta rispetto a quella maestosa dove si corre dal 1999. Per anni, il GP della Malesia apre la stagione, su un asfalto spesso sporco per il poco utilizzo e non in grandi condizioni. Oggi sarebbe impossibile correre lì, ma negli anni quel GP ha offerto gare strepitose.
Il ricordo. Due, anche in questo caso. Uno sempre del 1996: dopo anni con la Yamaha, il “nostro” Luca Cadalora decide di passare alla Honda con Erv Kanemoto, in un team privato con pochissimi mezzi e, perlomeno inizialmente, nessuno sponsor. Ma Luca è determinato e il debutto è strepitoso: vittoria in solitario a Shah Alam. A pensarci, ancora oggi mi emoziono.
L’altro ricordo è del 1997: nonostante tre titoli consecutivi, a fine ’96 Max Biaggi viene licenziato dall’Aprilia. Il campione romano passa alla Honda, per tutto l’inverno sembra in grande difficoltà: molto più lento di Tetsuya Harada con l’Aprilia. Shah Alam, però, è casa Biaggi, che vince dominando con grande distacco su Harada: un successo strepitoso, preludio del quarto titolo iridato. Indimenticabile.
Una delle piste più belle in assoluto: tecnica, difficile, completa, lunga, affascinante, ricca di storia. Oltre tutto, situata in un contesto unico, all’interno di un parco divertimenti per famiglie. Un angolo di Giappone straordinario, una atmosfera unica: impossibile da raccontare. Un GP meraviglioso per tanti aspetti, un tuffo in una cultura completamente differente da quella occidentale, un tracciato bellissimo. Ma troppo pericoloso: Daijiro Kato perde la vita nel 2003 per un inconveniente tecnico (la sua Honda rimane accelerata) ma anche perché i muri e i guard rail sono troppo vicini all’asfalto. Per questo non si corre più a Suzuka, ma nel più sicuro - e anonimo - Motegi.
Il ricordo. Tantissimi. Ma uno su tutti, ancora una volta con Max Biaggi protagonista: pole, vittoria e giro veloce al debutto in 500 con la Honda. Una delle più grandi imprese del motociclismo moderno.
Una pista sicura anche per le moderne MotoGP, ma piuttosto anonima: nulla a che fare con il vecchio Nurburgring di 20,8 km. Oltretutto, un circuito che non ha mai richiamato tanti appassionati, perlomeno nelle moto: non ha lasciato una traccia importante, poi sostituito dal 1998 dal Sachsenring, dove invece c’è sempre un sacco di pubblico. Sinceramente, non manca in calendario.
Il ricordo. Incredibilmente nessuno: non mi viene in mente nulla di memorabile. Adesso, però, vado a vere i “libroni” per vedere se salta fuori qualcosa…
Ecco una pista che mi manca, molto particolare: velocissima nella prima parte, lenta in quella conclusiva. Un tracciato sul quale si è corso fino al 2009, poi la Dorna e l’organizzatore inglese hanno deciso di sostituirlo con il più moderno Silverstone, sicuramente affascinante e spettacolare. Ma Donington aveva un suo “perché”, piaceva molto ai piloti, con caratteristiche che contribuivano a rendere le gare incerte e spesso spettacolari. Ancora oggi, ci starebbe bene in calendario.
Il ricordo. 1993: Luca Cadalora, dopo tante gare difficili, conquista il suo primo GP in 500, ignorando anche gli ordini di squadra che gli “imponevano” di far passare il compagno di squadra Wayne Rainey, in lotta per il titolo. Di questo GP ne hanno anche parlato Luca e Nico (Cereghini) nella diretta su Rainey. 1997: Valentino Rossi trionfa con l’Aprilia 125 e si avvia a conquistare il primo titolo iridato (nella gara successiva). Sale sul podio “mascherato” da Robin Hood, in uno dei tanti travestimenti che hanno contribuito a creare il mito di Rossi.
Un altro tracciato che ha fatto la storia del motomondiale: bello, ma con un asfalto quasi sempre in pessime condizioni, dove ogni volta che si andava a correre c’era quasi sempre un problema, o del sistema di cronometraggio, o elettricità o di qualsiasi altro tipo. Ma era una pista interessante, dove si andava volentieri: è stata tolta dal calendario per motivi economici nel 2005.
Il ricordo. 1999: a Valentino Rossi basta un piazzamento per conquistare il titolo della 250, il secondo della carriera. Ma Valentino non è uno che si accontenta, vince battendo Ukawa e Capirossi, al termine di un GP avvincente. E che festa, poi…
Prima di andare a Termas de Rio Honda, il motomondiale correva a Buenos Aires, in una pista non adatta alle moderne MotoGP, ma interessante e con alcuni punti non facili da interpretare. Ultima gara disputata: 1999
Il ricordo. Indelebile, quello del 1998, con lo scontro finale tra Loris Capirossi e Tesuya Harada, compagni di squadra all’Aprilia e in lotta per il titolo mondiale. I due, se non ricordo male, erano separati da due punti: chi arriva davanti, conquista il titolo. Quell’anno, l’Aprilia non ha avversari e in squadra c’è anche Valentino Rossi, al debutto in 250. Rossi va in testa, scappa, prende margine: il modo migliore per non intromettersi nella sfida per il titolo. Capirossi e Harada fanno gara insieme e l’ultimo giro inizia con Tesuya con un piccolo margine su Loris. Si arriva all’ultima cura, il giapponese ha ormai in mano il mondiale, ma il rivale italiano decide di passare comunque, “dimenticandosi" di frenare: centra Harada, che finisce a terra, mentre lui è secondo al traguardo e campione del mondo tra polemiche infinite.
Una pista velocissima, con lunghissimi rettilinei e il “Motodrom” finale, con cinque curve in poche centinaia di metri. Per certi versi affascinante.
Il ricordo. Ancora non lavoravo nel motomondiale, ma l’ultimo giro tra Rainey e Schwantz nel 1991, con il sorpasso finale di Kevin all’ingresso del Motodron, con la Suzuki a bandiera a destra e sinistra fa parte della memoria indelebile di ogni appassionato di moto.
Per questa prima puntata è tutto. Martedì 29 dicembre troverete online la seconda parte del racconto, che si concluderà giovedì 31 dicembre con la terza e ultima parte