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Open, ovvero croce e delizia del Motomondiale 2014. Croce dei piloti ufficiali, che se le trovano ad affollare le prove ufficiali, e spesso ne complicano le rimonte, delizia di chi voleva griglie più lunghe e dei team privati. Vincolati fino a ieri a quegli esperimenti raffazzonati (con una sola, notevole, eccezione) delle CRT, piloti e proprietari di team ora dispongono di mezzi ben più competitivi, anche se non tutti allo stesso modo; vi basta guardare in faccia dopo una qualunque sessione di un Gran Premio Aleix Espargaro e Nicky Hayden per avere immediatamente la misura della competitività dei rispettivi mezzi.
A differenza di altri esperimenti però la Open “è qui e ci resterà”, come amano dire gli anglofoni. Ed è inevitabile quindi che dopo le polemiche iniziali – nate dalle diverse interpretazioni dello spirito della categoria effettuate da Honda e Yamaha, ma anche dal tentativo di blitz Ducati – il lavoro di chiunque sia interessato alle Open converga verso un’unica direzione. Che possiamo sintetizzare in moto più vicine alle ufficiali nel motore, ma con ogni probabilità più libere nella ciclistica; se vogliamo, un’inversione tecnica ma una certa somiglianza filosofica con quello che ha proposto (male) la CRT a suo tempo.
E’ stata Yamaha la prima a creare scompiglio fra le Open, offrendo al team Forward quelle che di fatto sono le M1 ufficiali dell’anno passato in configurazione open, con serbatoio maggiorato ed elettronica con software ufficiale Dorna. Una mossa che ha fatto arrabbiare non poco Honda, la quale più volte per bocca di Shuhei Nakamoto e Livio Suppo ha lamentato la violazione dello spirito del regolamento Open, ma nata quasi per necessità dal momento che la sua proposta iniziale – fornire i soli motori da inserire in ciclistiche sviluppate allo scopo – non ha riscontrato il minimo interesse.
Dando modo a team (e quindi di riflesso ai telaisti) di lavorare con il riferimento del telaio ufficiale per prendere spunto, Yamaha ha preso due piccioni con una fava. Ha reso immediatamente competitivi i team che l’hanno scelta ma soprattutto li ha messi in grado di lavorare per il futuro prendendo le misure a motore ed elettronica, lasciandoli liberi di sviluppare una ciclistica secondo le loro esigenze. E non va sottovalutato neanche il beneficio collaterale di fare indirettamente esperienza sul comportamento dei loro motori e delle ciclistiche con il software unico.
Il futuro, come ha anticipato Giovanni Cuzari (patron del team Forward Racing) passa infatti per lo sviluppo di ciclistiche diverse da quella ufficiale, perché Yamaha già dal 2015 smetterà di fornire telaio e forcellone assieme al motore. La compagine italo-svizzera porterà in gara già al Mugello un nuovo telaio sviluppato internamente (ma presumibilmente prodotto dal partner FTR) con Edwards, lasciando ad Espargaro la possibilità di provarlo solo successivamente. Decisione sensata: Aleix sta andando fortissimo, inutile cambiargli la moto sotto il sedere prima del tempo; Colin, al contrario, con la M1 Open si trova piuttosto male soprattutto nei cambi di direzione ed oltre a dare il suo contributo nello sviluppo potrebbe vedere un miglioramento nei suoi risultati.
E’ inutile girarci attorno, la tanto attesa Production Racer RCV1000R è stata la vera delusione dell’anno. Attesa da tutti come la salvezza dei team privati, sulla scorta di ambiziose dichiarazioni di Nakamoto (che aveva indicato in tre decimi al giro il distacco dalla RCV213R sulla pista di Motegi) a molti ha invece poi ricordato un’altra moto da Gran Premio Honda del passato: la RS500 a tre cilindri su cui l’obiettivo, a metà anni 80, era evitare il doppiaggio dalle V4 ufficiali.
I primi Gran Premi hanno evidenziato una ciclistica già bene a punto – soprattutto dopo gli upgrades effettuati da molte squadre rispetto alla dotazione di serie – ma un propulsore fortemente carente in potenza massima. A Tokyo la situazione non è certo andata giù, anche perché la maggior parte dei team ha mostrato apertamente il proprio disappunto, arrivando a Nicky Hayden che ha definito la competitività della RCV1000R parafrasando un antico proverbio statunitense (“mai presentarsi armati di un coltello ad una sparatoria”).
L’indiziata fondamentale in questa carenza prestazionale è la distribuzione – tradizionale e non pneumatica come ormai consuetudine sulle MotoGP – che limiterebbe il massimo regime raggiungibile. Honda pare aver scelto questa strada per contenere i costi, non tanto della distribuzione quanto dei propulsori stessi: regimi più elevati richiederebbero motori più raffinati nella costruzione e più robusti, dunque più costosi da produrre e manutenere. Questo dovrebbe essere il motivo per cui nessuno, finora, si è rivolto alle soluzioni aftermarket che avrebbero potuto permettere l'implementazione della distribuzione pneumatica su moto che originariamente non ne sono dotate.
La soluzione arriverà nel 2015, quando debutterà una nuova RCV1000R con propulsore più potente e, appunto, distribuzione a comando pneumatico. Ma tanto per dare un contentino e allo stesso tempo una motivazione ai piloti - e per iniziare lo sviluppo in vista del 2016, quando tutti dovranno utilizzare il software unico fornito da Dorna – a Motegi Honda premierà il meglio piazzato dei piloti su RCV1000R con una RC213V in configurazione Open, assieme ai tecnici HRC necessari per assistere al meglio il fortunato che potrà godere della moto “semiufficiale” da lì fino alla fine del campionato.
E’ facile notare come le strategie delle Case stiano in qualche moto convergendo verso un obiettivo comune: mettere a disposizione dei privati un pacchetto motore da integrare con una ciclistica di loro scelta. Poco conta infatti che Honda offra la RCV1000R come moto completa, visto che come avviene per le NSF250 Moto3 il pacchetto base è decisamente sottodimensionato rispetto alle esigenze del Mondiale. Diverso sarebbe il discorso nel momento in cui la categoria Open un giorno si espandesse ai campionati nazionali, ma al momento la RCV1000R è il corrispondente odierno della gloriosa RS125 di fine anni 80: competitiva, si, ma dopo aver almeno cambiato i cerchi a raggi di cui era dotata.
Resta da capire quale sarà la strategia scelta da Ducati, Suzuki ed Aprilia (che rientrerà nel 2016). La Casa di Borgo Panigale schiera già tre moto Factory con deroghe ed una Open, quella di Hernandez; è però facile immaginare come l’arrivo della moto 2015 – quella tutta nuova, su cui stanno lavorando Gigi Dall’Igna e il suo team – possa resettare tutto. Le Desmosedici 2014 difficilmente rivestiranno grande appeal sul mercato delle Open, e per Ducati sarebbe un’impresa titanica realizzare mezzi, o anche solo motori, riservati ai privati per l’uso in Open sulla base di una moto appena nata in tempo per l'avvio del Mondiale 2015.
Suzuki ed Aprilia, invece, partiranno in relativo vantaggio. La Casa di Hamamatsu debutterà con le stesse deroghe concesse a Ducati (salvo ulteriori retromarce regolamentari) e si troverà quindi fra le mani una vera e propria Open ufficiale, pronta da rivendere l’anno successivo se vi fosse interesse da parte dei team privati. Stesso discorso per il reparto corse di Noale, che entrando nel 2016 con una moto che non avrà nulla in comune con l’attuale ART, lavorerà direttamente con regolamento a software unico. Aprilia potrebbe quindi facilmente produrre un buon numero di moto clienti con poca fatica e rinforzare così la propria posizione.