MotoGP. Poncharal: “Si correrà in Spagna all’85%”

MotoGP. Poncharal: “Si correrà in Spagna all’85%”
Il proprietario del team Tech3 e presidente dell’Irta è ottimista: “Credo che non ci siano ragioni per non riuscire a correre, specie con il protocollo sanitario che sta mettendo a punto Dorna”. Hervé parla anche di KTM (naturalmente), di Dovizioso, di Quartararò, di Zarco e...
25 maggio 2020

Hervé Poncharal, proprietario del team Tech3 e presidente dell’Irta (l’associazione delle squadre), è stato ospite alla trasmissione “MotoGP Round Table”, sull’omonimo canale YouTube, condotta da Franco Bobbiese, con Mat Oxley (Gran Bretagna), Michel Turco (Francia), Manuel Pecino (Spagna, pecinogp.com) e Giovanni Zamagni (Moto.it). Ecco cosa ha detto Poncharal.

“La situazione sta migliorando, c’è la speranza che l’intenzione di fare due gare a Jerez il 19 e il 26 luglio diventi ufficiale. Siamo pronti per tornare in pista”.

Da 0 a 10, quanto “quoti” la possibilità di correre in Spagna a luglio?
“Se mi aveste fatto questa domanda venerdì, avrei detto “6”; oggi sono più ottimista e dico “8,5. I Paesi stanno tornando a organizzare eventi sportivi, come il campionato di calcio: credo che non ci siano ragioni perché non possiamo correre, specie con il protocollo sanitario che stiamo mettendo a punto con Dorna”.

Quando verrà fatto il test pre campionato?
“Si sta pensando a mercoledì 15 luglio. Si sta valutando  a un formato tipo quello del venerdì, con una sessione al mattino e una al pomeriggio: per la MotoGP si sta parlando di sessioni da 90 minuti. Questa al momento è solo un’idea, ma sicuramente, per una questione di sicurezza, ci sarà il test prima del 19 luglio”. 

Dorna vi ha chiesto di ridurre il numero delle persone ai GP a 25: devi riorganizzare la squadra?
“Si è arrivati a questo numero dopo una consultazione all’interno dell’IRTA tra tutte le squadre della MotoGP: fin dall’inizio, l’obiettivo è stato quello di mantenere lo spettacolo precedente. Tutti siamo d’accordo che 25 persone è il numero sufficiente dal punto di vista tecnico, mentre le squadre ufficiali arriveranno fino a 40, perché comprendono anche gli ingegneri e i tecnici che lavorano anche per i team satelliti. Posso assicurare gli appassionati, che lo spettacolo sarà lo stesso di prima, che non ci saranno mancane tecniche di nessun tipo”.

Ci puoi dire quanto è migliorata la KTM nel 2019 e credi sarà possibile stare costantemente nei primi 6/7 nel 2020?
“Prima di rispondere a questa domanda, voglio evidenziare come sia importante avere sei costruttori differenti in MotoGP, tre giapponesi e tre europei. Noi siamo più piccoli dei giapponesi, non sempre è facile essere alla loro altezza. KTM è andata molto bene durante i test invernali, ma c’erano sei costruttori e 18 piloti in un secondo, ma sappiamo anche come in gara i valori siano differenti. Noi crediamo che ci sia la possibilità per la KTM di stare nei dieci, ma non sarà semplice considerato il livello attuale in MotoGP. Credo che KTM abbia un pacchetto competitivo: abbiamo fatto un grande passo in avanti a livello ciclistico e, soprattutto nel motore e nella gestione elettronica. Non sappiamo se sarà sufficiente per stare con i migliori ed è sempre una combinazione tra moto e pilota”.

Puoi specificare più nel dettaglio come la moto è stata sviluppata per il 2020?
“Il progetto KTM è ancora molto giovane: fino al 2018 aveva solo due moto e due piloti, con pochi dati a disposizione. Adesso, con quattro piloti più Dani Pedrosa si può sviluppare meglio la moto, renderla più “facile” e gestibile; a volte, abbiamo visto grandi tempi in qualifica di Pol Espargaro, ma in gara è sempre stato complicato replicare certe prestazioni. Ecco perché ci vuole una moto più “facile” in gara: tutto è stato sviluppato per questo”.

KTM che ripercussioni avrà sul congelamento tecnico fino al 2022?
“E stata una decisione unanime di tutti i costruttori: era un compromesso necessario da adottare. C’erano dei piani di sviluppo per KTM per la seconda metà del 2020 e per il 2021, ma poco importa: bisognava sopravvivere a una situazione economica difficilissima”.

Nel 2012 hai lavorato con Andrea Dovizioso; ci sono delle voci su Dovi in KTM: credi potrebbe essere la scelta giusta?
“Sono da tantissimi anni in questo ambiente: Dovi è uno dei migliori con cui abbia mai lavorato, sotto tutti i punti di vista, umano e tecnico. E’ uno dei più intelligenti nella gestione delle gare, è tre volte vice campione del mondo: grande rispetto per lui. Ma credo che la strategia di KTM sia rinnovare il contratto ai quattro piloti attuali: solo in caso di problemi con uno dei quattro, ci sarebbe posto per Andrea”.

Cosa pensi di Quartaro ed è possibile fare un paragone con Zarco quando era in Yamaha con te?
“Ho lavorato 20 anni consecutivi con Yamaha vincendo il titolo 250 nel 2000, per poi passare in MotoGP nel 2001. Abbiamo passato grandi anni insieme e li devo ringraziare. Quartararo è il miglior talento che abbiamo in Francia da molto tempo a questa parte: non so come sarà il futuro, ma sembra pronto per un 2020, 2021 e 2022 incredibile. Rispetto a Zarco, Fabio è arrivato in MotoGP più giovane, a 20 anni invece che a 25, ma l’inizio è stato simile: entrambi sono andati più forte di qualsiasi previsione. Penso anche che adesso la Yamaha sia più coinvolta nel team satellite rispetto a prima: adesso, l’obiettivo per tutti è avere sei costruttori con quattro moto ufficiali. Questo è un aiuto per le squadre satellite, possiamo discutere con le Case da una posizione di forza maggiore. Credo che Fabio sia uno dei piloti che potrà giocarsi delle vittorie e anche il titolo nel 2020”.
 

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Hai lavorato con tanti piloti: chi è quello con più talento? E quale è stato il più difficile da gestire?
“Difficile dire che aveva più talento. Sicuramente Oliveir Jacque era un pilota molto talentoso, ma parlando di MotoGP devo dire che Ben Spies era incredibile: ricordo ancora adesso il suo primo giro su una MotoGP. Per me è stato un vero peccato che non sia riuscito ad avere una grande carriera nel nostro campionato. Ma anche Johann Zarco ci ha fatto vedere qualcosa di straordinario al debutto a Valencia: dimostrò un grande spirito di adattamento. Uno dei più difficili è stato anche uno die più talentosi: John Kocinski. Con lui era impossibile avere una vera e propria relazione umana, ma quanto faceva in pista credo sia simile a quello che oggi i tecnici della HRC possono vedere leggendo i dati di Marc Marquez. Kocinski è probabilmente il più grande talento tra i piloti che ho visto io”.

Credi che questa situazione debba portare a un cambiamento dei team della Moto3 e della Moto2, con regole più simili alla MotoGP?
“Per tutti quelli che lavorano nel motomondiale è chiarissimo che Moto3 e Moto2 sono parte fondamentale del campionato: al 99,99% avremo sempre un campionato con queste tre categorie. In MotoGP, tutti i team hanno un accordo di cinque anni con la Dorna, quindi non deve essere fatta una selezione al termine di ogni campionato: è differente in Moto3 e in Moto2. Stiamo cercando di allungare anche i contratti delle squadre di Moto3 e Moto2 a più anni, cercando di renderli più simile a quelli delle squadre di MotoGP, rendendo ogni classe più professionale”.

Dopo questa situazione, credi si cambierà qualcosa nel formato della MotoGP, magari riducendo a due i giorni in pista - solo sabato e domenica, eliminando il venerdì -, o adottando altre soluzioni?
“E’ chiaro che dovremo adattarci, ma ancora non conosciamo quale sarà la situazione economica. Sicuramente, il 2020, il 2021 e il 2022 almeno saranno difficilissimi, con meno disponibilità economica per tutti. Si è parlato di tante soluzioni, come quella di avere una sola moto nel box, ma era una soluzione secondo me senza senso, con pochissimo risparmio sotto tutti i punti di vista. E noi vogliamo piloti che spingono al massimo, non che si risparmiano per la paura di non avere una moto al box… Anche ridurre i giorni in pista ha poco senso, si risparmierebbe solo una notte in hotel, ma avresti anche un giorno in meno di visibilità… Ma è chiaro che bisogna lavorare per trovare una soluzione per rendere il campionato meno costoso”.

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