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BRNO – La vigilia del GP della Rep.Ceca parte da quanto accaduto in Austria: «Avevate ragione, Iannone ha corso con la gomma più morbida al posteriore» fa ammenda Valentino Rossi, che dopo il GP non aveva creduto che Andrea avesse fatto quella scelta.
«Iannone l’ha deciso sulla griglia, noi non lo sapevamo, ma noi, in ogni caso, non avremmo potuto montarla, perché si consumava troppo. In Austria le Ducati, oltre a essere molto veloci in rettilineo, erano anche quelle più gentili con le gomme e Andrea ha potuto prendere questo rischio: è stato coraggioso».
Viste la loro competitività, le due Ducati possono diventare un po’ “gli arbitri” del 2016, togliendo punti a questo o quel pilota in lotta per il titolo?
«Direi di sì. Ma anche Vinales e Pedrosa, che in questo momento non sembra tanto brillante, ma può diventare competitivo tra una gara e l’altra. E’ un campionato bellissimo, perché ci sono 7 piloti che vanno molto forte, con quattro moto differenti: bisogna cercare sempre di andare forte e di non sbagliare, perché tra vincere e fare sesto è un attimo, possono ballare tanti punti. Credo che questo GP ci può dire come andranno le Ducati, se possono essere sempre davanti sempre oppure no».
A questo equilibrio, aggiungo anche che dopo 10 GP ci sono già stati cinque vincitori differenti: circostanze, o cosa?
«Era da una vita che vincevamo sempre gli stessi e ad Assen Miller ha interrotto l’incantesimo… Poi è arrivata la vittoria di Iannone: credo che il livellamento di quattro moto differenti sia dovuta in gran parte all’elettronica: la centralina unica non ha tolto quello che ci si aspettava come prestazioni, però ha livellato la competitività della moto».
Al di là dei soliti discorsi sui 20 anni dalla prima vittoria, cosa vedi in quel ragazzino che vinse qui nel 1996?
«Mi ricordo bene quel giorno lì: le sensazioni sono simili anche dopo 20 anni. Questo è il bello ed è per questo che continuo ancora a correre. Era stata una giornata fantastica: sono cambiate tante cose, ma lo spirito è lo stesso. Mi ricordo quei momenti, il primo anno di mondiale. Mi ricordo addirittura che dopo la mia vittoria ero andato a vedere la 500 a bordo pista, tutti si fermavano e mi facevano i complimenti: oggi per me sarebbe impossibile fare una cosa così».
Avresti mai pensato di essere ancora qui dopo 20 anni?
«Io non ci ho mai pensato a queste cose, non mi sono mai posto limiti: non è che quando avevo 28 anni dicevo, fra cinque anni smetto. Ho sempre cercato di ragionare sul medio-corto termine: credo sia l’approccio giusto, uno deve fare quello che si sente in quel momento. Anche perché le cose cambiano velocemente».
E’ vero che eri indisciplinato, come ha detto Mauro Noccioli, il tuo capo tecnico di allora?
«Sì. Noi della VR46 ci arrabbiamo sempre con i nostri, con quelli più giovani tipo Bulega, che non si allenano abbastanza, ma se penso a quello che facevo io alla sua età…».
Fenati?
«Abbiamo provato a ricucire il rapporto, ma non è stato possibile. Peccato. Da Silverstone ci sarà Dalla Porta».