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Per la Suzuki quello di Mir è il primo titolo piloti in MotoGP, il settimo nella top class, il sedicesimo assoluto della sua storia. Una storia lunghissima, iniziata con la fondazione nel 1909. Ma solo nel 1960 la casa si affacciò ai GP del mondiale.
Quella prima volta non fu memorabile, come del resto accadde per la Honda. Mica facile. Al Tourist Trophy si presentarono con le Suzuki 125 tre piloti: Toshio Matsumoto, Michio Ichino e Mitsuo Itō, che ovviamente non fecero una gran figura nel confronto con i locali. Ma Suzuki non si arrese: già l’anno dopo allargò l’impegno alle classi 50 e 250, e nel ’62 arrivò il primo, doppio titolo mondiale: costruttori e piloti della classe 50 con il pilota tedesco orientale Ernst Degner; colui che ne approfittò per fuggire in Occidente con i disegni delle MZ a disco rotante, progettate dal famoso Walter Kaaden.
Le piccole Suzuki figlie di quei disegni - le 50 e le 125 mono e bicilindriche a due tempi - hanno conquistato nove titoli mondiali piloti tra il 1962 e il 1970: con Degner (1), Anderson (4), Anscheidt (3) e Dieter Braun (1). E però, centrati parallelamente otto titoli costruttori, alla fine del ’67 la casa giapponese annunciò il suo ritiro. Le moto, che erano ancora competitive, furono affidate ai migliori privati; nel 1971, per dire, un ventenne Barry Sheene fu secondo nel mondiale 125 dietro a Nieto, vincendo anche tre Gran Premi.
Fu nel 1974 che la Suzuki rientrò ufficialmente, con la 500. Il reparto corse fu affidato a quel Mitsuo Ito che al Tourist Trohpy tenacemente era tornato e nel ’63 aveva anche trionfato, unico pilota giapponese della storia. Per inciso, il leggendario Ito è scomparso poco più di un anno fa, è stato una bandiera della Suzuki.
Per la verità le prime RG raffreddate a liquido, a due e quattro cilindri, si erano viste già l’anno prima nelle mani di Mandracci e Findlay, seguiti dall’importatore italiano Saiad di Torino. Ma nel ’74, in coincidenza con l’esordio di Ago sulla Yamaha, Barry Sheene e Jack Findlay corsero per il team ufficiale e con le quattro cilindri RG. Quelle moto erano già potentissime, ma fragili: arrivò subito un podio (con Sheene secondo in Francia) ma per la prima vittoria si dovette aspettare la stagione successiva, quando Tepi Lansivuori e Sheene si fecero valere con pole position e podi fino alla vittoria di Assen (giugno ’75) e poi a quella di Anderstorp in Svezia, entrambe conquistate dall’indimenticabile Barry.
Le RG 500 dei due titoli mondiali di Sheene, 1976 e 1977, non hanno i classici colori bianco azzurri della Suzuki, ma quelli dell’importatore britannico Heron. MV Agusta e Yamaha (che aveva appena conquistato il primo e storico titolo 1975 con Agostini) si erano fatte da parte fornendo materiale ed evoluzione a un team esterno; e la Suzuki fece lo stesso, costruendo e vendendo però, fin dal primo anno, una piccola serie di sessanta RG per i piloti privati. Sheene vinse cinque gare il primo anno - un dominio, sei Suzuki ai primi sei posti della classifica! - e centrò sei successi nel secondo, quando battè Steve Baker con la Yamaha.
Dal 1978, con l’arrivo in Europa del marziano Kenny Roberts e della sua Yamaha, la supremazia Suzuki si interruppe, anche se Barry vinse due volte con la nuova RGA (come Hartog) concludendo il campionato al secondo posto. Per la stagione successiva, 1979, la Suzuki decise di allargare la sua fornitura del materiale ufficiale ad altri due team, l’olandese Riemersma e l’italiano Team Gallina.
Questa è la parte della storia più interessante, per quanto ci riguarda. L’ex pilota Roberto Gallina già nel ’76 aveva creato un bel team in 500 con le
RG standard e Lucchinelli, che subito fece molto bene ma poi cambiò squadra. In Italia si era creata una condizione particolarmente favorevole grazie all’incontro di persone straordinarie: il giapponese Hideyuki Myakawa, i fratelli Bassano, Maurizio Zanetti. Una storia che andrebbe raccontata nei dettagli e un giorno lo farò con i testimoni dell’epoca.
In sintesi, Hideyuki era arrivato in Italia in moto (una Yamaguchi) nel 1960, poco più che ventenne, dopo aver attraversato India e Pakistan; si fermò, mandava foto e corrispondenze a una rivista giapponese, e al salone dell’auto di Torino conobbe Maria Luisa Bassano, la sposò e nel capoluogo piemontese si stabilì. In trent’anni ne fece, di cose: una incredibile famiglia con una decina di figli tra naturali e adottati, la Suzuki Italia con i cognati Bassano, l’Italdesign con Giugiaro e Mantovani, le collaborazioni con Bertone, Pininfarina, Ferrari e infine la splendida azienda agricola La Bulichella di Suvereto in Toscana, dove trasferì la sua tribù.
Se Myakawa trascinò i fratelli Bassano, l’inesauribile Maurizio Zanetti li spinse verso le corse. Il primo pilota di Roberto Gallina con le Suzuki ufficiali fu Virginio Ferrari, vice campione del mondo 1979 con la storica vittoria di Assen e una bella serie di podi. La casa giapponese si portò a casa altri due titoli costruttori.
Dopo la stagione ’80 e il terzo titolo consecutivo di Kenny, finalmente si arrivò ai due titoli mondiali conquistati dal team italiano, anzi spezzino. Prima con Marco nell’81, con sette pole su undici gare e cinque vittorie, e poi, quando Lucky passò sulla Honda tre cilindri, con Franco Uncini che prese il suo posto e vinse altrettanti GP. Questi due titoli ebbero una grande importanza qui da noi, in Italia, perché dopo il ritiro di Ago nel ’78 segnarono la rinascita del nostro motociclismo, piloti e squadre.
Nella prossima puntata il titolo di Kevin Schwantz, quello di Roberts jr, l’ultimo di Joan Mir nell’era della MotoGP.