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Valentino Rossi, sul sito francese di Paddock-GP, ha affrontato il tema dell’affidabilità e della competitività delle Yamaha in MotoGP. Con sette vittorie nel 2020 si potrebbe stare sereni, ma purtroppo la ansie non sono finite: la debolezza delle valvole e i problemi di trazione non fanno dormire tranquilli i piloti della M1.
Il layout del quattro in linea è superato? Certamente no: la Suzuki è arrivata di recente e ha sorpassato la Yamaha vincendo addirittura il titolo mondiale piloti 2020 con Mir e la GSX-RR. Dunque il problema è a Iwata. E Valentino parte da lì.
“Il biennio 2016 e 2017 è stato cruciale per la Yamaha e la M1, perché è lì che abbiamo cominciato ad avere dei problemi. Fino al 2016 la nostra moto è stata molto competitiva e avremmo potuto vincere gare e titoli”.
Poi cosa è accaduto? Secondo Rossi, manca l’ascolto dei leader giapponesi, non c’è il collegamento necessario tra Giappone ed Europa. La Suzuki ha Davide Brivio, la Yamaha in quel ruolo ha Lin Jarvis. E’ una polemica con lui?
“Gli altri sono migliorati - prosegue Valentino nell’intervista - e noi forse meno di loro. Prima del 2020 tutti i costruttori avevano un test team molto attivo, che girava l’Europa con piloti europei come Pirro, Bradl, Pedrosa. Il problema è che Yamaha non aveva una struttura del genere, il lavoro veniva fatto in Giappone dai piloti giapponesi, ma le loro piste non hanno nulla a che fare con le nostre, io ci sono stato e posso dirlo. Oggi occorre assolutamente che il test team lavori con le nostre gomme e sulle nostre piste. Noi abbiamo fatto pressione, abbiamo ottenuto che Lorenzo prendesse questo ruolo (con Galbusera ndr), poi il Covid ha compromesso tutto: una giornata di test in Malesia e il programma si è fermato. E alla fine Lorenzo non era pronto per quell’unica seduta a Portimao”.
A Rossi sarebbe piaciuto avere Andrea Dovizioso come pilota collaudatore, perché è veloce, ha una grande sensibilità e molta esperienza. Ma anche l’inglese gli va bene.
“Crutchlow ha corso fino a quest’anno: se è motivato e lo vuole, può spingere la moto al limite. Ma più del collaudatore - conclude il Dottore - ci vuole un programma serio per il test team. Mentre anche ai tempi di Jonas Folger, quando nessuna pandemia aveva compromesso il lavoro, il test team è stato poco impegnato”.