MotoGP. Valentino Rossi e la "sua" Yamaha M1: parole, immagini ed emozioni

Da quella volta, nel 2004, a Welkom a oggi, tra Covid-19 e anni che passano. "Si è chiuso un capitolo, non il romanzo", ha detto il nove volte Campione del Mondo
23 novembre 2020

Si chiude un capitolo, non tutto il romanzo. Valentino Rossi ieri è stato chiaro al termine dell’ultima gara nel box del Team Yamaha Monster Energy. Il prossimo anno sarà in Petronas e molti degli uomini con cui ha lavorato negli ultimi quindici anni non saranno più con lui. E’ anche consapevole, Valentino Rossi, che il capitolo che si chiude rappresenta, con tutta probabilità, quello delle pagine più belle, più intense, più ricche di soddisfazioni.

Pagine che Valentino Rossi e Yamaha hanno cominciato a scrivere nel 2003, quando era ancora un pilota Honda. Fu Davide Brivio a contattarlo in gran segreto e a proporgli la sfida: “vincere con una moto che in quel momento era tutt’altro che vincente. Ricostruire una storia ed esserne il protagonista”. Prendendo anche 15 milioni di euro a stagione e diventando, all’epoca, lo sportivo italiano più pagato.

Il resto è storia nota: sfida accettata e esordio con il botto in Sudafrica, fissata nei ricordi di tutti con quell’immagine del 46 che si inginocchia davanti alla sua M1 e le parla e la ringrazia come se la moto avesse un’anima. Dopo Welkom 2004 arrivarono otto vittorie e pure il titolo. Una marcia trionfale bissata anche l’anno successivo, 2005, con la Yamaha che, nel frattempo, era diventata la moto da battere, non la più veloce, ma la più equilibrata, la più docile.

Le vittorie in quel 2005 saranno 11, con Valentino Rossi sempre a podio tranne in Giappone. Il 2006 sarà, invece, l’anno del grande rammarico, della beffa all’ultima gara di Valencia e di qualche pagina del motorsport che sembra destinata a restare poco chiara per sempre: vincerà Nicky Hayden, con il 46 di Tavullia che, comunque, chiude la stagione da vice campione del mondo.

Nel frattempo, nel mondiale di MotoGP, tra cambi di fornitori di pneumatici e nuovi regolamenti, si affaccia un ragazzo australiano dalla guida funambolica e dalle troppe cadute. Guida una Ducati che, per potenza ma non per agilità, è superiore a Yamaha ed è proprio allo strapotere di quel ragazzo, Casey Stoner e della sua Ducati, che Valentino Rossi deve arrendersi nel 2007, chiudendo il mondiale al terzo posto.

La MotoGP aveva un nuovo re e in molti, già all’epoca, cominciarono ad avanzare il sospetto che la leggenda del ragazzo di Tavullia fosse giunta a conclusione. Ma la risposta di Valentino Rossi è arrivata subito, nel 2008, con il mondiale riportato nel box Yamaha e una stagione condita da 9 vittorie, 5 secondi posti, 2 terzi posti, 1 quinto e 1 undicesimo  posto che gli valgono, oltre all’iride, anche il record di 373 punti in una stagione.

Punti che, nel 2009, saranno di meno, 306, ma basteranno comunque per confermarsi in cima al mondo per il nono titolo iridato. Qualcosa, però, tra Yamaha e Valentino Rossi comincia a rompersi: il pensiero di quelli che sostengono che sia fin troppo facile vincere con la moto migliore diventa un peso anche nei rapporti all’interno del box, dove nel frattempo è arrivato un certo Jorge Lorenzo. Come se non bastasse, in quello stesso 2010, Rossi subisce un grave infortunio al Mugello che lo costringe ad un intervento chirurgico e lo tiene fuori dalla bagarre per 4 gare. Chiude comunque la stagione al terzo posto della classifica generale, che vede leader proprio Jorge Lorenzo, e arriva anche la prima separazione da Yamaha, con il passaggio in Ducati.

“Dopo le due stagioni in Ducati - racconterà poi Valentino Rossi - ho seriamente pensato di smettere. Yamaha mi ha offerto una seconda opportunità che è coincisa, quindi, con l’opportunità di avere una carriera così lunga e per questo sarò sempre grato a Yamaha”. Quell’opportunità è arrivata nel 2013, dopo, appunto, un 2011 e un 2012 da dimenticare, e per Valentino Rossi segnerà anche il ritorno alla vittoria, in Francia. Per quella stagione resterà l’unica, e in quella successiva, 2014, diventeranno due, con il secondo posto nel mondiale alle spalle di Marc Marquez. Proprio quel Marc Marquez con cui, nel 2015, nascerà “la rivalità per eccellenza”, tra sportellate e reciproche accuse e culminata con i noti fatti di Sepang e Rossi costretto a partire dall’ultima casella in griglia a Valencia, dopo aver dominato il mondiale.

Per il nove volte campione del mondo sfumerà, così, la possibilità di mettere le mani sul decimo titolo. Secondo posto in classifica generale che si ripeterà anche nel 2016, con due vittorie e altrettanti ritiri, oltre a 8 podi. La vittoria arriverà ancora nel 2017, ad Assen  e nel corso di un mondiale chiuso al quinto posto in classifica generale. Quella vittoria è attualmente l’ultima, anche se nel 2018 Valentino Rossi e la sua Yamaha M1 del team ufficiale riusciranno a chiudere il mondiale al terzo posto, mettendo comunque nel sacco cinque podi. Diventeranno due nel 2019, che gli varranno la settima posizione nel mondiale, mentre il resto, il 2020 è storia ancora fresca, con una stagione d’addio alla M1 ufficiale condizionata dal Covid1-9 sia nel calendario sia personalmente, con Valentino che ha dovuto salvare due gare, e dai tanti problemi della sua M1, con un solo acuto: il terzo posto rimediato al GP di Andalusia e il record negativo del minor numero di punti conquistati in carriera. Mai, infatti, Valentino Rossi era andato sotto i 100 punti in una stagione.

Ora, però, si apre un nuovo capitolo, probabilmente l’ultimo, ancora una volta con Yamaha, anche se sotto altri colori.

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