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C’è grandissima attesa per la conferenza stampa di Valentino Rossi, la prima da pilota “satellite” e non più ufficiale con la Yamaha del team Petronas. C’è così tanta attesa che molti giornalisti non riescono nemmeno a entrare nella piattaforma digitale. “Sappiamo che Valentino Rossi sale a bordo, ma non so se il team sappia quanta attenzione Valentino porterà dentro e fuori dal box” aveva detto ieri il team manager Wilco Zeelenberg. Oggi la prima risposta: Rossi richiede uno sforzo maggiore, in tutti i sensi, a cominciare dai sistemi di comunicazione. Come sempre, si parte con le domande in inglese e si finisce con quelle in italiano, con due argomenti principali: cosa significa non essere più nel team ufficiale; quando si deciderà per il 2022.
“Sono stato un pilota ufficiale per tantissimo tempo, direi dal 2002 al 2020, quindi 19 stagioni in MotoGP. Quando ho debuttato in 500, però, ero in una situazione simile a quella di quest’anno, in un team satellite e con una moto ufficiale. E’ vero che allora era tutto un altro mondo, ma ricordo di essere stato bene in quel momento. Credo che il modo di lavorare sarà un po’ differente, ci sarà probabilmente meno gente dentro al box e attorno alla moto, come pilota puoi pensare più alle prestazioni in gara che allo sviluppo in pista. Questo è un aspetto positivo. Per quanto riguarda la situazione tecnica, ho un grande supporto da Yamaha e questa squadra ha dimostrato di essere molto buona”.
Dopo tanto tempo, hai ancora voglia di metterti in discussione?
“26 stagioni sono tantissime, ma non corro solo per passare il tempo. Per me questo sarà un anno importante, dopo due al di sotto delle mie aspettative. L’obiettivo è essere più competitivo rispetto al 2019 e 2020, lottare per podio e vittorie, cercare di essere veloce fino al termine della stagione. L’anno scorso, a causa delle restrizioni, è stato un po’ particolare, ma sembra che il 2021 possa essere una stagione più regolare, con gare in circuiti differenti”.
Quando deciderai se continuare nel 2022?
“Durante la pausa estiva: la mia decisione dipenderà dai risultati. Se sarò competitivo e lotterò per il podio allora continuerò, altrimenti sarà arrivato il momento di smettere”.
Smettere dopo tanti anni rappresenterebbe un cambiamento enorme.
“Sicuramente non sarà una decisione facile, ma tutto dipenderà dai risultati. Se sarò competitivo, potrò continuare, questa perlomeno è la mia idea: non ho parlato con la squadra e con la Yamaha, magari prendono loro la decisione per me… Sarà una scelta difficile, ma non sono preoccupato: è chiaro che la mia vita cambierà, ma in qualche modo continuerò a correre, con le auto”.
La Ferrari ha annunciato che farà la 24 ore di Le Mans; può essere uno stimolo per te per andare a correre quella gara con la Ferrari?
“Sicuramente quando smetterò con la MotoGP mi piacerebbe continuare qualche anno nelle auto. La categoria sarebbe quella, mi piacerebbe fare la 24 ore di Le Mans e sarebbe un sogno correre con la Ferrari, ma bisognerà vedere quale sarà il mio livello. In quella categoria vado abbastanza forte, sono piuttosto veloce, ma so se posso arrivare fino a lì”.
Ti saresti mai immaginato di finire la carriera in una squadra satellite?
“In una lunga carriera come la mia non sai mai cosa ti può accadere. Ma in questo momento, credo che per me sia positivo essere in questa squadra. Come ho detto, qui ti puoi concentrare di più sul risultato della gara, mentre quando sei in una squadra ufficiale devi sviluppare la moto per la stagione in corso e per quella successiva. E si perde parecchio tempo. Adesso dobbiamo cercare di ottimizzare il lavoro assieme a Zeelenberg e alla squadra, sono aperto a qualsiasi soluzione”.
Secondo qualcuno finire in un team satellite è la conferma del declino, secondo altri un modo per rigenerarsi: tu come la vedi?
“Capisco che la si possa vedere nei due modi: come sempre, tutto dipende dai risultati. Però a me piace questa nuova avventura, mi sento ancora in forma e competitivo, credo di poter dare ancora tanto sia alla Yamaha sia alla squadra. Sono curioso di vedere com’è lavorare in un team satellite: devo fare il massimo per essere più competitivo”.
Ieri Franco Morbidelli ha detto che l’amicizia con te conta più della motoGP; cosa ne pensi?
“Sono d’accordo con lui, la vera amicizia tra le persone è molto importante nella vita: è così anche per me. E ho imparato che se vuoi avere amici veri te li devi guadagnare… Sono amico di Franco da molto tempo, da ben prima che corresse in MotoGP: adesso sono contento di essere suo compagno di squadra. Sicuramente è una situazione nuova, non facilissima da gestire, perché il tuo compagno di squadra è il tuo primo rivale. Per continuare a essere amico devi essere veramente amico. Ma credo sia possibile”.
E’ cambiata la tua preparazione invernale?
“Rispetto al 2020, è stato fatto un lavoro più “normale”, perché l’anno scorso abbiamo dovuto stare chiusi in casa per tanti mesi, senza avere certezze sul campionato. Era stato difficile arrivare al 100% alla prima gara, mentre quest’anno abbiamo potuto allenarci meglio e con più certezze. Ho lavorato duro soprattutto sul fiato, ho fatto più giorni in moto, ho corso di più: mi sento bene, in forma, pronto a partire. Ma solo dopo i cinque giorni di test, avrò le idee più chiare sulla mia preparazione”.
Cosa ti aspetti da Cal Crutchlow?
“Un grande supporto: è un pilota veloce, che ha smesso di correre solo pochi mesi fa. Ha guidato per tanto tempo una Honda: sono molto curioso di sapere la sua opinione dopo che ha provato la Yamaha. tutto dipende dalle motivazioni, perché fare il collaudatore non è facile: devi andare forte, sapendo che non potrai correre. Ma se sarà motivato, credo che possa essere di grande aiuto, può fare la differenza”.
Quest’anno avrai ancora di più il doppio ruolo di pilota e mentore dei ragazzi dell’Academy: come vivi questa situazione?
“Questa storia dell’Academy c’è un po’ sfuggita di mano: quando abbiamo iniziato, non pensavo che avrei corso assieme a Morbidelli, Bagnaia e a mio fratello… Loro sono stati bravissimi e adesso la situazione è questa. Per essere rivali in pista e mantenere l’amicizia ce ne vuole una vera, ma di questo non sono preoccupato. Con Franco sto assieme tutti i giorni, ci sfidiamo con qualsiasi cosa: con lui sarà particolare perché saremo anche compagni di squadra, ma sono felicissimo di essere con lui nel box… Anche con mio fratello sarà speciale esser avversari in MotoGP”.
A fine 2021 saresti contento se…?
“Se arrivassi nei primi cinque”.
Ma al decimo titolo ci pensi, è un’ossessione?
“Tutti quelli che sono sulla griglia pensano di poter vincere il mondiale e lo penso assolutamente anch’io: perché no? So che è difficile, ci sono tanti piloti che vanno fortissimo, sono molti gli elementi da valutare, dalla competitività della moto, alla mia velocità, alla squadra. Sicuramente corro per provare a vincere, ma il decimo titolo non è un’ossessione. Vorrei fare una stagione da protagonista”.
Chi vedi favorito?
“Difficile fare una lista: ce ne sono almeno dieci, o lo dici tutti o rischi di dimenticarti qualcuno. Ci sono tanti piloti e moto differenti molto veloci”.
Prima hai detto Oliveira, lo consideri più forte degli altri?
“No, non lo metto in cima alla lista, ma lui è uno che nel 2020 ha vinto due GP e adesso è in una squadra ufficiale. Sarà uno dei pretendenti”.
Marquez può conquistare il titolo?
“Bisogna capire quando tornerà: se non perde tante gare, può lottare per il mondiale, perché quando sarà in pista sarà forte come prima”.
Come vivi il cambio generazionale, è qualcosa a cui pensi?
“Anche quando sei in pista ti ricordi quanti anni hai… Ma grazie all’Academy sono tutti i giorni a contatto con una decina di piloti del mondiale, dei quali tre fanno la MotoGP. Posso confrontarmi con loro continuamente negli allenamenti, nel fiato, nella forza fisica. Inoltre, giriamo in moto due, tre volte alla settimana sfidandoci con qualsiasi mezzo. Sono ancora competitivo: a volte sono il più veloce, altre mi fregano, ma sono sempre lì. Mi piace questa cosa: voglia dimostrare che si può andare forte anche quando si è 'grandi'”.
Qual è lo stimolo per il 2021? Dimostrare alla Yamaha che hanno sbagliato scelta?
“No, non corro per questo. Di stimoli ce ne sono tantissimi: tornare a vincere; salire più volte sul podio; la sfida con Franco, Pecco e Luca; essere veloce e fare molti punti; arrivare tra i primi a fine stagione. Insomma, di motivazioni ce ne sono tante”.
Una parola su Fausto Gresini.
“E’ stata veramente una brutta storia: Fausto era in forma, aveva 60 anni, ma è morto per il Covid. Tutti devono capire che si può morire di questo virus anche se si sta bene. Conoscevo Fausto da tantissimo tempo, da quando ero ragazzino tramite mio papà Graziano. Seguivo le sue gare quando combatteva con Capirossi e come team manager è stato un mio grandissimo rivale, prima in 250 con Loris, poi in MotoGP con Gibernau e Melandri. Per l’Italia era un punto di riferimento, con il suo team della Moto3 ha fatto crescere tanti giovani piloti. Anche come squadra ci siamo confrontati spesso: è una grossa perdita per il paddock”.