Nico Cereghini: "Ago si rivede in Marquez"

Nico Cereghini: "Ago si rivede in Marquez"
Sono passati cinquant’anni e la storia si ripete. Il debuttante Marc si batte alla pari con Pedrosa, Lorenzo e Rossi, come Agostini fece con Provini, Redman ed Hailwood. Ma c’è qualcosa di ancora più forte… | N. Cereghini
17 settembre 2013

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Ciao a tutti! Agostini è rimasto sorpreso: come faccio a sapere che lui si identifica con il giovane Marc Marquez? “Pota! come l’hai indovinato? non l’avevo detto a nessuno…” così è sbottato, sospettoso, il quindici volte campione del mondo. Ma non servono capacità soprannaturali per intuire questo legame ideale: a vent’anni Marc spaventa i giganti, e lo stesso aveva fatto il giovane Giacomino detto Mino.

I giganti di Agostini si chiamavano Provini, Redman, Hailwood. Tarquinio Provini era il pilota di riferimento della Moto Morini, uno che guidava di fino, uno specialista. Un po’ come succede adesso tra Marquez e Pedrosa: diedero al ventenne Agostini la stessa moto ufficiale di Provini, e il ragazzetto, senza timori reverenziali, si battè subito alla pari. Tanto che Tarquinio, che pure era così forte da sfiorare nel ‘63 il titolo mondiale della classe 250 –con una monocilindrica contro le quattro cilindri Honda!- preferì cambiare aria appena ne ebbe l’occasione, passando alla Benelli. E in quel caso anche Ago lasciò la Morini, perché subito dopo gli arrivò l’offerta molto più allettante della MV Agusta.

Fu proprio con la MV che Mino incontrò Jim Redman, il secondo gigante. Redman era rhodesiano, pilota ufficiale della concorrente Honda, il rivale diretto di Mino nella classe 350. Una specie di Jorge Lorenzo: più grande ed esperto, molto veloce e costante, un gran martello in gara e già quattro titoli iridati in tasca. Non fosse stato per un guasto banale alla sua MV nell’ultima gara in Giappone, però, Agostini avrebbe battuto Redman immediatamente, nell’anno dell’esordio. Come rischia di fare oggi Marc Marquez, opposto al campione in carica sulla moto concorrente.

E il terzo gigante è naturalmente Mike Hailwood, il più grande di tutti e già a quell’epoca una leggenda vivente. Un po’ come Valentino ai giorni nostri. In quel caso, il debuttante fu messo direttamente in squadra con il fuoriclasse e, soprattutto con la difficile 500, Ago all’inizio dovette subire. Mike però capì ben presto che il giovanotto (ventitré anni, ma in pista da tre anni soltanto) sarebbe diventato pericoloso, e così accettò volentieri l’offerta della Honda pur sapendo che sarebbe stata dura, che il telaio giapponese non era paragonabile a quello italiano. E Mino trovò così la strada spianata per andare a collezionare i titoli nelle due classi più importanti.

La storia ci racconta insomma delle tante analogie che avvicinano Ago a Marquez. Ma c’è un altro aspetto, più personale, che spinge il campionissimo all’identificazione con Marc. Io l’ho colto perché conosco bene l’uomo. Oggi Mino ha passato la settantina, ma due cose sanno ringiovanirlo all’istante: la consapevolezza che i suoi numeri sono imbattibili, e poi la certezza di essere stato il più bello del circus. Bella faccia, sguardo latino, piaceva molto alle donne. Ago guarda Marc, si specchia, si piace. Due fenomeni.

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