Nico Cereghini: “Assen, tappa esplosiva e mitica”

Nico Cereghini: “Assen, tappa esplosiva e mitica”
In Olanda si corre ininterrottamente dal 1949, un caso unico. La pista è cambiata ma resta piena di fascino. E poi qui è nato il motociclismo moderno, con gli italiani protagonisti
22 giugno 2017

Assen, che meraviglia! Anche se la pista non è più quella che si era meritata la definizione di “università della moto”, la tappa olandese resta mitica: qui si corre ininterrottamente dal 1949, da quando esiste il campionato mondiale di velocità. L’evento si chiama Dutch TT, Tourist Trophy dei Paesi Bassi, perché una volta anche qui, come sull’isola di Man, si girava sulle strade normali, chiuse per l’occasione. Nel tempo, per migliorare la sicurezza, le modifiche alla pista originale (inaugurata nel 1955) sono state sostanziali: le più recenti del 2006 hanno ridotto la pista a quattro chilometri e 500 metri. Dodici curve a destra, sei a sinistra e guidare qui resta difficile, il terreno piatto fornisce pochi riferimenti; ma tutti i piloti vengono volentieri ad Assen perché c’è tanto grip, si va forte e poi si è circondati da una passione speciale. Dai Paesi del Nord Europa arrivano a decine di migliaia, per assistere a prove e gare, e sono quasi tutti motociclisti; i parcheggi sono uno spettacolo fin dal venerdì mattina.


Di belle corse ne abbiamo viste tante, qui, ma una per me svetta su tutte: la classe 500 del 23 giugno 1979. Tocca andare molto indietro nel tempo perché quella fu la prima gara del motociclismo moderno: la prima che la Rai passò in diretta (soltanto le gare che si svolgevano in Italia meritavano l’onore, in quegli anni) e che portò un grande show nelle nostre case. Il due volte campione del mondo Barry Sheene contro Virginio Ferrari, un duello epico su una pista incredibile e la stupefacente vittoria in volata del pilota italiano. Ero a bordo pista, da Milano ad Assen avevo viaggiato con la moto, e mi ero piazzato al tornante Strubben che è rimasto come allora. Proprio lì Virginio piazzò il sorpasso vincente all’ultimo giro, io mi misi a correre a bordo pista verso l’arrivo per festeggiarlo, lui bloccò la sua Suzuki subito dopo il traguardo perché non aveva carburante a sufficienza per il giro d’onore. Mi vide, mi urlò qualcosa in faccia e lasciò la moto per correre ad abbracciare tutta la squadra, che poi era il team italiano di Roberto Gallina. Rimasi lì a bordo pista con la moto rovente tra le mani, felice come se avessi vinto io. Dieci minuti dopo arrivò un meccanico a liberarmi.


Voi ricorderete certamente la MotoGP del 2015. L’ultima, per inciso, che si disputò il sabato come da antica tradizione. Rossi contro Marquez, una guerra tattica durata tutta la gara: sempre incollati, nessuna voglia di star davanti e dare indicazioni al rivale, tanti rallentamenti e ripartenze. Al ventesimo giro Marc passa e guida per quattro tornate, poi Valentino lo infila e guadagna mezzo secondo. Ma all’ultima variante Marquez torna sotto ed entra fortissimo, scompone la Honda e sembra perderla, affianca la Yamaha all’interno sulla destra, urta la spalla di Rossi. E il Dottore raddrizza, impenna la moto, taglia la chicane nella sabbia, vince la gara. Corretto o da sanzionare? Comunque la pensiate, va detto che qui maturò il rancore di Marc per Valentino, quell’ostilità che poi determinò il brutto finale di stagione.

 

L’anno scorso fu un mezzo disastro perché la violenza della pioggia portò all’interruzione e al nuovo start. Andrea Dovizioso fu grande protagonista; era scattato dalla pole position con la Ducati ed era davanti a tutti insieme a Rossi e Petrucci, quando al quattordicesimo giro comparve la bandiera rossa: troppo pericoloso continuare, non ci si vedeva più

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L’anno scorso fu un mezzo disastro perché la violenza della pioggia portò all’interruzione e al nuovo start. Andrea Dovizioso fu grande protagonista; era scattato dalla pole position con la Ducati ed era davanti a tutti insieme a Rossi e Petrucci, quando al quattordicesimo giro comparve la bandiera rossa: troppo pericoloso continuare, non ci si vedeva più. Nella seconda e decisiva corsa, sulla distanza di dodici giri, soltanto Valentino era davanti al Dovi, ma prima sbagliò Andrea e il giro dopo cadde anche Rossi mentre Petrucci rompeva l’alternatore mentre stava recuperando. Disdetta. Vinse Jack Miller, bravissimo sul bagnato, e la giornata amara fu riscattata soltanto dal primo successo di Pecco Bagnaia in Moto3.
Andrea Dovizioso torna ad Assen con grandi ambizioni. Dopo due successi perentori, prima al Mugello e poi a Barcellona, perché non immaginare un’altra gara molto positiva? Lui è in forma strepitosa, la pista gli piace, la Desmosedici ha fatto uno step vincente. L’ultima vittoria della Ducati ad Assen risale all’ormai lontano 2008: manco a dirlo fu Casey Stoner a trionfare, con undici secondi di vantaggio su Dani Pedrosa. Per le rosse è arrivato il momento di apportare qualche correzione all’albo d’oro anche qui in Olanda.


Certo, l’incognita pneumatici è potente, può addirittura ribaltare ogni pronostico come abbiamo potuto scoprire in questa prima fase della stagione. E se c’è un equilibrio tecnico inedito, in questa MotoGP 2017 ci sono anche tanti piloti che si possono giocare la vittoria ogni domenica. La lista deve prevedere Vinales che ha vinto già tre volte, il Dovi con i suoi due successi, Marquez e Pedrosa con una vittoria a testa e poi ancora Rossi e Lorenzo che ancora non sono riusciti a passare per primi sotto la bandiera a scacchi. Non va dimenticato che Valentino ad Assen ha già vinto sette volte, più due con le Aprilia, e che Jorge sta crescendo gara dopo gara.

 

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