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Ciao a tutti! Su Pecco Bagnaia si è detto tutto, cosa potrei aggiungere di più? E’ il giorno della festa, del pilota e di tutta la Ducati, ma forse qualche riflessione si può ancora fare, o per lo meno posso provare a mettere un po’ d’ordine sia su Pecco sia sulla Ducati.
Primo, il ragazzo. Secondo me è il migliore che nel motociclismo si possa desiderare, sia dal punto di vista umano sia nella prospettiva della guida. Il suo secondo titolo è strameritato, ha fatto un recupero prodigioso, ha vinto più di tutti. Ha fatto anche degli errori, ok, e nella gara decisiva si è un po’ perso come del resto tanti campioni del passato. Ma nessun altro -nemmeno Fabio Quartararo che si è battuto come un leone in condizioni di inferiorità tecnica, nemmeno Enea Bastianini- è stato altrettanto convincente nella stagione.
Aggiungo che chi lo critica sui risultati è ingiusto: o lo fa per partito preso e per pura provocazione, o non ha ancora capito quanto difficile e impegnativa sia diventata oggi la MotoGP, quanto sia fisicamente e mentalmente logorante. Uno come Marc Marquez, che qualcosa capisce e non è tenero con nessuno, dice che Pecco vincerà altri titoli.
Secondo, la Ducati. Qui non ci piove: il titolo mondiale di Bagnaia, dopo quello costruttori, premia la casa che ha lavorato meglio negli ultimi anni sul piano tecnico e su quello gestionale. Troppe otto moto? Sì, ma la “lacuna” regolamentare era a disposizione di tutti e Borgo Panigale ci ha investito sopra con intelligenza. Adesso si riparla di Casey Stoner e del suo titolo del 2007, ma quando ricordo i tempi del magico australiano, quando soltanto lui riusciva a guidare un attrezzo misterioso e la dirigenza Ducati respingeva ogni critica perché comunque si vinceva, ebbene mi dico: adesso il problema ce l’ha la Honda ed è un gran bel vantaggio per le rosse. Un vantaggio che potrebbe anche durare.
E la stessa gestione dei piloti è stata, alla fine, eccellente: via la “vecchia” scuola e tante chances alla “nuova”. Anche a rischio di mettersi nei guai con un eccesso di talenti, troppi piloti scalpitanti e un Tardozzi che non sa più a quale santo votarsi.
Terzo, il campionato. Incontro tanti motociclisti che si definiscono appassionati e che amaramente mi confidano “io non lo guardo neanche più”. Parlano di nauseanti giochi di squadra, di gomme sorteggiate a comando, di immensi talenti mortificati, di gare soporifere decise a tavolino. Probabilmente sarebbero più tranquilli se ci fosse un dominatore alla Marquez e il talento fosse tutto lì, riconoscibile da lontano.
Qualcuno arriva a dichiarare sui social che Pecco Bagnaia gli piacerebbe pure, ma con tutta quell’esposizione mediatica gli è andato di traverso. E anche se trovo ridondanti le inquadrature su Domizia nel box e sull’intero entourage famigliare, mi pare che un vero appassionato dovrebbe saper distinguere il talento e il gesto sportivo del pilota da tutto quel contorno che può conquistare il pubblico generalista.