Nico Cereghini: “C’è tanto da fare per la sicurezza”

Nico Cereghini: “C’è tanto da fare per la sicurezza”
La tragedia di Dupasquier, dopo la caduta al Mugello, solleva una serie di temi che noi del settore, prima di tutti gli altri, abbiamo il dovere di sollevare. Prima che prendano spazio gli Sgarbi e altre menti geniali
31 maggio 2021

Ciao a tutti! Della morte al Mugello del povero ragazzo svizzero, Jason Dupasquier, se n’è parlato così tanto che io vorrei proprio tacere. Anche per il rispetto che dobbiamo alla famiglia, alla squadra, agli amici di Jason. Ma credo che sia necessario mettere un po’ d’ordine tra i commenti. Tanti e non tutti pertinenti.

Dicono bene alcuni lettori sotto i pezzi pubblicati ieri. Lo spettacolo che ha costruito la Dorna è basato sull’incertezza del risultato, sulla competizione serrata, sui regolamenti tecnici che rendono quasi impossibili gli scatti in avanti. I grupponi numerosi e serrati caratterizzano ormai quasi ogni gara in tutte le classi. E se questo spettacolo piace, e piace molto, è innegabile però riconoscere che il pericolo progressivamente cresce. La probabilità che alla caduta di un pilota segua l’investimento ad opera di altri piloti è sempre alta.

L’investimento è forse l’unico dei temi legati alla sicurezza sul quale si può far poco. E quando il pilota è a terra c’è un punto particolarmente vulnerabile: il collo. Per proteggere il tronco, gli arti e il capo si è fatto moltissimo negli ultimi anni, anche se ancora molto si può fare. Ma nessuno ha ancora identificato una soluzione idonea per proteggere il collo, anche se molti ci stanno lavorando. 

Tutte le classi hanno una loro pericolosità intrinseca. La Moto3 è potenzialmente molto pericolosa per la combinazione di due elementi: la potenza limitata, praticamente identica per tutti, e la ciclistica molto evoluta. L’altissima velocità di percorrenza in curva, insieme all’importanza delle scie in rettilineo, mette in fila i piloti e li tiene tutti molto vicini. Qualcuno come Paolo Simoncelli, anche per risolvere l’annosa questione dei trenini e delle sanzioni, propone la superpole per le qualifiche di questa classe. Giusto, ma naturalmente il problema dei gruppi compatti resterebbe irrisolto in gara.

Ecco il punto: che cosa si può concretamente fare? Naturalmente non si può tornare indietro, magari ai tempi di Ago che in certe stagioni doppiava il secondo classificato; ma si può intervenire su vari terreni. La strada più breve potrebbe essere quella, oggi poco praticata, di analizzare subito ogni incidente e cercare insieme dei correttivi: come si fece ad esempio per le leve del freno anteriore, che erano scoperte sui manubri e oggi non lo sono più. Bernardelle suggerisce di posizionare degli slides sulle moto, per facilitarne la scivolata fuori pista e sgombrare la traiettoria. Giusto. E si può intervenire anche sulle piste, benché sia più laborioso, modificandone l’andamento laddove si rivelasse troppo rischioso in termini di visibilità o alleggerimenti della moto. 

I regolamenti tecnici hanno bisogno di tempi lunghi per cambiare, certamente, ma una riflessione oggi è urgente. Liberalizzando le regole e concedendo più libertà e fantasia si otterrebbero importanti risultati: oltre a gratificare gli ingegneri, che magari è marginale, si aiuterebbe lo sviluppo del prodotto di serie e si darebbe finalmente più senso ai prototipi. Crescerebbero ulteriormente le prestazioni moltiplicando i pericoli sulle piste attuali? No, se si riducessero le cilindrate o i consumi. Si avvantaggerebbero i marchi più ricchi?  Non necessariamente: anche la fantasia influisce sull’incremento delle prestazioni.  

Non ho la pretesa di avere le soluzioni in tasca: le mie sono soltanto osservazioni dettate dall’esperienza e dal buon senso. Forse, come dicevo in apertura, oggi sarebbe meglio tacere, però mi seccherebbe moltissimo lasciare la parola solo agli Sgarbi e agli Scanzi di turno, che da oggi pontificano sui social.

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