Nico Cereghini: "Con Pedrosa se ne va Mister MotoGP"

Nico Cereghini: "Con Pedrosa se ne va Mister MotoGP"
Era nella top class dal 2006, ha sviluppato la Honda, ha cambiato la guida dei prototipi. Il piccoletto ha saputo farsi valere in pista e nel paddock: sportivo, corretto, intelligente e profondo nelle sue analisi
17 luglio 2018

Ciao a tutti! Guardavo la MotoGP, domenica, e mi è venuto da pensare a come cambiano in fretta le cose. Dani Pedrosa lascerà la MotoGP dopo la bellezza di tredici stagioni vissute tra i protagonisti assoluti nella categoria al top; era un riferimento per tutti noi, è stato un riferimento soprattutto per la HRC che con lui ha sviluppato negli anni la RC211V. Si può dire che Dani "è" la MotoGP, praticamente come Rossi, e invece da un giorno all'altro sparirà dalla scena ancora giovane, avrà 33 anni il 29 settembre. Era in ballo dal 2001, dominò la 125 al terzo anno nel 2003, e subito dopo centrò due titoli consecutivi in duemmezzo. Sempre con la Honda. Senza di lui non sarà la stessa MotoGP, anche perché il piccoletto è stato un maestro nello stile di guida, è stato il primo a introdurre la raddrizzata veloce in uscita di curva e di conseguenza nuove traiettorie per le strapotenti 800 e 1000; e ci mancherà anche per tante altre qualità, come la correttezza in gara, nonché l'intelligenza, l'equilibrio e la discrezione quando era giù dalla moto. Nessuna polemica o quasi, per Dani in tutti questi anni, anche a costo di apparire noioso.


Peccato che l'epilogo abbia qualche ombra. In tanti abbiamo avuto la brutta sensazione che il suo ex amico Alberto Puig -mosso dall'ansia di accaparrarsi Lorenzo- abbia fatto ben poco per trattenerlo, e così ci resta un po' di amaro in bocca e l'idea molesta che questo ritiro non sia stato del tutto volontario. In ogni modo questa di Pedrosa è una situazione che alla fine della stagione cambierà di colpo, per lui e anche per tutti noi. E poi naturalmente c'è Jorge Lorenzo con il suo misteriosissimo risveglio del Mugello e di Barcellona.

 

Anche per Lorenzo, uomo Honda dalla prossima stagione al posto di Pedrosa, è un cambiamento continuo: con quelle due secche e sorprendenti vittorie pareva tornato il grande campione che conoscevamo, poi sono arrivate le gare di Assen e quest'ultima del Sachsenring, brillantissime all'avvio ma deludenti nel finale secondo un copione già visto. Stavo già per formulare una tesi, una mia interpretazione sulla sua svolta vincente, e già mi toccherebbe accantonarla, però mi piace e allora ve la passo lo stesso. Se non vi piace gettatela via. Ricordate esattamente la sequenza degli eventi? Ducati libera Lorenzo dopo la Francia, 16 punti raccolti in cinque gare, la frittata combinata a Jerez, le parole di Dall'Igna ("il pilota ha avuto un calo nelle prime gare 2018"); ed ecco che, appena licenziato, Lorenzo trionfa al Mugello e poi anche a Barcellona. Il copriserbatoio, la politica sballata della Ducati, la pura sfiga, si è detto di tutto, ma forse la spiegazione più plausibile l'avevamo davanti agli occhi e non la vedevamo. Se fosse stato proprio il licenziamento a far scattare qualcosa in Jorge Lorenzo? Non sarebbe la prima volta che succede. Provate a mettervi nei suoi panni. Il tuo obiettivo era molto difficile già sulla carta e sembra ormai quasi irraggiungibile, il Dovi va sempre più forte e tu non ne esci, subentra l'ansia, un'ansia crescente che quasi ti paralizza. Non sai come uscirne. E proprio in quel momento qualcuno ti dice "ok, basta così, la chiudiamo qui, non se ne fa più niente". Non sarà che finalmente tu ti senti di nuovo libero e leggero come ai vecchi tempi? Magari non per sempre, magari soltanto per qualche gara... Si sa che la testa dei piloti è il pezzo più delicato di tutto il pacchetto.

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