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Ciao a tutti! Non è che i francesi brillino così tanto, nella MotoGP di questo ventunesimo secolo, ma la stagione di Johann Zarco, miglior debuttante dopo i due titoli conquistati nella Moto2, ha giustamente scaldato i nostri cugini d’Oltralpe. Insieme, naturalmente, al titolo mondiale di Lucas Mahias nella SSP, che fa morale. I francesi sono fortissimi nell’Endurance e nella Supermoto, sono forti anche nel cross e nell’enduro, ma nella velocità stentano da molti anni: Mike Di Meglio è l’ultimo a figurare nell’albo d’oro, con il titolo mondiale della 125 nel lontano 2008. Eppure una volta erano tra i veri protagonisti del motociclismo, e molti di voi, troppo giovani per averla vissuta, meritano di conoscere questa incredibile storia. Che parte dagli anni Settanta.
In quel decennio proprio loro, les francais, hanno disegnato il profilo racing del motociclismo moderno: si devono a loro il rilancio dell’Endurance, l’invenzione dei rally africani e della Parigi-Dakar in particolare, la consacrazione dell’enduro estremo con “l’Enduro des Sables”, meglio noto con il nome di Le Touquet; e poi nella velocità, creando le prime coppe monomarca Kawasaki e Yamaha, hanno saputo formare un’intera generazione di ottimi piloti che hanno partecipato al mondiale in tutte le classi. Il primo titolo sarebbe arrivato un po’ più avanti (con Jean Louis Tournadre in 250, nell’82), ma nomi come Patrick Pons, i fratelli Christian e Dominique Sarròn, Baldé, Rougerie, Chevallier, Fernandez, Roche, Estrosi, Offenstadt, Tchernine, Guignabodet, Espié, Bertin, oggi dicono poco, ma nei Settanta erano noti e molto promettenti. Nel paddock si parlava francese e ci si divertiva moltissimo, i settimanali come Moto Revue e Moto Journal erano i più belli del mondo e c’erano in Francia personaggi incredibili come il compianto Jean-Claude Olivier, il rosso, per 45 anni trascinatore dell’importatrice Yamaha, la Sonauto. JCO era anche un bel pilota, specialista della Dakar e del Touquet, che ha corso 25 volte con un secondo posto, ma soprattutto un manager che seppe trovare le risorse per portare sul mondiale tanti talenti senza mezzi. Primo tra tutti Patrick Pons.
E di Pons vi voglio raccontare. Pilota Yamaha, impegnato dal ’73 un po’ in tutte le classi, dalla 250 fino alla 500 e all’Endurance, Patrick era riuscito a vincere il titolo mondiale della Formula 750 nel 1979 con quattro successi, battendo piloti come Cecotto e Bonera. L’anno dopo, il 10 agosto a Silvestone nel GP di Gran Bretagna classe 500, cadde, tentò di rialzarsi, ma purtroppo fu colpito violentemente al capo dalla moto di un altro forte pilota francese: Michel Rougerie, col quale correva da anni. Non c’era la tivù ad inquadrarlo ma fu un terribile incidente e le conseguenze gravissime, tanto che i medici non riuscirono a salvare il povero Pons, che dopo due giorni morì all’ospedale: non aveva ancora ventotto anni, e adesso riposa nel cimitero di Montmartre a Parigi.
Quella fu una grande tragedia, purtroppo frequente nel motociclismo degli anni Settanta, quando si moriva con troppa facilità e la FIM era sorda; ma fu addirittura una nemesi, una specie di Giustizia divina, meno di un anno dopo, il 31 maggio 1981. Michel Rougerie - che in Italia conoscevamo bene anche per la sua esperienza al fianco di Walter Villa sulle Harley-Davidson italiane, quelle di Schiranna, capace di vincere due volte nel ‘75 - nella gara mondiale di Fiume in Jugoslavia cadde nel corso del secondo giro della gara delle 250. Si rialzò subito, non sembrava ferito, venne centrato in pieno dalla moto del connazionale Roger Sibille morendo sul colpo. Un epilogo da brividi.
Quel dramma colpì l’opinione pubblica, segnò profondamente tutto il motociclismo francese, e in particolare minò il settore della velocità. Altri fenomeni sarebbero arrivati in seguito, primo tra tutti Jean-Michel Bayle, che dopo i due titoli mondiali di cross seppe sbaragliare il cross AMA nel ’91, poi tentò anche la carta dei GP nella velocità e vinse due volte il Bol d’Or. E più avanti sarebbero esplosi Pichon, Febvre, Meò… certo. Ma l’entusiasmo di quegli anni Settanta avrebbe potuto generare nella velocità mondiale una fortissima scuola francese, tanti piloti e team e titoli a ripetizione. Invece la luce si spense con le tragedie di Pons e Rougerie. Forse non è un caso se Johann Zarco è cresciuto motociclisticamente in Italia e non nel suo Paese.