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Ciao a tutti! Come tutti, sono stra-felice per l’affermazione del Dovi in Austria, dopo una battaglia che ci ha tenuto incollati allo schermo della tivù. E’ stato un duello vero e spettacolare al vertice assoluto della MotoGP: da una parte un Marquez in gran forma, velocissimo con la sua Honda fin dalle prove, il Marc irriducibile dei giorni migliori che non fa calcoli e aggredisce ogni spazio; dall’altra parte un Andrea Dovizioso ispirato, veloce, combattivo, sempre vicino al limite eppure capace di sbagliare meno di tutti. Nella domenica in cui Valentino Rossi è finito inaspettatamente lontano dai giochi, con i due piloti ufficiali Yamaha messi in riga da Lorenzo e persino da Zarco, quasi non ne abbiamo sofferto. Tutti a tifare Ducati e il suo pilota italiano, la sua vera punta, il pilota che lotta per il titolo mondiale 2017.
Per Andrea Dovizioso è la terza vittoria della stagione, e da vedere la più bella. A me il Dovi piace, ho sempre pensato che fosse un bel pilota, molto preparato e lucido sul piano tecnico, capace di migliorarsi mentalmente e fisicamente. E per di più un ragazzo d’oro. Però lo ammetto serenamente: sono tra quelli che non lo consideravano un campione capace di battersi per il successo in ogni gara della MotoGP, uno di quei tre o quattro piloti pronti per vincere un campionato del mondo. Non avevo mai intravvisto il fuoriclasse. Da domenica ho cambiato idea e probabilmente non sono il solo.
Con Jorge Lorenzo in arrivo alla Ducati circolava una tesi vittimistica: è ingiusto, è mortificante, la moto l’ha fatta Andrea, arriva lo spagnolo a prendersi i frutti e guadagnando pure uno sproposito, dieci volte più di lui. Persino i suoi amici, quelli che lo conoscono bene, erano preoccupati, qualcuno pubblicamente gli suggeriva di andarsene dalla Ducati sbattendo la porta. L’idea era che Borgo Panigale avesse mancato di rispetto ai suoi piloti 2016, e c’era il timore che Dovizioso sarebbe stato sacrificato, avrebbe pagato un prezzo alto, si sarebbe depresso. E invece… invece il confronto ha giovato proprio al Dovi: ha esaltato lui, ha rinforzato la sua autostima, ha portato ancora più su la considerazione della Ducati. Piuttosto il confronto ha penalizzato Lorenzo, che prima ha faticato molto più del previsto a prendere le misure alla sua nuova moto e poi, non bastasse la delusione di essere inferiore alle aspettative, gli è pure toccato di prendere paga dal compagno di squadra. Jorge Lorenzo insomma, invece di essere una jattura per il Dovi, è stata la scintilla che ha liberato un’incredibile energia e fatto emergere un talento che non gli conoscevo.
Proprio così. Questo Dovi 2017 che esalta sul Red Bull Ring dopo le belle vittorie del Mugello e del Montmelò è per me irriconoscibile. Veloce certamente lo è sempre stato, e anche lucido nelle strategie, ma adesso è velocissimo, sicuro di sé, aggressivo, direi addirittura spregiudicato. Aveva battuto Marc Marquez (e Pedrosa e Lorenzo e Zarco, sempre quelli e nello stesso ordine) anche a Barcellona, lo aveva staccato di tre secondi e mezzo centrando il setting della moto e risparmiando le gomme. Invece questa volta lo ha battuto di forza e lo ha surclassato in freddezza. Vantaggio Ducati? Qualcuno la spiega così. Ma intanto quella del Dovi non era l’unica rossa ufficiale in pista, Lorenzo ha fatto dodici giri in testa ma poi ciao e Petrucci ha sbagliato clamorosamente la partenza; inoltre la Honda non mi è sembrata così in crisi (anche Pedrosa era molto vicino), e infine, se la Ducati di Spielberg era la più equilibrata in pista, una bella fetta del merito è proprio di Andrea. Evviva, da domenica abbiamo un nuovo top rider. Uno completo.