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Ciao a tutti! Vi faccio una confidenza sincera: domenica sera ho tifato per il Dovi. Anche se sono un cultore di Rossi, anche se ero amico di suo padre Graziano e conosco Valentino da quando sua madre Stefania lo aspettava e veniva alle corse col pancione, io alle 20 di domenica tifavo Dovizioso: perché vedere la nuova Ducati già vincente è troppo bello. Così, le prime parole di Gigi Dall’Igna, solo un pochino deluso, mi sono suonate familiari. Io con lui mi intendo da sempre, e siamo anche nati lo stesso giorno. E subito dopo mi sono chiesto: come vivrà questa serata Filippo Preziosi? Ne sarà felice oppure si sentirà disturbato dal successo di colui che lo ha sostituito alla guida del progetto Desmosedici? Se Filippo accettasse un’intervista, prima di tutto sarei contento di vederlo e secondariamente sono sicuro che vedrei confermata la mia teoria. Il segreto di Dall’Igna si spiega con una semplice parola: autonomia.
Dall’Igna è bravissimo e su questo non ci piove, ma credo che sia importante stabilire la verità: Gigi ha accettato la proposta Ducati, nell’autunno 2013, soltanto quando ha ottenuto in cambio la totale autonomia sulle linee del nuovo progetto. L’autonomia che a Preziosi non è mai stata concessa. Ricorderete le discussioni sul telaio a traliccio, sul motore portante, sulla configurazione ad “elle” e via dicendo; anche sul sito se ne parlò tanto e appassionatamente perché si scontravano due posizioni: i difensori della tradizione Ducati e i “nuovisti” che avrebbero preferito un foglio bianco. Ebbene, io credo che anche in Ducati sia stata la stessa cosa. Non si voleva tradire lo spirito di marca, si credeva che si potesse vincere anche senza seguire la strada dei giapponesi su ciclistica e motore e fare tabula rasa del passato. E del resto il successo di Stoner nel 2007 aveva dato fiato ai tradizionalisti.
Non ho mai assistito alle riunioni in Ducati, naturalmente, ma faccio due più due. Filippo Preziosi era amatissimo da Casey Stoner e sicuramente aperto a ogni soluzione, per cominciare volle il telaio in fibra di carbonio al posto del classico traliccio in tubi, ma le resistenze interne, e certamente anche il budget limitato, gli impedirono di rivoluzionare la moto come avrebbe voluto e come appare oggi: telaio perimetrale d’alluminio, motore molto più compatto perché non più portante, e ruotato all’indietro fino a diventare una classica V di 90 gradi. La moto cambiò un po’ alla volta ma senza poter cambiare comportamento, il naufragio dell’esperienza Rossi diede la spallata definitiva ai vecchi schemi, l’ingresso del gruppo VW portò nuovi mezzi e infine la rivoluzione.
Ci volle Dall’Igna al posto di Preziosi perché si fa così: quando si cambia rotta si cambia anche il responsabile. Ma voglio rendere onore a quello che oggi potrebbe sembrare uno sconfitto: con l’autonomia, Filippo Preziosi sarebbe arrivato in alto già tre o quattro anni fa. Questa, almeno, la mia personale opinione. Ciao Filippo! Se ti va, sono pronto per un’intervista.