Nico Cereghini: "Fratelli di Spagna"

Nico Cereghini: "Fratelli di Spagna"
Gli Espargaro e i Marquez sono le coppie dei fratelli emergenti. Non sono i soli in attività, è capitato anche nel passato e di solito il fratello maggiore aiuta il minore. Tranne il caso di Giacomo Agostini | N. Cereghini
11 marzo 2014

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Ciao a tutti! Mi sa proprio che questa del 2014 sarà la stagione dei fratelli di Spagna. Aleix e Pol Espargaro si sono infilati tra i protagonisti della MotoGP fin dai test invernali, e poi ci sono i due Marquez, Marc e Alex, separati dalla cilindrata perché il maggiore è campione della MotoGP e il piccolo se la giocherà nell’affollata Moto3. Due coppie talentose, sicuramente in crescita, molto mediatiche. Le scenette degli Espargaro, quando erano impegnati in classi diverse, sono diventate un appuntamento fisso della regia Dorna: l’uno trepidante per l’altro, dita incrociate sulla linea di partenza, smorfie di tensione dentro il box, e poi hop! cambio di ruolo per la gara successiva. Forse un po’ teatrali, però efficaci, perché due fratelli molto uniti, in certi casi, possono diventare una vera forza della natura.

Marc Marquez ha ribadito recentemente che ancora divide con Alex la stessa cameretta di bambini, e che anzi possono vincere tutti i GP che vogliono ma il sistema non cambia e rifare il letto spetta a loro. Famiglia semplice, all’antica, e io immagino che Alex verrà su bene: ha già vinto una gara, e con i consigli di Marc potrà vincerne tante altre. Chissà come si caricano a vicenda, quando chiacchierano prima di dormire, nei loro due lettini impeccabilmente rifatti. L’unione fa la forza.

E mi viene da pensare che sono state molte le coppie di fratelli nel mondiale velocità. Ho conosciuto bene i francesi Sarron, i Brambilla, i Villa e i Bonera; ho sentito parlare dei fratelli Leoni e dei Milani, e la lista si allunga con i Checa, i De Angelis, gli Haslam, gli Hayden, i Bostrom e gli Aoki, gli Aoyama, i Nieto, i Roberts e chissà quanti ne trascuro. Adesso seguo i gemelli Lowes e i tre Laverty nelle derivate di serie. Di solito i fratelli-piloti si appoggiano, si aiutano, e anche se non sono ugualmente veloci si difendono bene. Avere un fratello maggiore che fa il pilota semplifica gli esordi e aiuta la carriera.

Ho conosciuto bene i francesi Sarron, i Brambilla, i Villa e i Bonera; ho sentito parlare dei fratelli Leoni e dei Milani, e la lista si allunga con i Checa, i De Angelis, gli Haslam, gli Hayden, i Bostrom e gli Aoki, gli Aoyama, i Nieto, i Roberts...

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Ma non sempre. Luca Marini, per esempio. Il fratellino di Valentino Rossi, come lui figlio di Stefania, è in una posizione che si direbbe avvantaggiata. Ma sarà proprio così? Gli auguro una luminosa carriera, però mi viene da pensare che reggere il confronto con il più forte pilota dei nostri tempi possa anche essere molto impegnativo, forse esageratamente pesante. E poi c’è il caso del fratello di Giacomo Agostini. Pochi se lo ricordano, ma il fratello minore di Mino, che si chiama Felice, dopo aver fatto molto bene nel motocross nazionale e internazionale con Aspes e Italjet 125, decise di provarci anche con la velocità. Nel ’74 vinse tra gli juniores in 125, andava forte dappertutto, aveva un bello stile ed era velocissimo sul bagnato; poi l’anno dopo passò tra i seniors, e anche lì avrebbe potuto figurare molto bene (con Morbidelli e Yamaha) se Giacomo, che peraltro era alla fine della carriera, non gli avesse messo i bastoni tra le ruote.

I tempi erano grami, le piste pericolose, e in questo caso l’intervento del fratello maggiore invece di agevolare la carriera del più piccolo la troncò di netto. Mino aveva paura che Felicino cadesse e si facesse male; non era tranquillo, sentiva che con un altro Agostini in pista non poteva correre con la testa sgombra. Egoista? Forse sì, e recentemente, in privato, lo ha anche ammesso. Felice sognava di fare il pilota e invece si è fatto da parte.

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