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Ciao a tutti! Bello vedere una gara combattuta come la MotoGP di Le Mans, bello vedere la Ducati del Dovi lì davanti e verificare che non era un fuoco di paglia, che Andrea resisteva e guidava benissimo, molto meglio dello stesso Pedrosa e di Marquez, e si poteva anche vincere. Poi sono cambiate le condizioni, ha smesso di piovere, le traiettorie si sono progressivamente asciugate, la Desmosedici mangia le gomme più delle altre e addio: la numero 4 è stata risucchiata dai più veloci. Bravo Dovizioso anche per la solita onestà nelle dichiarazioni: la Ducati ha più trazione di tutte quando la pista è bagnata davvero, gli dava molta tranquillità nella prima metà di gara; e poi, finite le gomme, ha rischiato anche di volare.
Come ha fatto Rossi al diciottesimo giro quando era quarto, e dopo un bell’avvìo stava cominciando a perdere il passo giusto per il podio. E al di là della delusione, perché non è mai bello vedere un grande campione che finisce gambe all’aria mentre il suo stesso compagno Lorenzo, campione del mondo in carica, nemmeno può battersi e naufraga lontano, mi viene da dire che sopra i problemi tecnici è difficile guidare. Le Mans –sebbene così atipica- ci ha mostrato dove sono le diverse MotoGP e a questo punto, salvo improbabili capovolgimenti, sono le Honda le favorite della stagione.
E’ superiore alla concorrenza, questa Honda 2013. Per potenza e prestazioni, ma anche nella ciclistica, e questa è una novità. Facile per i suoi piloti tenere linee più strette degli altri, correggere le perdite di aderenza del retrotreno, piegare anche sui cordoli, anche su pista sporca, e rientrare in fretta dopo gli eventuali errori di linea. Marquez è un fenomeno, Dani è più in forma che mai, ma onore al merito della HRC, che quando decide che è ora di vincere, che “bisogna” tornare a vincere, mette in campo tutta la sua forza e tanti saluti alla concorrenza. Lo ha fatto nei momenti che contano e lo ha fatto in quasi tutte le discipline, dalla Dakar fino al Trial.
Credo che nello sport, soprattutto nel nostro sport, qualche volta il cuore conti più di tutto. E per “cuore” intendo la grinta, la motivazione, la spinta irrazionale che porta a superare i limiti
Però qualcosa non torna. Come ha fatto allora Cal Crutchlow, per di più acciaccato, a salire sul podio infilandosi tra le due Honda? L’inglese è forte, non lo scopriamo oggi, ma poco regolare per quell’aggressività che lo portava spesso a sbagliare. Invece nella umida e scura Le Mans è parso ispirato. E alla fine credo che nello sport, soprattutto nel nostro sport, qualche volta il cuore conti più di tutto. E per “cuore” intendo la grinta, la motivazione, la spinta irrazionale che porta a superare i limiti.
Marc che ha saputo rimontare come una furia dopo tanti errori e Cal che dal dolore ha tratto una forza speciale rappresentano l’altro lato della faccenda. Anche questo è un lato fondamentale, non meno “tecnico” del bilanciamento della moto o delle sue prestazioni. Talvolta, per fortuna, capita che qualcuno guidi sopra i problemi. Senza questo “cuore” non avremmo avuto tanti campioni che abbiamo ammirato: da Hailwood a Rainey, da Agostini a Schwantz fino a quel Rossi che oggi Valentino sta faticosamente cercando di ritrovare. E che a Le Mans ha preso purtroppo una brutta botta.