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Ormai già lo sapete, Guido Meda torna a commentare live la MotoGP passando da Mediaset a Sky. Finora non aveva voluto parlarne, ci aveva chiesto il tempo di prendere contatto con la sua nuova realtà. Ecco la sua prima intervista. Ci sono tanti aspetti interessanti da indagare.
E si parte con una domanda d’obbligo: perché esattamente hai deciso di passare a Sky?
«Per un appassionato come me» risponde «è una cosa bella, il progetto è ambizioso, la tecnologia e la qualità sono al massimo livello. E’ una grande occasione e anche una sfida. Ho quarantotto anni ed è il momento giusto».
Guido era da ventisei anni a Mediaset, entrato nell’88 come programmatore-regista, poi giornalista dal ’91.
«Te lo ricordi, c’eri anche tu. Mi occupavo degli sport vari, dallo slittino al salto in alto e al tennis. Per le dirette c’era Capodistria, 24 ore su 24, una gran bella palestra. Poi Giovanni Bruno, oggi direttore a Sky, decise di coprire anche lo sci: ho fatto quattordici stagioni da inviato, con la fortuna di raccontare dodici anni delle grandi imprese di Tomba. Bellissimo! E poi il ciclismo, il Giro d’Italia…Fino a che, nel 2001, proprio tu mi hai segnalato come potenziale telecronista del motomondiale, che non eri più disposto a seguire; e di questo, lo sai, ti sarò grato per sempre… Ecco, voglio aggiungere che oggi vado a Sky, Mediaset e Sky sono avversarie, però mi porto dietro solo cose belle e anche l’addio è stato molto sereno per tutti».
Andiamo subito sulle telecronache, c’è tanto da dire. Per cominciare, cosa ti porti dietro dei tredici anni da telecronista Mediaset, dodici di MotoGP e l’ultimo di SBK?
«Sul piano professionale lascio un gruppo di lavoro speciale, che ha sempre saputo creare una bellissima atmosfera di collaborazione e condivisione. Da appassionato ricordo bene il primo contatto con questo mondo che subito ho sentito mio: un bel clima, tanta voglia di giocare, che poi è una cosa che conservo anch’io. Poi ho avuto la fortuna di raccontare le imprese di Valentino Rossi, che è l’unica vera star italiana dello sport internazionale. Lui mette Welkom 2004, prima vittoria con la Yamaha, al top delle sue emozioni; a me è piaciuto commentare l’ultimo giro di Phillip Island dello stesso anno, con la volata vincente su Gibernau, e anche il sorpasso a Lorenzo nell’ultimo curvone di Barcellona nel 2009. Lì mi sono detto: che bello raccontare un fatto così figo!».
E della SBK?
«Raccontare le gare di moto è sempre bello, lo sai. Lì c’è meno tensione, da giornalista posso dire che mi è mancata un po’ di adrenalina; ma i piloti sono sempre piloti, fichissimi, divertenti. L’atmosfera è più paesana, ma bella. E poi Max Biaggi, restituito diverso da quando correva: rilassato, mai presuntuoso o capriccioso. Come pilota non l’abbiamo mai odiato, naturalmente, ma c’era una specie di diaframma che creava delle incomprensioni. Anche per lui è stata una scoperta: ci siamo molto apprezzati a vicenda».
Ecco allora la prima domanda scomoda. Lasci Biaggi, che si è rivelato un ottimo commentatore tecnico, e trovi Capirossi che al pubblico è piaciuto poco. Troppo compresso. Potrai farlo crescere?
«Sì, perché credo che il pilota vada messo a suo agio e dimensionato nel ruolo giusto e più opportuno» replica Meda. «Starà a me trovare per Loris la dimensione adatta. Credo che migliorerà molto».
Del resto con i Loris ti sei sempre trovato bene. E Triolo? Il suo stile ha creato qualche perplessità nel pubblico dei motociclisti.
«Dici? Invece a me piace» risponde convinto Guido. «Ha colpo d’occhio, parlantina, è giovane. Ha un bel potenziale e sono sicuro che diventerà un bravo telecronista, convincente per tutti».
La squadra dello scorso anno non cambia, dunque...
«Sono appena arrivato, sto incontrando le persone una ad una per verificare cosa hanno in mente, e come la loro idea si possa combinare con quello che ho in mente io. Ho bisogno di tempo e anche di tutti loro».
Tu farai come Zoran Filicic, cioè il commento di MotoGP e Moto3?
«No, soltanto la MotoGP, perché da responsabile dell’aera dovrò fare altre cose. Sto pensando a una diversa distribuzione dei compiti senza stravolgere la squadra del 2014. Qualche ritocco, niente di più».
Vicedirettore dei motori vuol dire autonomia?
«Autonomia con il naturale flusso di condivisione con l’editore. L’accoglienza è stata buonissima, c’è stato un certo stand-by nell’attesa che io arrivassi, ora si riparte. Ancora non ho esplorato tutte le potenzialità di Sky, sono enormi, ne conosco soltanto un centesimo. Mi serve un po’ di tempo».
Hai già in mente qualcosa?
«Dobbiamo riempire due canali, moto ed F1, ed è stimolante. Forse, ecco, vorrei scaldarli un po’. Oggi ci sono tante repliche, ma vorrei metterci anche dei contenuti di passione, passione per la moto e per l’auto».
Sui media leggiamo che Sky ha perso abbonamenti nell’ultimo anno…
«Ha perso? Non è un mio tema e non lo so. Certo il momento è difficile, la crisi morde, e Sky avrà pagato come tutti quei servizi che richiedono un esborso. Ma certamente non va male e ha grandi risorse».
Chiudiamo con qualcosa di molto personale del Meda telecronista. Con il passaggio a Sky, hai pensato magari di cambiare qualcosa nel tuo stile e nel linguaggio?
«A dirti la verità ci ho pensato, ma poiché non è stato un argomento di trattazione credo che come mi muovo sia abbastanza congeniale a Sky. Forse non sono allineato del tutto, ma ci sta. Non cambierò, ma in realtà qualcosa è già cambiato nel tempo. Sono maturato come persona, le due stagioni difficili di Rossi mi hanno insegnato a raccontare altro. A Mediaset ero padrone del mio terreno e qualche volta ho sbracato anche troppo: penso a qualche terminologia o a certi duetti con Reggiani. Mi definiscono urlatore? Quello è un aspetto della mia telecronaca facile da ricordare, ma c’è stata sempre attenzione per tanti altri temi, tutti trattati con opportunità».
Siamo d’accordo. Io credo che tu sia sempre stato, nel complesso, un commentatore equilibrato. Però c’è anche chi ti definisce fazioso e non perde occasione per ripeterlo. Cosa rispondi?
«I detrattori sono sempre gli stessi, li trovi sul gruppo di Facebook “Odio Valentino Rossi”. Se uno ha Rossi sui coglioni, è abbastanza normale che ci stia anch’io. Ogni posizione è legittima e si può essere dissenzienti, ma è utile ripetere che quella è una minoranza. E del resto la sindrome del “perché non piaccio a tutti?” mi è passata da tempo»