Nico Cereghini: “Le lacrime di Marc Marquez”

Nico Cereghini: “Le lacrime di Marc Marquez”
Dopo la gara del rientro, chiusa al settimo posto con uno sforzo enorme, quelle lacrime nel box mi sono sembrate liberatorie. Marc è ancora un pilota, e per tanti mesi aveva temuto di dover abbandonare la moto. Massimo due mesi, e rivedremo il supercampione di prima
19 aprile 2021

Ciao a tutti! Ho molto apprezzato il ricordo che la MotoGP a Portimao e la Formula 1 a Imola hanno dedicato a Fausto Gresini, come anche il CIV al Mugello con il nostro Presidente Copioli. La cosa più brutta e inaccettabile è dimenticare, sono sicuro che per la numerosa famiglia di Fausto, teneramente raccolta a Imola, quello sia stato un momento molto importante per andare avanti. Nella sua memoria, appunto, una memoria che va condivisa. E noi non lo dimenticheremo.

E altre lacrime mi hanno molto colpito: quelle di Marc Marquez a fine gara, quando si è tolto il casco e tutti gli uomini del suo box lo hanno circondato con affetto e con rispetto. Qualcuno ha creduto che quello fosse un pianto di gioia, ma non sono sicuro che il campionissimo fosse felice. Più facile che fossero lacrime liberatorie: quanto ha sofferto Marc in questi lunghi mesi credo non sia nemmeno immaginabile, da fuori.

Terzo alla prima curva. E io che ero sicuro che nelle sue condizioni non avrebbe terminato la gara. Lì ho pensato che forse nella testa del pilota ci fosse addirittura l’ambizione di provare a vincere, e del resto lui stesso lo ha dichiarato quando ha ammesso “la cosa più difficile è stato accettare di non essere il più forte, lasciare che potessero sorpassarmi”.
 

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Lo avete visto: in moto non è lui, e la mancanza di allenamento conta poco: la spalla destra e il gomito sono ancora parzialmente bloccati, Marc non riesce a spingere sul manubrio, prova ad avanzare la spalla per aiutarsi, è costretto ad assumere una posizione innaturale e certamente faticosa. Portimao è una pista severa per il fisico, forse la più dura in assoluto: con una forza di volontà enorme, e certamente soffrendo tanto, Marquez ha lottato fino all’ultima curva, prendendo mediamente mezzo secondo al giro dal vincitore. Ben oltre quello che personalmente mi aspettavo. E dopo quello sforzo chissà quanto sta soffrendo in queste ore.

Erano lacrime liberatorie, dico io: è ancora un pilota, non è un ex pilota come per tanti giorni deve aver temuto. Non riusciamo nemmeno a immaginare cosa debba aver provato Marc quando il braccio non voleva guarire e si scoprì l’infezione. Lui che voleva correre, i chirurghi che gli rispondevano: adesso pensiamo a salvare il tuo braccio. E il salvataggio non era affatto scontato.

Domenica a Portimao abbiamo ritrovato il più talentuoso pilota oggi sulla scena, uno dei più grandi della storia del motociclismo. Non ancora al cento per cento della sua forma, ma quasi. Qualcuno mi suggerisce di andarci piano, mi dicono che per il gomito ok, è questione di poco, ma di non dare per scontato che la mobilità della spalla venga da Marc recuperata del tutto: la sua è una articolazione fragile, in parte compromessa dalle vecchie lesioni, e c’è stata una grave infezione.

Ma oggi mi sento ottimista e non voglio ascoltare i più prudenti. Oggi voglio credere che in un mese, massimo due, Marc Marquez sarà esattamente quello di prima. In tempo per il Sachsenring del 20 giugno, la sua pista, il tracciato dove vince sempre. Magari un po’ più attento, magari un po’ meno spavaldo e meno aggressivo. Resterebbe comunque il più grande, il riferimento assoluto per tutti.

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