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Ciao a tutti! Digerita la gara argentina, alla vigilia della terza prova e prima che si riaccendano i motori voglio tornare su chi è rimasto in panne e in particolare sulla Ducati. Di Honda non ne vale tanto la pena: forse la moto è delicata da guidare come abbiamo ipotizzato in DopoGP, ma non è così certo, e poi adesso Marquez ha davanti una pista così congeniale alle sue doti da ribaltare il mondo. Ducati invece è al centro delle discussioni. E sono discussioni interessanti.
Comincio con l'ammettere che ero tra quelli che davano la rossa vincente in Qatar. Adesso i miei colleghi di pronostico sono svaniti, ma a gennaio eravamo tanti e il ragionamento filava: pista favorevole alla Desmosedici, pista amata da Lorenzo e dal Dovi che ci hanno sempre fatto delle belle gare, Andrea supermotivato e Jorge tre volte campione del mondo, il calcolo pareva facile. Poi Jorge ha stentato in tutti i test invernali mentre Vinales faceva il botto, ok; ma Dovizioso restava frizzante e la vittoria era nell'aria, tanto è vero che in Qatar sono andati molti amici di Andrea pronti alla festa. E poi, se vogliamo, tolto Vinales, davanti a tutti a Losail c'era proprio il numero 4.
In Argentina le difficoltà di Lorenzo sono rimaste e il Dovi ha fatto fatica nelle prove per una serie di problemi tecnici. E poi in gara è andata come è andata, cioè come peggio non poteva, due piloti nella polvere e soltanto Bautista a salvare la baracca. Bilancio negativo, certo, ma è così negativo da giustificare l'aria che tira sul web? "La moto è tutta sbagliata e la politica sui piloti pure, Iannone era meglio di Lorenzo", leggo anche qui sul sito.
Levate un po' di gas e prendete in mano il freno, raccomando io, che è presto.
Considerate che Lorenzo ha trovato le peggiori condizioni atmosferiche, quelle che gli sono indigeste da sempre, sia nella preparazione di Losail sia in Argentina; in realtà non sappiamo esattamente a che punto sia con l'affiatamento sulla rossa. Abbassa la sella alza la sella, le sue difficoltà sembrano persistenti, è vero, però abbiamo anche una dichiarazione della Ducati che lo definiva soddisfatto poche ore prima dell'ultima gara. Perché non crederci? La sfortuna ha recitato un ruolo importante e bisogna tenerne conto.
E andiamo sulla moto. Noi stessi abbiamo evidenziato in DopoGP, con Bernardelle, i limiti di guidabilità che la Ducati ripropone anche quest'anno. È un DNA che pare rimanere inalterato. Lo stesso Dovizioso lo dice: la rossa è migliorata molto già nella versione 2016, ma ha tanta trazione, resta dura da far voltare in curva, non si riesce a farla scivolare dietro e lei ti porta fuori, diventa sottosterzante. Lorenzo, che guidava in Yamaha una moto neutra, prima ha tentato di modificare la Ducati come hanno fatto tutti prima di lui nella fase di approccio, e adesso ha cominciato a modificare la sua guida. Il punto è: ci riuscirà? Molti scuotono la testa: niente da fare, Dall'Igna ha scelto il pilota sbagliato, questo sa guidare solo pulito e su linee rotonde.
Ed è qui che ci si dimentica il fatto più importante, l'origine di tutto. È proprio Gigi che ha scelto e voluto Jorge Lorenzo, un pilota che ha seguito da vicino fin dai tempi dell'Aprilia e che stima moltissimo. Volete che Dall'Igna non abbia considerato questo aspetto delle caratteristiche della moto e di quelle del pilota? Volete che non sappia come guida lo spagnolo? Pensate davvero che scopra adesso che c'è una incompatibilità tra i due attori dell'impresa? Io continuo ad avere fiducia. La Ducati può risorgere esattamente come ha fatto la Ferrari. Date tempo al tempo, sospendete i giudizi, evitate di dare per scontata l'equazione Ducati=guida muscolare. Le cose possono essere diverse da quello che sembra. Ricordatevi di Crutchlow, il pilota che a suo tempo era stato indicato da molti come l'uomo ideale per domare la rossa, uno che avrebbe fatto sfracelli. Un podio in tutto il 2014, otto ritiri, tredicesimo in campionato e la sua peggiore stagione in MotoGP.