Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Ciao a tutti! La discussione sulle penalizzazioni giuste e sbagliate, cominciata in Argentina con Márquez protagonista, ha ripreso vigore lo scorso fine settimana dopo la retrocessione dello stesso Márquez in griglia. Lo sapete: per aver ostacolato il giro buono di Viñales nelle qualifiche, dalla prima casella è stato arretrato alla quarta. Marc non l’ha presa bene, e gli stessi piloti della MotoGP sono divisi. Il punto è: meglio lasciar fare oppure stringere le maglie? Persino gli ex-piloti la pensano diversamente, e se Schwantz è per la severità Ago invece assolve Márquez. Come è naturale che sia, anche molti appassionati hanno voluto entrare nella discussione, e alla fine ne è venuto fuori un gran casotto nel quale a me non interessa affatto entrare: preferisco provare a ragionare in termini più generali.
Parto dal principio che discutere sulle regole sia sempre opportuno. Nel caso specifico di sabato scorso, per esempio: Márquez si è accorto o non si è accorto di Maverick che arrivava a bomba alle sue spalle? Molti hanno indagato a lungo su questo aspetto, ma se invece riusciamo a chiarire che la cosa non ha alcuna importanza - perché qui l’obiettivo è evitare una situazione pericolosa e la distrazione non è ammessa - già avanziamo di un passo. E sugli episodi dell’Argentina? Kevin Schwantz dichiara che Marc è consapevolmente troppo aggressivo e quindi pericoloso per gli altri; Agostini al contrario è più indulgente, ma in ogni caso ragionare sulle intenzioni non ci porta molto lontano. Più importante sarebbe discutere sulle regole, se bastano quelle che ci sono, se occorra studiarne di nuove, se magari il problema sia il giudice più della regola.
Perché per quanto si cerchi di andare sempre più a fondo, alla fine sarà l’interpretazione del giudice a fare la differenza. In ogni campo. Esco dalla MotoGP e faccio un salto sulla strada: la Cassazione ha recentemente stabilito che non pagare le sanzioni aggiuntive - e parliamo delle infrazioni che prevedono l’individuazione del conducente per decurtargli punti sulla patente- può essere lecito. Finora, per dribblare la decurtazione dei punti e non pagare la seconda multa occorreva dimostrare l’impossibilità di sapere chi stava guidando il mezzo in quel momento preciso, magari trattandosi di auto aziendali con autisti a rotazione. Il semplice vuoto di memoria non era ammesso, ma adesso la Suprema Corte si è espressa diversamente. “Non ricordiamo chi era alla guida, è passato tanto tempo e la macchina la usiamo in quattro in famiglia…”. Una scusa del genere è bastata per non pagare la seconda multa e insieme salvare la patente. A me non piace, a qualcuno invece può piacere, e comunque la regola è ora un po’ più chiara e sarà pur sempre un giudice a verificare, caso per caso, se la perdita di memoria può essere in qualche modo giustificata.
Perché non ci sono alternative: dove andremmo senza regole? Le regole servono, non si può farne a meno nelle competizioni come in ogni attività sociale. E, anzi, le regole devono essere sempre più chiare e precise. Certo, intorno alle regole si continuerà a discutere, anche perché ad interpretarle sarà sempre un giudice, ma ben venga anche la discussione: magari si fa un po’ di casino ma alla fine si impara sempre qualcosa.