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(Questo articolo è stato pubblicato il 5 agosto 2019 e aggiornato il 7 ottobre 2019)
Ciao a tutti! La discussione è “da bar”, ma chi l’ha detto che non si possono fare discussioni al bar? Possono anche venir fuori considerazioni interessanti…
Partiamo dalla foto reale: Marquez è il più forte oggi. Questo si può dire. Più forte di tutti i tempi invece chissà: si può dire anche così, naturalmente liberi di farlo, ma è una iperbole. Mancando le parole è naturale ricorrere all'iperbole. Perché ormai di Marc si è detto tutto. Controllo, sensibilità, coraggio, tecnica, velocità, riflessi, innovazione: questo pilota ha aperto una strada, ha indicato un nuovo modo di guidare la moto da corsa. E siccome vince quasi sempre lui, da quando nel 2013 è arrivato in MotoGP fa il bello e il cattivo tempo, ormai nessuno dubita, nemmeno i concorrenti: il più forte in pista è lui e non soltanto da oggi.
A Brno ha toccato il cielo. Due secondi e mezzo su Miller in Q2. Con tre curve bagnate. Clamoroso, considerando l’appiattimento della MotoGP di oggi. E qui non è stata semplice supremazia sul bagnato: c’era pista asciutta dove costruire il vantaggio con le slick, poi c’erano tre curve bagnate dove non cadere. Fenomenale è stato mantenere il controllo e decidere di correre il rischio quando non serviva. Per se stesso, non per la squadra o per il pubblico: un tocco d’artista. E fantastico è stato poterlo seguire.
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Avessimo visto in televisione la sfida Hailwood/Ago al TT del 1967, avessimo avuto questa possibilità con tutte le telecamere e gli onboard e le riprese dall’elicottero e il cronometraggio reale, sarebbe stato fantastico. Ma quelle sfide le abbiamo perdute, e questa invece ce la godiamo.
Credo si possa anche dire che Márquez sia tra i (pochi) più forti piloti della storia. E’ una affermazione generica ma corretta. Come del resto si è già detto per Nuvolari, o per Ago e Hailwood, per Valentino Rossi e pochi altri. E’ veloce, aggressivo, anche arrogante: come loro.
I grandi campioni sono presuntuosi, è obbligatorio avere una incrollabile considerazione di se stessi. Sono tre gli aspetti che a molti (e anche a me) impediscono proprio di giudicarlo il più forte di tutti i tempi. Intanto è troppo troppo (due volte) arrogante con gli avversari, troppo spesso e da troppi anni per pensare che sia solo un aspetto incidentale. Questo già un po’ appanna oggettivamente la sua immagine.
Poi c’è la macchia del 2015: non serve essere Rossidipendenti per capire che fare due corse come quelle - una disinteressandosi della gara e impegnandosi soltanto nell’ostacolare un avversario, la seconda regalando la vittoria a un pilota della concorrenza e scortandolo su tutta la distanza, accendendosi soltanto quando il compagno di squadra (Pedrosa) provava a inserirsi - è stato così antisportivo da compromettere la sua figura. Almeno ad oggi, quattro anni dopo i fatti. Poi domani chissà.
E infine, per entrare nell’Olimpo, Márquez dovrebbe cambiare la moto e vincere anche con quella nuova. Lo dicono giustamente molti lettori. Questo è l’aspetto più importante, non perché sia obbligatorio, naturalmente, ma perché lui si confronta con dei grandissimi che così hanno fatto: Hailwood che passò dalla MV alla Honda, Ago dalla MV alla Yamaha, e poi anche Lawson (da Yamaha a Honda), Stoner (Ducati e Honda) e pochi altri.
E qui spunta Rossi. Perché per Mike the bike e Agostini non fu una sfida gigantesca: le moto orientali erano evidentemente superiori alle nostre e a entrambi bastò un viaggetto in Giappone per rendersene conto.
Valentino Rossi è invece quello che nel 2004 ha rischiato tutto, passando dalla superHonda vincente alla Yamaha che le prendeva. Bisogna sottolineare che quindici anni dopo cambiare moto è diventato ancora più impegnativo, nella MotoGP di oggi si possono perdere anni preziosi anche se si è fortissimi.
Chissà, penso però che difficilmente Márquez seguirà questa strada e del resto l’alternativa è allettante: superare Agostini nei numeri e quindi laurearsi - se non altro nella matematica e sui libri - il numero uno di tutti i tempi.
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