Nico Cereghini: “Mi avete rotto con il pilota-eroe”

Nico Cereghini: “Mi avete rotto con il pilota-eroe”
Quartararo: fermarlo, non fermarlo, chi può dirlo? Le discussioni sono aperte e tutte le posizioni sono legittime, ma quando vedo dipinta gioiosamente la figura retorica del pilota temerario e del rischio ineluttabile, allora dico: pensate anche alle possibili conseguenze
7 giugno 2021

Ciao a tutti! Non riesco a tacere quando si parla di sicurezza, così mi tocca tornare sulle vicende di domenica a Barcellona anche se, mi rendo conto, perfino voi sarete stanchi di sentirne parlare.

A Fabio Quartararo c’è poco da dire: se è stato maldestro, l’ha pagata cara e una gara che ancora poteva provare a vincere è sfumata in un sesto posto. Alla direzione gara (nelle sue varie forme) si potrebbe invece dire qualcosa in più. Come sottolineano diversi lettori, il pilota andava fermato subito, appena c’era la percezione della tuta aperta: c’è una regola precisa che stabilisce l’obbligo delle varie protezioni e Fabio per un motivo o per l’altro l’ha violata. Punto.

Zam fa bene a dire che c’è la regola però manca la sanzione, ma personalmente trovo addirittura opportuno che i giudici abbiano un certo margine di discrezionalità, e poi in un caso del genere la sanzione sarebbe automaticamente stabilita dalla necessità: ride through e poi via con la cerniera a posto. Anche se a Quartararo sarebbe costato ben più dei tre secondi, tante discussioni non ci sarebbero state. 

Ecco, le discussioni. Questo è il punto che mi preme. Io trovo che tutte le posizioni siano legittime, non pretendo di avere la verità in tasca, su tutto sono pronto a discutere. Quello che mi dà veramente noia è la leggerezza con la quale alcuni portano avanti lo stereotipo del pilota duro, forte, temerario, sprezzante del pericolo come “deve” essere un vero eroe. Sono quelli che seguitano a dipingere le corse di moto e di auto come una corrida, il rischio come l’ingrediente principale, ineluttabile e necessario. Io dico: la pensate così? Bene, liberissimi anche di dirlo. Ma non fate finta di ignorare che questa tesi ha delle pesanti conseguenze.

Sapete quante volte, nelle prime battaglie per la sicurezza dei piloti, ho dovuto discutere con gestori di piste che, pur di non spendere pochi milioni per lo sbancamento di una curva, mi dicevano: “ma che cavolo vuoi? Ma se le moto corrono al Tourist Trophy!”. O quanti “federali” erano prontissimi a chiudere un occhio allargando le braccia e suggerendo: “Se non volete rischiare andate a giocare al biliardo!”.

Certo, nella leggenda delle corse motoristiche resta Omobomo Tenni che viene issato sulla sua Guzzi tutto ingessato, resta Tazio Nuvolari che perde il volante dell’auto e finisce la corsa guidando con una chiave inglese infilata nel piantone di sterzo. Ma ammesso che ci sia anche del vero (poco) in queste storie, non credete che i tempi siano diversi? Quanti piloti morivano come mosche su tutte le piste? E quanti spettatori travolti alla Mille Miglia, a Monza o a Le Mans? 

Oh, certo. E’ molto più spumeggiante, è molto più divertente, chi inneggia all’eroismo del pilota e a tutto quel repertorio retorico che a molta gente piace. Che spasso! Invece siamo molto più pedanti e noiosi noi che ci chiediamo come si possa migliorare ancora il livello della sicurezza!  Adesso che ci penso: che stupido che è stato quel Lino Dainese che ha buttato la sua vita a inventare il paraschiena e l’airbag: non si sarebbe divertito di più, che so, a uscire con gli amici e raccontare le storie impressionanti delle imprese di Saarinen, Pasolini e tanti altri piloti?

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