Nico Cereghini: “Morbidelli, che meraviglia!”

Nico Cereghini: “Morbidelli, che meraviglia!”
Un cognome importante, Pesaro che funziona come una calamita e attrae un romano-brasiliano nella terra promessa dei motori. Il grande talento di Franco è emerso l’anno scorso e quest’anno è diventato vincente
31 ottobre 2017

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Ciao a tutti! Aspettando con impazienza il verdetto di Valencia per la MotoGP, celebriamo con entusiasmo la bellissima impresa di Franco Morbidelli fresco campione del mondo. Va detto subito che lui e Mir sono due grandi campioni del mondo, dominatori delle rispettive classi dopo una stagione quasi perfetta. Joan Mir è stupefacente per la velocità con la quale ha manifestato tutto il suo talento: due anni soltanto tra la prima timida comparsata da wild card e la gara che lo ha laureato numero 1 della Moto3; Franco è stato meno rapido nella crescita, è già alla quarta stagione in Moto2, però è stato altrettanto esplosivo. Fino all’anno scorso non aveva mai vinto una corsa, in questo 2017 ha vinto le prime tre e non si più fermato. Due ottimi piloti in due team eccellenti.


Sappiamo tutto del romano, ventitrè anni il prossimo 4 dicembre. Che è italiano da parte di padre e brasiliano per la mamma, che però è marchigiano di adozione essendosi trasferito da Roma a Tavullia fin da bambino. Il papà, Livio, che aveva corso in moto e lo vedeva campione, non ha esitato a vendere l’officina meccanica nella Capitale e spostare tutta la famiglia nella “terra promessa dei motori” dedicandogli tutto il suo tempo e ogni risorsa; fino a quando è scomparso prematuramente quattro anni fa, proprio in concomitanza con il primo successo del figlio nel campionato europeo Superstock 600. Morbidelli, a Pesaro, è un cognome importante per merito del mitico Giancarlo, industriale del legno, che costruiva con passione le bellissime e vincenti moto da corsa, e poi di suo figlio Gianni pilota di F1. Evidentemente un Morbidelli, anche se nasce a Roma, non può che essere attratto da Pesaro, dall’aria che si respira e dalle sue tante piste e pistine. Fino a metà 2016 il neo campione del mondo non era salito sul podio che una sola volta (Indianapolis 2015), poi la svolta ad Assen: quattro volte secondo e quattro volte terzo nella seconda metà della scorsa stagione con grande sostanza. E quest’anno dalla sostanza è passato anche alla velocità e alla vittoria, anzi alle otto vittorie, che sono un bel numero di coppe da mettere sulla libreria. Franco è fatto così, mi sembra che sia un po’ come il Dovi: quando ci crede cambia l’approccio con le cose, da misurato diventa un “fuori misura” e senza mai perdere la calma e la lucidità.


La categoria intermedia, che una volta era la 250, ha visto spesso prevalere i piloti più aggressivi . Come Valentino, Capirex, Biaggi, Lorenzo oppure Simoncelli. Perché c’è da sgomitare. Ma ci sono stati anche i campioni riflessivi, e Morbidelli mi ricorda Cadalora: per la capacità di raccogliere tanto commettendo pochissimi errori e forse, mi pare di intuire, anche per il metodo che usa per analizzare il comportamento della moto. E infine per quell’aria riservata che anche Luca aveva quando lo conobbi negli anni Ottanta: poche parole, non troppa confidenza, due occhi attenti a studiare il mondo, una grande sensibilità. Franco è più malinconico, forse ha vissuto una vita più difficile e la mamma brasiliana deve avergli trasmesso la nostalgia della sua terra calda e lontana; da certe interviste si capisce che ha tante altre passioni, oltre alla moto, che ha altri sogni, che per esempio gli sarebbe piaciuto studiare all’Università. Per il momento quello che ci ha regalato è già tantissimo: la soddisfazione di festeggiare un campione del mondo dopo tanti anni, l’ultimo era stato Valentino nel 2009; e poi la gioia di rivedere un italiano campione della classe intermedia nove anni dopo Marco Simoncelli. Proprio sulla stessa pista dove Marco aveva conquistato il titolo (anche lui con il terzo posto!) con la Gilera 250 nel 2008, la agrodolce Sepang che tanto ci ha dato e tanto ci ha tolto.

Editoriale Morbidelli
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