Nico Cereghini: perché Valentino è grande e ci mancherà

Nico Cereghini: perché Valentino è grande e ci mancherà
Perché Valentino Rossi resterà grande e forse addirittura unico? Provo a rispondere, dal mio punto di vista
12 novembre 2021

Cosa ha portato, il nostro campione, nella moto e nello sport in genere? Vado di getto. Prima di tutto l’ironia e la leggerezza. E’ uno che lavora duro, si impegna a fondo e lo confermano tutti quelli che lavorano con lui. Eppure non ricordo, nell’epoca che ha preceduto Rossi, un motociclista o un atleta in genere così vincente eppure così scanzonato e sorridente. Nella moto ha introdotto la freschezza e la gioia fin dal primo anno, ha portato l’innovazione nella guida spettacolare della 125 due tempi, ha fatto il pazzerello e vinto con la 250 e poi con la 500.

Subito dopo ha assaporato il gusto della sfida e direi che l’ha fatto provare un po’ anche a noi. Una grande sfida motociclistica clamorosamente vinta al terzo anno della MotoGP: l’uomo conta più della moto, ciao alla Honda regina incontrastata a fine 2003, il sapore del successo assoluto con la cenerentola Yamaha. Welkom 2004 la sua gara più emozionante, e poi il titolo mondiale di quell’anno.

Anche l’estetica con lui ha fatto un salto in avanti. Dalla scelta dei colori della tuta fino alle grafiche del casco, dalle livree speciali delle moto fino a tutti quei riti prima di salire in sella. Un po’ misteriosi, un po’ goliardici come quel WLF che ho sempre trovato “abbastanza” (come direbbe lui per dire molto) terribile. Tutti riti un po’ magici, almeno per lui.

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Infine la ferocia in gara. Ferocia proprio, fame insaziabile di vittorie ma con pochissimi episodi di deliberata scorrettezza, niente a che vedere con quelle di tanti piloti moderni. Ecco, la spallata a Gibernau nel finale di Jerez 2005: quella è stata dura, forse troppo, ma per molti ci stava pure quella spallata, arrivò Vale per primo alla corda. E comunque ne sono certo: lui ha sempre cercato sorpassi puliti, qualche volta (poche volte in ventisei anni) semplicemente non gli sono venuti bene.

Non lo conosco così a fondo, Valentino. Mai stato a Tavullia, a cena con lui una volta sola e c’era anche il Sic e a tavola a Riccione eravamo in tanti. Ma l’ho seguito fin dall’inizio, l’ho studiato spesso e lo vedo così. E’ carismatico, quasi ti mette in soggezione con quello sguardo attento che chissà fin dove arriva; poi è metodico e fin troppo ordinato per i miei gusti, la sua mi appare quasi una ossessione. La cura con la quale conserva e tiene in ordine tutte le sue cose, dalle visiere dei caschi agli slides, mi colpisce e però, nello stesso tempo, credo che sia una specie di necessità per molti fuoriclasse della moto. Ago è esattamente così, oggi in mancanza d’altro controlla la disposizione dei panni stesi ad asciugare nel seminterrato della sua villa, e si agita se ci sono due centimetri di troppo, o troppo poco, tra una maglia e una mutanda.

Non tutto è andato bene, a Valentino. L’esperienza Ducati, che persino io ottimisticamente immaginavo vincente, si è rivelata il suo più amaro fallimento; poi il faticoso ritorno in Yamaha e le ultime stagioni disputate restando così lontano dalla vittoria, anche quelle hanno un po’ appannato la sua immagine. Ma i fallimenti sottolineano quanto sia difficile, oggi, correre con i prototipi. E comunque nel 2015 è andato vicinissimo al decimo.

Anche il capitolo tasse non gli ha giovato. La residenza fittizia a Londra per non pagare le tasse in Italia non fu una bella mossa, ma non è nemmeno esatto dire che trovò un accordo con il fisco: nel 2007 pagò fino all’ultimo euro la cartella di 35 milioni, se non ti opponi alla presunta evasione fiscale (nel suo caso 60 milioni più sanzioni e interessi fino a superare i 100), lo sconto sul totale presunto è previsto dalla legge.

Certo non fu una bella pagina ed è più che lecito indignarsi. Però fateci caso: tra Montecarlo, Lugano, Ginevra, Andorra e compagnia bella, solo Valentino e Marquez non sono riusciti a dribblare il versamento delle imposte in patria. E se Marc ha mantenuto la residenza in Catalogna è soltanto perché, quando si è messo a cercar casa in Andorra, i giornali spagnoli lo hanno attaccato senza pietà. Un trattamento riservato a pochi grandi.

E comunque, vabbè, si può benissimo discutere su tutto, ma tutti dovranno concordare su un fatto: Rossi è stato grandissimo nei risultati. Con nove titoli mondiali è il terzo pilota motociclistico di tutti i tempi al fianco di Mike Hailwood, dietro ad Agostini con 15 e Nieto con 12+1; è l’unico titolato in quattro classi (125, 250, 500 e MotoGP), ha vinto 115 Gran Premi (Ago è il re con 123) dei quali 89 nella top class (e qui Valentino è il numero 1, Ago 68) ed è salito ben 235 volte sul podio (199 volte nella top class). Infine Valentino ha cominciato a vincere nel ’96, ha smesso nel 2017, appende il casco al chiodo alla fine del 2021. Una carriera lunga ventisei stagioni, altro primato assoluto.

A proposito, Rossi si è fermato troppo tardi? Forse sì, direi con un anno di ritardo e lo ammetterà anche lui.  Del resto aveva sempre detto “vado avanti fino a quando mi diverto”. Nel 2021 certamente non si è divertito, pochissimo anche nel 2020. Ma bisogna anche riconoscere che era proprio nel 2020 che si era proposto prendere questa decisione e la pandemia ha scombussolato i suoi piani.

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