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Ciao a tutti! Fabio Quartararo rinnova con Yamaha ed è una bella notizia innanzitutto per lui, vuol dire che ha fiducia nel progetto, che riconosce i meriti del marchio e Yamaha riconosce i suoi. Soldi? Contano anche quelli, ma nessun pilota li mette davanti ai risultati ed è molto più importante, una volta trovata l’alchimia, mantenere il clima e la squadra.
Siamo felici anche per Yamaha: vuol dire che in Giappone continuano a crederci, che non si fermeranno come qualcuno, visti i risultati in calo, poteva ragionevolmente temere.
Noi italiani siamo legati, a Yamaha, che peraltro ha la centrale racing qui in Brianza e conta su tante persone italiane, di passaporto e di adozione. Direi che delle case giapponesi questa è forse la più geniale e innovativa, la meno razionale, e in questo più vicina all’Italia e agli italiani. Lo confermano del resto l’arrivo di Max Bartolini e la collaborazione con Dallara per l’aerodinamica e Marmorini per i motori.
C’è stata soltanto Yamaha, nella carriera del francese (di origini italiane) in MotoGP; fin dall’esordio nel 2019 Fabio fu subito efficace e velocissimo, sette podi il primo anno, tre vittorie il secondo, il titolo alla terza stagione, vice campione nel 2022 (poi sempre più difficile, purtroppo…). Tanto che Zam suggerisce che Quartararo potrebbe diventare la bandiera del marchio come è Schwantz per la Suzuki. Forse Giovanni esagera, però neanche tanto: Yamaha resta molto legata ai piloti che le regalano soddisfazioni...
E naturalmente penso ad Ago, che arrivò nel ‘74, vinse subito a Daytona e conquistò il titolo nella classe 350; poi regalò a Iwata quello assolutamente storico del 1975: il primo titolo mondiale a due tempi per la 500 e per il Giappone. E penso al Valentino Rossi del 2004, quando centrò subito il titolo della MotoGP. Tra l’altro tutti e due furono passaggi ai quali non si voleva credere: Agostini “tradiva” la sua (e nostra, era ed è un patrimonio nazionale) MV Agusta mentre Valentino mollava la Honda, la moto numero 1... Due decisioni che hanno cambiato la Storia.
E noi siamo siamo legati romanticamente a tanti altri piloti Yamaha: come gli scomparsi Jarno Saarinen, Phil Read e Bill Ivy, o i più moderni Steve Baker, Johnny Cecotto, Kenny Roberts, Wayne Rainey, Eddie Lawson… E tanti altri che hanno vinto e lottato per i tre diapason, come Nori Abe e gli “italiani” Carlos Lavado (venezuelano ma romagnolo di adozione), Luca Cadalora, Max Biaggi...
Tutti i marchi hanno delle belle storie. A leggerle, ogni volta ci si meraviglia di quanta passione e ingegno siano stati investiti nella nostra amatissima moto. Storie di uomini, di produzione e di corse. Noi con tanti marchi abbiamo fatto la Storia antica e, se posso esagerare, gran parte della Filosofia; le case giapponesi sono arrivate “solo” nel dopoguerra, ma hanno corso veloci. Come Yamaha, appunto, alla quale va un caloroso in bocca al lupo!