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Ciao a tutti! Dei recenti test di Sepang, così positivi per Dovizioso e così tribolati per Valentino, preferisco non occuparmene; lascio volentieri le analisi a Zamagni, e intanto tocco ferro, convinto che Andrea continuerà a far bene e che Rossi troverà il bandolo della matassa. Un dettaglio mi ha colpito: quella spia rossa che si accende sul cruscotto della Honda di Pedrosa, che stoppa le moto della HRC per una giornata intera e alla fine le dirotta in Giappone per un controllo non programmato (leggi l'articolo); benché non siano andate così male, hanno stracciato tutti…
Che bella cosa quella spia che avverte prima della rottura. La Honda non sarà stata così contenta del clamore suscitato, ma io mi rallegro per i piloti di oggi e la loro salute. Le corse di moto hanno una componente di rischio molto alta, purtroppo c’è il terribile incidente di Supersic a ricordarcelo tutti i giorni, e mi compiaccio che i cedimenti meccanici possano essere anticipati dai computer di bordo. Una volta non era certo così, e troppi hanno pagato un prezzo altissimo.
Fino a tutti gli anni Ottanta, con i motori a due tempi, i grippaggi erano così frequenti che ogni pilota teneva
Con i motori a due tempi, i grippaggi erano così frequenti che ogni pilota teneva costantemente l’indice della mano sinistra appoggiato alla leva della frizione, pronto ad afferrarla al primo segnale di indurimento del pistone nel cilindro
costantemente l’indice della mano sinistra appoggiato alla leva della frizione, pronto ad afferrarla al primo segnale di indurimento del pistone nel cilindro; e prima di ogni staccata era opportuno ingrassare con il manettino dell’aria. Vita dura, Cadalora e Reggiani ne sanno qualcosa, e soltanto con l’ultima generazione delle 500, quelle dell’era Rossi, si è raggiunta una quasi totale affidabilità.
Ricordo bene la mia meravigliosa Suzuki RG 500 del ’76: non riuscii a concludere nemmeno una gara di mondiale…
Anche con i quattro tempi, almeno negli anni Settanta, c’era poco da star tranquilli. La prima serie della Guzzi V7 Sport aveva la spiacevole abitudine di rompere il cambio con repentino bloccaggio dell’albero cardanico. A me capitò in rettilineo sui 120 all’ora e riuscii a tenere il controllo, ma altri non ebbero altrettanta fortuna.
Sulla celebrata SFC 750 Laverda del ’72 si spezzavano le mollette di richiamo del freno anteriore Ceriani, specie in pista quando eri al limite. Le ganasce spingevano autonomamente sul tamburo, sentivi il motore che perdeva giri sul dritto, e se provavi a fare un altro giro rischiavi il bloccaggio della ruota davanti. E poi catene della primaria e della distribuzione che saltavano, le Ducati che erano famose perché andavano smontate e rimontate dal concessionario coscienzioso prima della consegna, per non aver sorprese. E tante altre rotture più o meno tipiche. Alcune di quelle moto hanno fatto la storia, e le rimpiango, ma è meglio ricordare anche la loro fragilità meccanica. E poi, ecco la mia amarezza, nessuna spia rossa che si accendesse sul cruscotto .