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Ciao a tutti! La stagione della MotoGP riparte ufficialmente con i primi test, a Sepang si scaldano i motori, i primi piloti già sono scesi in pista e Zam sta organizzando le prime dirette mentre l’adrenalina sale. Come tutti gli anni. Ma questa volta è un po’ diverso: manca Valentino, uno che dal ’96 era una presenza fissa.
“Non poteva mica correre fino a sessant’anni” ha detto giustamente Carmelo Ezpeleta, sintetizzando l’ovvio. Rossi compirà i 43 anni a metà febbraio, ha una bella età e da qualche anno non era più un assoluto protagonista. In un certo senso ci ha già gradualmente abituati: non sarà traumatico fare a meno di lui. Alla stragrande maggioranza degli appassionati mancherà moltissimo, tanti telespettatori smetteranno di seguire le moto, ma direi che siamo preparati ad assorbire il colpo.
Come andrà? Difficile dirlo, dipenderà molto da tante cose, se ci sarà Marc Marquez oppure no, se la Ducati ripartirà vincendo, se un altro pilota italiano saprà arrivare presto al titolo mondiale… Io so soltanto come andò quarantacinque anni fa, quando un altro grandissimo che rappresentava praticamente da solo il motociclismo nazionale -Giacomo Agostini- alla fine del ’77 appese il casco al chiodo. E ve lo racconto, può sempre servire.
Anche allora c’erano dei giovani piloti italiani molto promettenti e già vincenti nei GP. Oggi, trascurando il decano Dovi, abbiamo Bagnaia e Morbidelli che hanno vinto belle gare in top class, Bastianini, Marini e anche Bezzecchi e Diggia che lo hanno fatto in Moto2; allora c’erano Marco Lucchinelli e Gianfranco Bonera in 500, Mario Lega e Franco Uncini impegnati nelle medie cilindrate, e stavano affacciandosi nella classe maggiore altri bellissimi talenti come Virginio Ferrari, Ramon Toracca, lo stesso Graziano Rossi che sarebbe diventato babbo di Valentino.
Vi assicuro che il pessimismo dilagava. I giornalisti più famosi dell’epoca erano sicurissimi che senza Ago addio, il motociclismo sarebbe sparito o quasi. Non andò affatto così. Anche se va detto che tante ciambelle non riuscirono con il buco: Lucchinelli buttò via tre stagioni sbagliando scelte e inseguendo chimere, Toracca decise di fermarsi, Ferrari si fracassò quando il titolo del ’79 era a portata di mano, la Morbidelli 500 non si rivelò all’altezza della 250 e della 125, Uncini fece miracoli ma con le moto private già diventava troppo difficile. Insomma, le cose avrebbero anche potuto girare molto meglio.
Eppure. Eppure, dopo una sola stagione senza Ago, Virginio sfiorò il titolo mondiale della 500 (1979), dopo tre stagioni senza Ago arrivò il titolo di Marco Lucchinelli (1981) e l’anno dopo replicò anche Franco Uncini. E i GP andarono in televisione dal ’79 sempre più spesso anche dall’estero, e rientrò la Honda con Lucchinelli di fianco a Spencer, e gli italiani vincevano tanto nelle medie e piccole cilindrate, e le corse diventarono sempre più spettacolari e combattute in tutte le classi. Il motociclismo italiano sopravvisse benissimo al ritiro di Agostini.
E consideriamo che negli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta in Italia c’era una squadra professionale e una soltanto, il team di Roberto Gallina. Più avanti sarebbe arrivato il team Agostini e la Cagiva sarebbe apparsa in 500 solo nell’86. Oggi abbiamo tante chances in più: abbiamo la Ducati, l’Aprilia e team super professionali come Pramac, LCR, Gresini, VR 46. Il motociclismo nazionale ha molto da dire in MotoGP, fin dal 2022…